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Se potessero ballare le pareti di questo locale. Quarant’anni di Plastic
Artworld
Uscita dalla prima nottata al Plastic – senza voce, con le orecchie ronzanti, i crampi dalla fame e un folle male ai piedi – se qualcuno si fosse ipoteticamente fermato a chiedermi cosa pensassi dell’amore a prima vista (perché si sa che alle 7 di mattina la gente fa le domande più innamorate, e forse anche le più ubriache), sono sicura che non avrei avuto nemmeno un attimo di esitazione. Perché con il Plastic si è trattato esattamente di questo: un vero e proprio colpo di fulmine. Da subito ho realizzato di essere in un luogo dove mi sarei sempre potuta sentire al posto giusto nel momento giusto, ed è stata davvero una sensazione magica. Ad oggi non ho ancora trovato le parole giuste per spiegare cosa lo renda così diverso, ma forse è proprio così che deve restare, inspiegabile, caratteristica intrinseca alle cose speciali. Se pensi che io stia esagerando, in quel caso devi semplicemente andarci. Poi capirai.
Nato da un’idea di Nicola Guiducci, direttore artistico/dj, e Lino Nisi – a cui dopo poco si è affiancato il fratello Lucio nel ruolo di patron storico del locale – poco più di 40 anni fa il Plastic apriva per la prima volta al 120 di Viale Umbria: era il 23 dicembre 1980. Il primo flyer raccomandava “l’abito scuro, il trucco pesante, lo sfarzo soprattutto lo sfarzo”, il resto è storia. Purtroppo io quella prima sede originaria (e leggendaria) non l’ho mai vissuta, nel 2012 infatti il locale si è spostato in Via Gargano 15, dove tutt’ora si trova. Nei primi ’90 ai soci fondatori si sono aggiunte altre due figure centrali: Pinky Rossi, inizialmente responsabile della selezione ospiti al privé e all’ingresso e oggi manager, e Sergio Tavelli, dj da 25 anni e ideatore nel 2017 del Club Domani, il famoso party del sabato notte. Alla fine del 2019 il Plastic ha subito un profondo lutto quando è tristemente venuto a mancare Lucio Nisi, il cui figlio, Tommaso Nisi, è ora uno dei quattro soci del locale. Dieci anni prima era stato premiato con l’Ambrogino d’Oro, un riconoscimento speciale che viene conferito a chi ha dato lustro alla città di Milano.
Abbiamo raggiunto Sergio Tavelli, La Stryxia, protagonista della saletta degli specchi con Al Varietà, dedicato alla musica italiana, e Tea Hacic, scrittrice di successo, host del podcast Tr*ie Radicali, femminista senza peli sulla lingua e affezionata frequentatrice del locale (di cui parla anche nel suo libro Life of the Party), per farci raccontare da tre diversi (e diversamente straordinari) punti di vista, ricordi, storie – le più disparate – pensieri e aneddoti sul locale che ha fatto la storia di Milano, dal 1980 ad oggi. Nella comune speranza che riapra presto, il più presto possibile.
Il racconto della tua prima volta (al Plastic)
Stryxia: «Ho iniziato a frequentare il Plastic nel 1998, come cliente. C’erano i letti a baldacchino, era tutto buio, la gente mi sembrava così strana, la mia prima impressione era di essere altrove, era diverso da qualsiasi altra serata avessi frequentato prima. La prima volta che mi sono “addobbata” è stato quasi un gioco, avevo un piccolo drappo di similpelle rosa tagliato casualmente con una forbice, legato al busto da due stringhe delle scarpe, un leggings nero e schiena nuda. Minimalismo. Lo conservo ancora come ricordo, era settembre 1999.»
Sergio: «Ho cominciato a lavorarci nel 92, ma anche prima quando entravo al Plastic come cliente capivo che era un posto diverso dagli altri. Mi è piaciuto tantissimo da subito, certo non mi immaginavo che avrei finito per lavorarci con ruoli e mansioni diverse nel tempo, dal barista al guardaroba fino al dj, che faccio tutt’ora.»
Tea: «Prepararmi per la prima serata al Plastic è stato come prepararmi per il mio matrimonio… senza sapere se il prete mi avrebbe fatto entrare in chiesa! Mi ha fatto entrare, per fortuna. Mi sentivo come se una porta dal futuro si fosse aperta per me. Appena entrata, qualcuno mi ha sputato addosso. E in quel momento ho capito: sono a casa!»
Cosa pensi che abbia rappresentato il Plastic per Milano in questi 40 anni di storia? Cosa lo ha reso così incredibilmente iconico?
