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Trisha Baga
Trisha Baga (Venice, Florida, 1985, vive e lavora a New York) sviluppa la sua pratica dalla seconda metà degli anni 2000 per mezzo di performance e video a partire da un esercizio di auto-riflessione sul corpo e sul linguaggio e la loro trasformazione nel corso del tempo. Utilizzando frammenti di cultura pop, humor e forme contemporanee di comunicazione, l’artista a poco a poco sostituisce fisicamente il proprio corpo con oggetti trovati o manipolati che diventano parte delle sue installazioni. L tecnologia 3D, che espande lo schermo del video nello spazio espositivo, diventa il suo medium privilegiato, con proiezioni che spesso, infatti, inglobano gli oggetti di scena dando vita a un gioco di volumi e ombre e stratificando lo spazio fisico in numerosi livelli visivi e sonori. Tra i protagonisti di questi paesaggi filmici, gli oggetti entrano a far parte della narrazione che alterna episodi apparentemente sconnessi tra loro a momenti più strutturati, che richiamano l’attenzione del visitatore.
Attraverso l’osservazione della trasformazione dei mezzi tecnologici e dei conseguenti cambiamenti sociali, Trisha Baga decostruisce ironicamente schemi ed elementi consolidati della cultura di massa e li mixa in un corpus eterogeneo di lavori. La cantante Madonna può convivere così con la figura dell’artista, come in Madonna y El Niño (2010-2020); oppure video ispirati a film di fantascienza possono sovrapporsi al ritratto della famiglia Baga, mentre dispositivi elettronici entrati nella nostra quotidianità, come Alexa Echo di Amazon, diventano protagonisti e personaggi, come avviene in Mollusca & The Pelvic Floor (2018).
Il corpo e la sua frammentazione figurativa sono elementi costanti delle opere di Trisha Baga, che li utilizza per esplorare il concetto di identità di genere e il rapporto tra individuo e collettività, portando avanti un’indagine sull’immaginario delle società post-coloniali e su tematiche legate agli effetti psicologici della globalizzazione. Questi aspetti sono spesso colti nei video attraverso un montaggio sincopato in cui località geografiche e ambienti differenti vengono avvicinati e contrapposti a ritmo rapido e fluido. Allo stesso tempo frammenti incoerenti di narrazioni e found footage vengono accompagnati da inquadrature o screenshot di schermi di computer, cursori e finestre pop-up che ne rivelano la natura effimera e malleabile.
Accanto alla produzione video l’opera di Trisha Baga incorpora inoltre i media della pittura e della ceramica. Quest’ultima si manifesta come ipotetici rendering rudimentali della realtà che ci circonda – tra cui stampanti, microscopi, macchine fotografiche o telefoni – insieme a paesaggi desertici composti da semi di sesamo su superfici di legno, che materializzano i pixel di cui i video sono composti.