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70 opere d’arte vandalizzate in tre musei di Berlino: si sospetta la mano di QAnon
Attualità
Uno chef vegano, noto in Germania per essere uno dei portavoce più in vista delle teorie complottiste, oltre che per il suo antisemitismo galoppante, sospettato di aver vandalizzato circa 70 opere d’arte e antichi manufatti, conservati in tre musei del centro di Berlino, con una sostanza oleosa. Già basterebbe questa concisa introduzione per rimanere a bocca aperta ma ormai siamo abituati a considerare la realtà uno spettacolo splendido e terrificante al tempo stesso, ben più di qualunque prodotto sviluppato dall’immaginazione.
Certo, il fatto che lo chef vegano e complottista si chiami Attila (!) Hildmann non fa che aggiungere l’ennesimo punto esclamativo al nostro stupore per la perfetta ricorsività della storia. Un flagello di dio e, in questo caso, soprattutto della storia e della cultura, oltre che dei milioni di fruitori che, ogni anno, entrano ed escono soddisfatti e un po’ più arricchiti dal Pergamon Museum, dalla Alte Nationalgalerie e dal Neues Museum, le istituzioni colpite dall’attacco, fiore all’occhiello del sistema museale berlinese.
L’attacco ai musei di Berlino
Peraltro, la storia, che è stata ripresa da tutti i media tedeschi, è emersa solo in queste ultime ore ma risale agli inizi di ottobre. La Prussian Heritage Foundation, che sovrintende alle collezioni della Museumsinsel, l’isola dei musei berlinese, dichiarata nel 1999 Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, ha confermato che diversi oggetti in esposizione hanno subito danni, tra cui sarcofagi egizi, sculture e dipinti del XIX secolo. La polizia della capitale tedesca ha dichiarato di aver avviato un’indagine ma non ha rilasciato dichiarazioni sul motivo dell’attacco. Gli autori o le possibili motivazioni non sono ancora stati resi noti.
Secondo la ricostruzione di diversi giornali tedeschi, però, l’attacco ai musei rientrerebbe nel vasto e oscuro ambito del complottismo di matrice satanistica e il nome che è stato chiamato in causa è quello di Attila Hildmann. Il celebre chef, poi diventato uno dei più noti sostenitori della teoria del complotto propalata da QAnon, ha pubblicato diversi messaggi su Telegram, tra agosto e settembre, in cui raccontava di come il cancelliere tedesco, Angela Merkel – che per i teorici di QAnon sarebbe la nipote di Adolf Hitler – stesse usando l’altare di Pergamo, conservato al Pergamon Museum, per celebrare Sacrifici umani tanti cari ai complottisti di estrema destra, impegnati in prima linea contro il deep state, i poteri forti (1!1!).
Sembra poco probabile che una figura pubblica come Hildmann, ospite in trasmissioni televisive e in talk show, sia direttamente responsabile dell’attacco, anche se non è affatto nuovo ad azioni eclatanti. Il 29 agosto 2020, Hildmann è stato arrestato davanti all’ambasciata russa di Berlino, dove figurava tra gli animatori delle proteste contro le restrizioni da Covid-19 imposte dal governo tedesco. Ieri sera, poi, lo chef ha condiviso, sul suo canale pubblico di Telegram – che ha oltre 100mila follower e pubblica fake news sulla pandemia e contenuti mostruosi di incitamento all’odio a getto continuo, 24 ore al giorno –, un link all’articolo di un quotidiano in cui si riportava l’episodio dell’attacco, con il commento: «Fatto! È il trono di Satana».
La longa manus di QAnon
QAnon, negli Stati Uniti, è diventato un movimento che coinvolge milioni di persone e, ormai, non più solo a scrivere post e commenti. Già nel maggio del 2019, un bollettino dell’Intelligence dell’FBI definiva gli estremisti di QAnon come una minaccia concreta di terrorismo interno. Nel luglio 2020, poi, Business Insider ha rivelato che almeno 10 candidati al congresso nel Partito Repubblicano sostengono il movimento. A finire nel mirino dei complottisti estremisti, che può considerarsi una falange d’azione della Radical Right a Stelle & Strisce, oltre a George Soros, Hillary Clinton e tutto il Partito Democratico, anche Marina Abramovic.
Questa volta, la longa manus ha agito nel cuore dell’Europa, vandalizzando alcune delle opere più rappresentative e identitarie della cultura, non solo occidentale. Insomma, anche se ce ne sarebbero tutti i motivi, c’è veramente poco da ridere.