Sergio: «Non è mai stata solo una discoteca, era un concetto, anche solo per il restyling estetico che veniva fatto ogni stagione, per la ricerca musicale continua. Credo che sia per questo che non ha mai perso la sua identità. Io sento che noi non facciamo niente per renderlo così se non metterci del nostro. Ci mettiamo i muri, il nostro lavoro, il nostro entusiasmo ma comunque è la clientela che fa la festa e in questo mi sento molto fortunato. Una volta Lola Schnabel – figlia di Julian Schnabel – intervistata su Vogue, alla domanda qual è il tuo locale preferito al mondo aveva detto il Plastic perché “al Plastic non vai per stare seduto con una bottiglia di champagne”. Ed è così, vai per divertirti. Chiunque al Plastic si sente in mezzo a una grande festa e si lascia trascinare. Forse è proprio questo il segreto. È un melting-pot. Quando siamo dentro siamo tutti uguali, non importa chi sei, cosa fai. Siamo tutti lì per arrivare alla mattina.»
Tea: «Il Plastic ha rappresentato libertà. Ma non si può dire cosa l’abbia reso così iconico, perché è un segreto, è magia. Perché Lady Gaga è una icona e tua zia no? È così perché è così. Meglio non provare a spiegarlo.»
Parlando dell’evoluzione da House of Bordello a Club Domani e Al Varietà, la sala dedicata alla musica italiana dai ’60 ai ’90, dove, tra Mina e la Bertè, La Stryxia ti trascina in un magico universo parallelo di cui è la protagonista indiscussa.
Sergio: «Una sera per caso – eravamo ancora in Viale Umbria, era il ’97 – facevo il barista e mettevo musica in quella che, riportata nel Plastic nuovo, corrisponde alla stanzetta del Varietà. Così è nato il Bordello, e insieme a Graziano (nome all’anagrafe della Stryxia), un mio amico anche lui Valtellinese, ci siamo inventati questo personaggio. La serata ha avuto successo e ci siamo poi spostati in sala grande, che si è cominciata a chiamare House of Bordello, ed è durata fino al 2014, quindi anche in Via Gargano. Il 2017 è stato il primo anno della serata Club Domani, nata più che da un progetto “a tavolino” da una necessità personale di cambiamento ed evoluzione rispetto a House of Bordello. L’unica cosa che avevo in mente era il nome: Club Domani, che porta in sé l’idea appunto di un’evoluzione, di sguardo al futuro. Così la Stryxia ha continuato con Al Varietà, portando avanti nella saletta degli specchi il discorso iniziato prima con il Bordello.»
Stryxia: «Chi come me ha vissuto l’adolescenza e la prima maturità negli anni 90, forse rammenterà che quel decennio aveva, in un certo senso, spazzato via dall’immaginario collettivo i decenni precedenti. In sostanza sono arrivato al ’99 senza conoscere nulla degli anni 80 e antecedenti, se non per qualche ricordo sbiadito d’infanzia. A questo si aggiunge che allora la musica e le immagini dovevi possederle fisicamente e questo rendeva difficile avere accesso a una certa parte di cultura visiva e musicale passata. Radio e tv non passavano granché dei decenni venuti prima, soprattutto di italiano. Sergio (Tavelli) in quel periodo aveva materiale e una passione per gli 80’s, così mi ha trasmesso l’amore per quell’epoca. E poi si è iniziato a cercare assieme: nelle soffitte, ai mercatini, dischi e tanto altro. È incredibile pensare a quanto fosse difficile trovare cose che ora diamo per scontate, come per esempio un comune album della Bertè. In estrema sintesi, il Bordello nacque così, da una idea relativamente strampalata di Sergio e con il mio appoggio come soubrette (ride). Il mio nome d’arte non a caso viene da una trasmissione televisiva del 1978, Stryx. […] Ammetto di essere un animale da palcoscenico, adoro l’adrenalina che si prova, mi sento invasa dall’energia che mi viene dal pubblico e credo di amplificarla e restituirla. Causa dipendenza. Quando finisco sono esausto, devo stare a letto due giorni, letteralmente.»
E ora la fatidica domanda: se dovessi scegliere tre momenti speciali vissuti al Plastic? Aneddoti passati alla storia?
Stryxia: «Non saprei cosa scegliere! Senza dubbio nel 2001, quando mi sono trovato davanti Loredana Bertè. Rammento che le dissi: “Loredana io ti idolatro”, e feci una riverenza che neanche alla Regina. E lei mi disse: “e io te spooooso”. Si è fermata con me un’oretta a chiacchierare sul mio palchetto e ha pure canticchiato qualche canzone alla buona. Davvero un bel ricordo. In un’altra occasione invece abbiamo avuto il piacere di avere Marcella Bella, che è salita anche lei a ballare sul palco come una di noi, simpaticissima. E poi ricordo con affetto che in occasione di due mie feste di compleanno è venuta Aida Cooper a cantare, ho anche osato dei piccoli duetti con lei. È una persona speciale, una delle voci italiane più rare e belle. Tra altri aneddoti che ricordo ne cito uno più piccante: una sera una ragazza è salita sul palco con me, si è spogliata nuda e non voleva proprio saperne di rivestirsi. Lei che correva per il locale con i buttafuori che la inseguivano con il vestito per farla rivestire è stato esilarante… D’altro canto non la biasimo, la bellezza del Plastic è proprio la libertà di esprimersi che si respira nell’aria. (ti respiro ancora sssai nell’aaaariaaaa).»
