25 maggio 2025

PERFORMING: la quarta V della città di Catanzaro è quella di vita

di

Regina José Galindo, Daniela Oritz e Nezaket Ekici: sono loro le artiste che hanno animato la seconda settimana di Performing, il festival biennale promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro e dedicato alle arti performative contemporanee che proseguirà fino al 31 maggio

Regina José Galindo, Hasta tu orilla, 2025. Performing Festival, Chiostro San Giovanni, Catanzaro. Oh. Alessandro Tarantino

Chi arriva per la prima volta a Catanzaro viene subito, generosamente, informato di trovarsi nella città delle tre V: vento, che soffia sempre dal Mar Ionio o dalla Sila; velluto, perché sin dai tempi dei Bizantini il capoluogo era al centro di un fiorente commercio del prestigioso tessuto; e Vitaliano, il Santo Patrono. E poi c’è la vita, la quarta V appunto: vita che scuote, vita che anima, vita che strappa il velo di maya, le illusioni, e prendendoci per mano ci accompagna, hic et nunc, fuori dal rumore, fuori dalla velocità, dentro un laboratorio creativo a cielo aperto, dove i nostri corpi e i nostri sensi possono sondare, e colmare, gli sconfinati vuoti immediatamente dentro e fuori di noi.

Simile laboratorio non ha confini di genere, non ha barriere di discipline, si muove, danzando, tra tradizione e innovazione, e coinvolge artisti, studenti e ricercatori da tutta Europa e dal Mediterraneo. Simile laboratorio è PERFORMING, è promosso dall’Accademia di Belle Arti di Catanzaro con un ampio partenariato di AFAM, nasce con il sostegno del MUR e dei fondi PNRR per l’internazionalizzazione del sistema formativo artistico italiano, e con un ricco programma di appuntamenti ci restituisce la concreta ed extra-ordinaria impressione di aver assunto valori come l’immediatezza, l’interazione e la connettività per combattere quell’incomunicabilità che, purtroppo, pervade sempre più il senso comune. 

Nezaket Ekici, Book Tower, 2025. Performing, Catanzaro, Accademia di Belle Arti. Ph. Alessandro Tarantino

Né qui è, né mai dovrebbe essere, l’arte qualcosa di isolato, se fosse non sarebbe vita. L’arte è parte della vita, è di tutti, è movimento permanente, è contatto diretto, è relazione locale, è superare i limiti e correre rischi, è vulnerabilità estesa, è energia mobile. Lo sanno bene Regina José Galindo, Daniela Oritz e Nezaket Ekici, poetiche e politiche, politiche e poetiche – lungi da alcuna ripetizione, nell’auspicata intenzione di insistere sul bisogno quanto mai urgente di ricercare le origini di una politica come occasione e spazio di libertà, non abuso di potere e violenza, come vita appagata e libera insieme agli altri dei quali si riconosce la diversità. «La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini», «Finché gli uomini possono agire, sono in grado di realizzare l’improbabile e l’imprevedibile» o, ancora, «Il senso della politica è la libertà»: lo credeva Hannah Arendt, fiduciosa che l’uomo potesse iniziare qualcosa di nuovo e fare in modo che le cose cambiassero, lo credeva in un’epoca di miseria politica non così dissimile dalla nostra, in cui la guerra in tutte le sue molteplici manifestazioni e gradazioni – militare, commerciale, finanziaria, comunicativa, culturale, etnica, regionale, locale – è tornata prepotentemente a occupare la scena mondiale. La guerra oggi è mediatica, è per mare, per cielo e per terra, e ci mette di fronte al dolore degli innocenti, dei più fragili, di coloro che hanno speranze e sogni di vita, non di ricchezza né di strapotere. 

Regina José Galindo, Hasta tu orilla, 2025. Performing Festival, Chiostro San Giovanni, Catanzaro. Oh. Alessandro Tarantino

Colpisce uomini, donne e bambini che partono affrontando un viaggio in condizioni disumane con la speranza di un futuro migliore e che invece trovano la morte in fondo al mare. È con loro che Regina José Galindo ci mette “a viso a viso”, con il loro ricordo, con il loro fantasma, attraverso il suo corpo. La vediamo galleggiare, inerme, in un barchino colmo d’acqua (al suo interno sono 3.000 litri di acqua fredda): quanti di coloro che sono fuggiti dai loro Paesi per la speranza di una vita diversa non sono stati tratti in salvo? Con la curatela di Simona Gavioli, Regina affida a Hasta tu orilla (Fino alla riva) un messaggio di vitale sopravvivenza e umanità, ci dice che «accogliere il migrante significa riconoscere nella diversità una ricchezza che non minaccia» e ci esorta a lasciare «che arrivino e si integrino, che si aggiungano alla società».

