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Radical Choc per l’inclusione. Report dal Gender Bender 2019 di Bologna
Arti performative
Radical Choc è il titolo della del Gender Bender 2019, festival internazionale e interdisciplinare dedicato alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e di orientamento sessuale, da poco concluso a Bologna. Tra le decine di spettacoli, mostre, incontri e film presentati per questa 17ma edizione, ho scelto alcuni dei momenti più rappresentativi di un festival che, ancora una volta, entusiasma e coinvolge.
Momenti di empatia al Gender Bender 2019
Un forte momento di condivisione anche per il pubblico è stato, ad apertura di festival, lo spettacolo Common Emotions di Yasmine Godder coreografa e danzatrice israeliana, di formazione newyorkese, ma di stanza a Jaffa. È doveroso premettere che il pezzo è uscito nel 2016, dopo un anno di studi con performer, scienziati e persone affette dal Parkinson. Ne deriva uno studio delle emozioni di cui i corpi, che sulla scena si prendono e si lasciano, si abbracciano e si accalcano uno sull’altro, agiscono da cassa di risonanza. I danzatori si muovono davanti a un tendone realizzato a patchwork, come se fosse un ingrandimento di un aggrovigliato lavoro fatto a mano che agisce da fragile e misterioso separé tra la zona dei danzatori e quella dove volontari del pubblico vengono chiamati ad ascoltare i compiti che i danzatori affidano, per fare muovere poi il pubblico con una lieve e interpretabile drammaturgia.
Si tratta di un esperimento sull’empatia che i danzatori azionano con un agire maieutico: il pubblico intero è invitato alla fine della performance a sentire il corpo del vicino, a darsi la mano e a scendere in scena senza lasciare i vicini. In fondo è anche un invito all’ascolto del raccordo umano tra le persone, al sentire, laddove il corpo ed il tatto, il contatto è messo in primo piano, ribadito lungo tutto il percorso dell’azione.
Godder porta in scena anche il precedente Stereotypes Game che è il primo lavoro della coreografa con adolescenti, che vengono chiamati a riflettere sui gesti dei danzatori, che lavorano sul repertorio della coreografa affinchè il pubblico interpreti in particolare il gioco consunto dei ruoli di genere.
Le diverse voci del femminismo
A chiusura del Gender Bender 2019 di Bologna, un altro interessantissimo spettacolo, Passing the Bechdel Test del coreografo belga Jan Martens. Il test di Alison Bechdel del 1980 parla di narrative sessiste e viene brillantemente superato da tredici adolescenti che si fanno interpreti di un discorso femminista che tratta di genere, sessualità, parto e indipendenza in una maratona incalzante della durata di due ore. Il flusso del discorso è composto da un contrappunto continuo di voci che incarnano diari, lettere, saggi, interviste, narrative di scrittrici, attiviste, artiste come Charlotte Brönte, Virginia Woolf, Margaret Atwood, Catherine Opie, Rebecca West, Ellen Page, Toni Morrison, Dorothy Parker.
Le giovani e bravissime performer si muovono seguendo una coreografia di gesti raccolti in gruppo o isolati che appaiono assolutamente naturali e quotidiani ed esaltano le personalità di ciascuna.
Arlecchino o Harleking
Molto coinvolgente e ben calibrato infine è stato anche lo spettacolo di danza Harleking del duo Ginevra Panzetti e Enrico Ticconi, un perfetto rapporto tra gesto e suono, tra luce e ombra e spazio. Il riferimento “mimetico” è alla gestualità caricata e stereotipata della commedia dell’arte e alla sua figura preferita che è l’Arlecchino, il servo di due padroni. Ma nel titolo dell’opera è compresa anche la figura del potere per eccellenza, il re. Questo piano ossessivo, satirico e binario prevede quindi il rovesciamento dei ruoli, fino all’uccisione, a una morte che però risulta una farsa in una circolarità che non offre una possibile conclusione.
Il duo spiega che ha trattato l’opera come una serie di tableaux-vivent e di avere gesti e forme alle origini del proprio lavoro; qui ad esempio ha fatto uso della tradizione della grottesca, una forma di ornato con decorazioni e figure mostruose e grottesche per l’appunto, spazio di libertà e di follia rispetto ai riquadri principali che dovevano seguire un canone preciso. Questo rapporto di valori e di spazi è stato incamerato nell’opera e il risultato è un piccolo gioiello.