In una Triennale deserta, il 22 giugno, si è assistito al making of di un Turbo Film magistralmente diretto in due dimensioni, quella della regia da remoto, tramite la piattaforma Meet, e quella performativa reale: attraverso una regia multipla e a distanza, il collettivo Alterazioni Video, in collaborazione con NO TEXT Azienda, ha presentato I NUMERI NON VENGONO CHIAMATI IN ORDINE NUMERICO. Il progetto, curato da Davide Giannella e Matteo Balduzzi, curatore Museo di Fotografia Contemporanea, è stato montato e sonorizzato in diretta tra Milano, New York, Berlino, Faro e Palermo.
«Un organismo fatto di pixel, suoni e sudore, nato in pieno lockdown, si è diffuso attraverso le piattaforme digitali, incarnando dati, immagini e tabù nella penombra di molteplici appartamenti sparsi per il pianeta», spiegano da Alterazioni Video. I NUMERI NON VENGONO CHIAMATI IN ORDINE NUMERICO è un film in progress, che ha visto la propria origine durante il lockdown e la sua consacrazione – e gloriosa morte – alla Triennale di Milano.
Come un Virgilio post-moderno in un inferno contemporaneo, la star Gigi Veritas ci ha condotti in un più che mai vuoto Palazzo dell’Arte. La Triennale, in una nuova veste, si è trasformata in un set in cui attori e performer si muovono e agiscono. Il pubblico ha potuto assistere alla creazione di un Turbo Film direttamente dal Giardino della Triennale. Una dimensione alienante: uomini-spettatori legati a una verità filtrata dallo schermo, mentre la realtà si svolge a una manciata di metri. Sorge spontanea la riflessione sul nostro rapporto con la tecnologia e sulla percezione distorta della realtà a cui ci ha limitati.
Alterazioni Video, il collettivo fondato a Milano nel 2004 e formato da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Andrea Masu, Giacomo Porfiri, Matteo Erenbourg, si è spinto oltre la dimensione tecnicistica: utilizzando la piattaforma Meet, privandosi di pre-produzione, produzione e post-produzione, ha realizzato il suo Turbo Film. Per definizione, «Il Turbo Film è un genere cinematografico tra gli spaghetti western e il neorealismo di YouTube. Spesso improvvisato e partecipato, richiama gli albori del cinema pur nascondendosi tra le pieghe dell’arte contemporanea».
“Nel buio ti ci devi tuffare e poi si muore.
Non le abbiamo mica fatte noi le regole
Anarchia e onde giganti”.
Gigi Veritas
Tra immagini crude, parole taglienti sussurrate e poi urlate che hanno sgranato gli occhi dei presenti, Gigi Veritas ha percorso gli spazi vuoti di Triennale incontrando personaggi simbolici. Un vero e proprio survivor che filma ridente ciò che incontra (rimandando un po’ a quella Spettacolarizzazione del dolore di cui parla Luc Boltanski).
Giungendo al Salone d’Onore, in cui lampeggia una luce fucsia, sulla scia pasoliniana, Gigi Veritas urla “Io so”. Veritas ci ha condotti lungo riflessioni sull’uomo moderno, sulla pigrizia del vivere e sulla morte nell’era Covid-19: non esiste morte eroica, perché l’unica morte concessa è su un letto di ospedale. Nell’era moderna, l’uomo non può morire di morte tranquilla.
Mentre la quarta parete si sgretola, Alterazioni Video stupisce con un finale a effetto, una punch line che ha poco di politically correct. Nell’atrio di Triennale, Gigi Veritas si inserisce in una cassa da morto firmata Deliveroo e raggiunge il suo pubblico scortato da quattro rider fluorescenti. Un meme vivente. Così, Alterazioni Video tiene fede al suo credo.
Al primo comandamento del Manifesto leggiamo: «Combatti. Porta a casa le tue scene, a tutti i costi e con ogni mezzo. Non hai sempre bisogno di un permesso per girare una scena».
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