Daniela Ortiz, THE ROOT YOU PULLED OUT IT IS NOT A HOLE IN MY LAND, IT IS A TUNNEL!, 2025. Performing, Catanzaro, Villa Margherita. Ph. Marco Ramin

La guerra colpisce anche migliaia e migliaia di bambine e bambini di Gaza (e non solo), e colpisce noi nel tentativo di impedirci di dire, urlare, gridare con tutto il fiato che si ha in corpo che la Palestina deve essere libera. Daniela Ortiz porta a Catanzaro il Gran Teatro Popular Niño Fernandito Jupac Amaru, e con la curatela di Dobrila Denegri mette in scena THE ROOT YOU PULLED OUT IT IS NOT A HOLE IN MY LAND, IT IS A TUNNEL! (La radice che hai sradicato non è un buco nella mia terra, è un tunnel!), uno spettacolo teatrale di marionette che esprime solidarietà alla Palestina, (alla faccia della censura!). Daniela racconta la storia delle lotte anticoloniali e anti-imperialiste del XX secolo dal sottosuolo, sviscera le menzogne che si nascondono dietro i concetti di nazionalità, razzializzazione, classe sociale e lo fa con quelle marionette che almeno una volta tutti, indistintamente, abbiamo visto o tenuto tra le mani. Daniela parla la nostra lingua, quella semplice, quella vera, libera dalle strutture di potere coloniali, patriarcali e capitaliste, in una prospettiva anti-imperialista.

Daniela Ortiz, THE ROOT YOU PULLED OUT IT IS NOT A HOLE IN MY LAND, IT IS A TUNNEL!, 2025. Performing, Catanzaro, Villa Margherita. Ph. Marco Ramin

Colpisce anche la cultura, quella con cui si impara a vivere insieme, si impara che non siamo soli al mondo, che esistono altri popoli e altre tradizioni, altri modi di vivere che sono altrettanto validi dei nostri. Quella cultura troppo spesso trascurata, talvolta dimenticata, altre osteggiata. «Com’è possibile organizzare e conservare un gran numero di libri?», si è chiesta Nezaket Ekici al principio della sua Book Tower. «Ero venuta a Catanzaro – ci racconta – ed ero rimasta impressionata dalla Biblioteca – la Biblioteca Comunale di Catanzaro, intitolata a Filippo De Nobili, istituita nel 1889, che oggi conta più di 140.000 volumi)». La struttura della biblioteca ha ispirato la performance di Nezaket, che sulla facciata dell’Accademia di Belle Arti ha voluto realizzare una torre di libri con l’aiuto degli studenti, cha hanno partecipato al suo workshop, rispondendo all’invito di condividere i loro libri e le parole, di quei volumi, che più avevano impresse nelle loro coscienze. Avvolta in un lungo vestito bianco, decorato con testi tratti da libri, frammenti di frasi e frammenti di parole, Nezaket su un elevatore ha sistemato un libro dopo l’altro, ponendo l’essere umano che legge e ricerca al centro di ogni cosa e animando di vita i concetti di conoscenza, istruzione e cultura.

Vita, la quarta V della città di Catanzaro. Vita che scorre nella città travolgendo la vita delle persone, perché PERFORMING prende la sua forma dalle direzioni della vita stessa, si amplifica, si dilata e ci riunisce, tutti insieme, hic et nunc, affinché ogni occasione faccia venire alla luce ciò che nell’opera, nella present-azione della performance è contenuto. Perché è il contenuto a riguardarci tutti: «Avete visto mio nonno? Cosa è questo buco nella mia terra? Per favore ditemelo, dove è?Generazioni e generazioni sono state qui su questa terra palestinese, dove è mio nonno? Le sue radici non ci sono neanche più», chiedeva una delle marionette di Ortiz, a cui gli studenti hanno dato voce, la stessa che sul finire ci ricorda che «bisogna trovare una via per resistere ai colonizzatori», nessuno escluso.

Nezaket Ekici, Book Tower, 2025. Performing, Catanzaro, Accademia di Belle Arti. Ph. Marco Ramin

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