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L’estate dei festival: Oriente Occidente, tra sostenibilità e democrazia
Arti performative
Arriva l’estate e con lei la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori (qui tutte le puntate). Oriente Occidente è il festival che da 44 anni porta la danza internazionale a Rovereto, con un occhio attento alla sostenibilità e all’accessibilità. L’edizione 2024 si svolge dal 30 agosto al 7 settembre.
44 anni di storia: come si fa a continuare a leggere il presente per rimanere attrattivi per le nuove generazioni?
«Da sempre Oriente Occidente si è interrogato sul contemporaneo attraverso il confronto tra culture e mondi distanti, ponendo attenzione al modificarsi del presente leggendolo attraverso forme artistiche multiple.
Attrarre le nuove generazioni significa dar loro lo spazio per far sì che prendano parola esse stesse, portando sul palco le loro istanze, i loro linguaggi. È quello che avviene, citando un esempio per tutti, in DUB di Amala Dianor, nel quale 11 danzatori e danzatrici appartenenti alla GenZ si raccolgono intorno a forme di danza che mescolano stili diversi tra i quali è impossibile tracciare confini, nati tra ambienti underground, periferie e TikTok».
Relazioni è il tema dell’edizione 2024 del festival Oriente Occidente: cosa vuol dire e come si declina nel programma?
«Relazione è un invito a nutrirsi di pluralità e lasciare spazio anche alle contraddizioni. Le relazioni mettono in discussione identità, appartenenza, riconoscimento, rappresentazione, i punti cardinali, il senso di centro e di marginalità. L’ultima puntata del nostro viaggio nei Mediterranei globali si concentra su queste dinamiche a partire da domande come, esistono ancora un Nord e un Sud del mondo? Cosa significa oggi Occidente? Decolonizzando lo sguardo, cosa accadrebbe? Quanta arte, cultura, moda, danza arriva da luoghi considerati “remoti” subendo processi di appropriazione?».
Ci dai qualche anticipazione?
«Lo spazio della relazione consente di unire teoria e pratica del dialogo: raccontare storie, ascoltare, trasmettere, affidarsi. Come The Rite of Spring di Seeta Patel. Nella sua versione del celebre balletto, la più iconica delle partiture di Igor Stravinsky incontra il Bharatanātyam, una danza classica indiana e la danza contemporanea in una coreografia che intreccia storia e contemporaneità tra Asia ed Europa. Questo spettacolo è parte della programmazione di Asia Europe Cultural Festival 2024, un festival nel festival promosso da Asia Europe Foundation, per coltivare le relazioni tra i due continenti attraverso la cultura».
Il Festival Oriente Occidente è ormai sinonimo di accessibilità…
«Da diversi anni lavoriamo per aprire le porte della cultura a un numero sempre maggiore di persone. Per farlo abbiamo un accessibility team – composto interamente da persone con disabilità – che ci aiuta a orientarci nel complessità. Novità di quest’anno sarà il kit in linguaggio semplificato, un accompagnamento alla comprensione dello spettacolo per persone neurodivergenti e con disabilità cognitiva. Poi continuiamo a utilizzare i Subpac, zainetti vibranti per lasciar “sentire” la musica attraverso esperienza tattile a persone sorde, avremo una performance con audio-descrizione poetica per persone cieche e i nostri luoghi di spettacolo saranno tutti dotati di spazi di decompressione sensoriale, zone appartate e accoglienti dove chi ne sente necessità potrà trovare uno spazio sicuro e adibito alla decompressione emotiva e sensoriale».
Ma l’attenzione è alta anche sul piano della sostenibilità ambientale, in che modo?
«Siamo consapevoli che un evento come il nostro utilizza materie prime, luce, calore; fa viaggiare persone anche da molto lontano; produce qualcosa di effimero. Ci siamo interrogati molto e ancora non abbiamo tutte le risposte, ma abbiamo iniziato a operare in una direzione chiara: quella di ridurre al minimo il nostro impatto. Abbiamo introdotto la figura del sustainability manager che oltre a orientare le scelte organizzative ha anche il compito di formare il resto dello staff e predisporre piani di azione che includano la comunicazione ai pubblici, agli ospiti, ai collaboratori occasionali».
Per chi è attento alla sostenibilità, ci sono artisti in programma attenti a questi aspetti?
«Il primo spettacolo che consiglierei è del coreografo belga Sidi Larbi Cherckaoui, Nomad, che combina un alto valore estetico con temi etici come quelli delle migrazioni climatiche e della desertificazione. L’altro progetto è invece Biomodd, parte di Asia Europe Cultural Festival in collaborazione con il MUSE di Trento, che prevede un laboratorio guidato dal collettivo SEADS (Space Ecologies Art and Design) per costruire un’installazione che unisca ecologia e tecnologia. L’opera sarà presentata al pubblico il primo settembre con una tavola rotonda dal titolo “Braking boundaries: Ripensare l’arte, la tecnologia e la sostenibilità per il futuro”».
La canzone colonna sonora di questa edizione.
«Invece che una canzone specifica, un genere musicale: la Cumbia, con la quale chiuderemo il festival. Un canto e una danza popolare colombiana dal carattere trietnico, ovvero nato in periodo coloniale dalla commistione di tre culture: la comunità nera, quella indigena e successivamente quella spagnola. Una danza comunitaria che esprime l’atto culturale come relazione, agita da uomini e donne disposti in circolo intorno a un falò e ispirata, nei movimenti e nel ritmo, dal fluttuare delle onde. Il modo migliore per chiudere questo triennio sui Mediterranei».