Arriva l’estate e con lei la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori (qui tutte le puntate). Oggi abbiamo intervistato Michele Losi, direttore artistico di Il Giardino delle Esperidi, il festival di performing art che da 20 anni si occupa di natura. A Campsirago dal 21 al 30 giugno.
Il Giardino delle Esperidi compie 20 anni. Cosa vedi ripensando agli inizi?
«Il festival è tornato molto alle sue origini, più o meno involontariamente. Il festival era nato in cammino tra gli spazi. Poi nella sua evoluzione aveva incontrato la danza, l’internazionale e il cammino era un accompagnamento tra le varie location. Ora il camminare è tornato centrale, non solo per il festival ma anche per lo sviluppo performativo delle opere presenti al festival».
In che modo?
«Sono opere fatte nei luoghi e che si relazionano con il paesaggio trasformandolo, sono opere che riguardano anche la dimensione rituale e scimanica del fare teatro. Il punto iniziale del festival, di 20 anni fa, è tornato ora centrale, ma con più forza e più consapevolezza artistica».
Cosa intendi per dimensione sciamanica?
«Sono opere che sanno dialogare con l’energia naturale e umana. Un dialogo performativo e strutturato, con finalità differenti ovviamente, per esempio Hamlet Private o il lavoro dei Motus Of The Nightingale I Envy The Fate (Dell’usignolo Invidio La Sorte) sono opere che hanno una valenza trasformativa potente, in grado di dialogare con il pubblico, anzi traendo forza dal pubblico e dai luoghi. Al centro c’è la volontà di una dimensione trasformativa dell’esperienza».
Natura e ambiente. Voi affrontate il tema da 20 anni…
«Il festival ha percorso diverse stagioni rispetto a questa consapevolezza, perché è partito dal teatro natura poi ha attraversato il teatro nel paesaggio fino a esperienze performative di carattere immersivo che mescolano teatro natura e nuove tecnologie».
E ora?
«Oggi stiamo indagando le atmosfere liminali, quegli spazi che non sono né naturali né urbani, quelle dimensioni non coltivate dall’uomo e che contengono un lato di incertezza molto forte. Questo vorrei fosse il tema della XXI edizione, ma c’è tempo».
Una ricerca costante che vi ha reso anche un po’ precursori…
«Perché l’abbiamo fatto in maniera continuativa e con consapevolezza da 20 anni. Mi fa piacere vedere che da diversi anni anche la scena nazionale, soprattutto compagnie di nuove generazioni con lavori site specific, stia finalmente dando attenzione al tema muovendosi in questa direzione».
Domenica 23 giugno ci sarà Crossing Experience, che cos’è?
«Un’esperienza. Una lunga camminata di riflessione intorno ai temi e alle diverse forme del teatro. Con noi Oliviero Ponte di Pino che, riprendendo i Comizi d’amore di Pasolini, farà domande scomode al pubblico; l’antropologa Daniela Parafioriti, che ha preparato delle poesie apposta per questa camminata; Tiziano Fratus che propone il suo sguardo sul bosco e sugli alberi, e io che guiderò in questa esperienza destrutturata e aperta a quello che accadrà»..
E poi Alberi Maestri Kids…
«Uno spettacolo itinerante ed esperienziale per più piccoli alla scoperta del mondo degli alberi. E quest’anno lo faremo in un ecosistema unico nel suo genere, la Marcita di Ello».
E nel weekend successivo cosa consigli per chi vuole venire a conoscere il festival?
«Una full immersion sabato 29 a partire dalla camminata Just walking Get forested, con il concerto nel bosco di Luca Maria Baldini; poi a Campsirago FLUX full experience di Fattoria Vittadini, un’esperienza immersiva con i visori e danza dal vivo; poi la performance Il corpo della lotta di Carlotta Viscovo e il lavoro dei Motus, per finire con dj set in cuffia».
Festival di teatro, ma con tanta musica…
«La musica è un elemento centrale in un certo tipo di teatro. Non è solo uno sfondo, ma parte integrante del processo di lavoro. Un aspetto a cui bisogna porre maggiore attenzione».
Che cosa non può mancare nel mio zaino per venire al festival?
«Autan, scarponi e acqua (in borraccia)».
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