Tea: «Ovviamente posso raccontare il sesso nei bagni, i tradimenti nei bagni, la droga nei bagni, quella volta in cui la bamba è caduta nel cesso e le ragazze hanno provato a raccoglierla dall’acqua… e poi ancora la volta in cui una drag queen mi ha buttato contro il muro, quello fatto di specchi. Sanguinavo dalla faccia e il barman mi ha aiutato mettendo della vodka sulla ferita. O quando ho ballato sul palco con Girls e il buttafuori mi ha dovuto buttare fuori 3 volte. Sai che spesso sono stata buttata fuori? Paradossalmente i momenti più speciali erano quelli meno speciali. Venerdì o sabato al Plastic spacca l’anima ma la mia serata preferita era la domenica. Andavo ogni domenica da sola, camminavo da casa per andare lì, per prendere qualche drink, perdermi sul divano e addormentarmi. Quei momenti per me erano i più speciali. Intorno a me, tutto quel caos, mi faceva sentire così serena.»
Sergio: «Succede sempre qualcosa, ma la cosa grave è che sono sempre io quello che le combina, quindi preferisco non raccontarle (ride). No sai, ogni sera succede qualcosa di bello, e tante volte la cosa più bella che ti ricordi è una cosa che per gli altri non ha nessun valore ma a te ha fatto tanto piacere, però… puoi immaginare in 40 anni cosa è successo là dentro. Una sera Maurizio Cattelan mi ha invitato all’inaugurazione della sua mostra antologica al Guggenheim di New York e io gli ho detto: “solo se mi fai un invito scritto”, lui è andato in guardaroba, si è fatto dare un pezzettino carta degli scontrini e ha scritto: “Io, Maurizio Cattelan, invito Sergio all’inaugurazione della mostra al Guggenheim”, allora sono andato.»
Un pensiero va a questa Milano spenta, ai lunghi mesi senza Plastic e all’attesissimo momento della riapertura.
Stryxia: «Mi manca tutto. Esibirmi mi dà una tale scarica di adrenalina. Inoltre faccio l’unico lavoro a contatto col pubblico che adoro, quello in cui io parlo e gli altri stanno zitti (ride). Scherzi a parte, sono una persona estremamente sociale, e nel mio lavoro si crea un contatto molto bello con le persone, mi piace averle di fronte e a fianco, sentirle partecipare, condividere energia. Mi avvilisce rilevare come in quest’anno difficile le attività di spettacolo e ricreative siano state trattate come superflue dalla politica e da parte della stampa. E qui mi censuro, rimando la polemica Stryxiosa a quando avrò un microfono in mano, una parrucca in testa e “un” cuba libre in pancia. La musica e il ballo, l’assembramento, hanno rappresentato in ogni epoca della nostra civiltà un momento imprescindibile della vita sociale. C’è una tale voglia di fare festa che immagino che la prima sera di riapertura sarà un disastro, in senso positivo. Mi piacerebbe iniziare a suonare e andare avanti a oltranza. Personalmente più che la prima sera, aspetto con ansia quella sensazione che avrò quando, dopo un certo numero di serate, sarò rientrata nella mia routine e tutto quello che è successo mi sembrerà solo un brutto ricordo. Peccato sia meglio non farsi ancora illusioni su quando sarà possibile ricominciare.»
Sergio: «Il nostro nuovo EP Club Domani (realizzato insieme al dj e produttore Andrea Ratti) vuole essere un tributo alla città, soprattutto in questo triste momento in cui Milano è spenta. Il brano A Che Ora l’Amore, cantato da Syria e scritto da Dario degli Amari, gruppo pop-rock fine anni ’90, è bellissimo perché parla del Plastic senza mai nominarlo. Racconta delle emozioni che si provano a partire dalla coda prima di entrare fin dentro le mura: se potessero ballare le pareti di questo locale…»
Per finire, 5 personaggi attualmente vivi o anche già morti, o anche vissuti più di 100 anni fa, che pensi avrebbero adorato il P se ci fossero capitati per una serata.
Tea: «John Waters, Luisa Casati, Edie Sedgwick, Iggy Pop, Richard Hell… Secondo me qualcuno di loro c’è già stato.»
[…] si celebravano i 40 anni dell’apertura del Plastic, uno dei locali più iconici di Milano (ne parlavamo con Sergio Tavelli, La Stryxia e Tea Hacic in questa intervista). FuturDome, ospitando le opere di Niccolò Quaresima insieme ad alcuni frammenti […]