Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Eleonora Deligio e Alberto Martino.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Parlare di rappresentazione è molto complesso ed a volte ci porta all’emulazione di qualcosa priva di ricerca e profondità. Nel tempo che viviamo dovremmo imparare a non rappresentare. È difficile essendo immersi tra milioni di immagini e input, ma le cose che “sentiamo” e che abbiamo urgenza di raccontare si palesano naturalmente. Quindi “rappresentare” può essere sostituito con “sentire” l’arte. Un modo di percepire libero dalle regole di produrre e riprodurre meccanicamente e soprattutto svincolato da definizioni e categorie. L’arte per noi, si separa dalla mera produzione di un’opera ed è intrinseca alla vita».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Le radici della nostra identità partono dall’ osservazione della realtà, di ciò che ci circonda e della nostra posizione all’interno di queste articolate trame. Da questa premessa, nasce la volontà di ricongiungersi al primordiale, a quegli elementi eterni e preziosi che ci hanno dato la vita. E’ quindi tramite l’ascolto della natura e delle sue infinite forme, che il mezzo video ci ha permesso di ricercare quel pezzo mancante. Un’identità artistica autentica è frutto della connessione tra mondi come il passato ed il presente, il naturale che trova spazio nel mezzo tecnico e la realtà che si ibrida verso un sospensione del tempo e dello spazio. Un equilibrio che nasce dalla coesistenza e dalla congiunzione dei nostri corpi che agiscono nello spazio».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Al momento preferiamo concentrarci sulla nostra ricerca per cercare di esprimere al meglio i nostri intenti, veicolando contenuti che inevitabilmente si confronteranno con la sfera pubblica. Riconosciamo l’importanza del confronto con il pubblico e per questo motivo, cerchiamo di costruire tassello dopo tassello un dialogo sincero con il fruitore».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Ci sono dei mondi che inconsciamente abbiamo dentro ed esprimiamo anche nelle piccole azioni quotidiane, dei caratteri che abbiamo acquisito dalla nostre radici e dall’ambiente che abbiamo vissuto. Poi c’è il gusto personale ed il richiamo a ciò che esiste nella storia dell’arte moderna e contemporanea. E’ normale ispirarsi a ciò che ci piace e crediamo nella rielaborazione di forme e contenuti esistenti aggiungendo una visione personale, qualcosa che ci identifica come individui e giovani artisti. Facciamo parte di un tempo in cui tutto è contaminato, e crediamo che questo sia un valore e non una diminutio. In un apparente confusione, chiunque ha l’opportunità di attingere in modo veloce a migliaia di fonti facilmente accessibili».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Crediamo nel potenziale di ogni individuo. La creatività fa parte di noi, va solo rapportata all’ incontro con l’altro. Riprendendo le parole del celebre artista Joseph Beuys: “Ogni uomo è un artista”».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Siamo contenti di ciò che siamo. Sperimentiamo con l’aiuto di diversi media e supporti, promuovendo un approccio che valichi i confini delle categorie dell’arte».
Eleonora Deligio (Bari, 1998) vive e lavora a Milano. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera laureandosi in Cinema. Nel suo percorso ha sperimentato diversi media, prediligendo il video e le sue varie applicazioni. Inizia con la videoarte esplorando radici, rituali e memoria connessi alla sua terra, la Puglia. Partecipa a diverse mostre collettive e prende parte a residenze artistiche ibridando la performance all’ audiovisivo. Nel suo linguaggio mescola il quotidiano ad un forma di dichiarata finzione. L’ unione di questi due mondi apparentemente opposti, è il fulcro di una ricerca libera e sempre in divenire. Dal 2021 collabora con Alberto Martino in ambito performativo.
Alberto Martino (Bari, 1996) vive e lavora a Milano. È un illustratore, grafico e fashion designer. Partecipa a mostre collettive e residenza artistiche in Italia. Dal 2021 collabora con Eleonora Deligio, esplorando il mondo della performance e della videoarte. La sua poetica è basata sul fare, promuove infatti la tattilità come pilastro della sua ricerca.
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