Secondo quanto comunicato dal MiC – Ministero della Cultura, nei giorni scorsi un’opera di Giacomo Di Chirico, importante esponente della pittura italiana di fine Ottocento, è stata trafugata: il dipinto, intitolato “Effetto di neve” e databile agli anni ’70 del XIX Secolo, era esposto nella sede di Palazzo Lanfranchi del Museo Nazionale di Matera e faceva parte della Collezione Camillo D’Errico di Palazzo San Gervasio.
Il Ministero ha confermato che attualmente sono in corso le indagini da parte dei Carabinieri della Compagnia di Matera e del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bari, per chiarire le dinamiche dell’accaduto. Sulla vicenda vige il massimo riserbo, per consentire alle forze dell’ordine di effettuare accertamenti speditivi in città. Appresa la notizia a poche ore dal suo insediamento, il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, aveva immediatamente inviato una lettera al Comandate dei Carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio culturale.
Nato a Venosa, nel 1844 e morto a Napoli, nel 1883, nella sua pur breve vita Giacomo Di Chirico riuscì a farsi riconoscere come uno dei più importanti pittori della influente e aggiornata Scuola Napoletana, insieme ai più noti Domenico Morelli e Filippo Palizzi.
Cresciuto in una famiglia povera, le condizioni peggiorarono con la morte del padre falegname, avvenuta nel 1847, quando Giacomo aveva appena tre anni. Durante la sua formazione scolastica, frequentò un istituto privato del prete Giuseppe Gianturco, fratello del politico Emanuele, rivolto ai ragazzi appartenenti al ceto meno abbiente. Per sostenere economicamente la famiglia, iniziò a lavorare in una bottega come barbiere. Già da giovane si appassionò all’arte, anche grazie all’influenza del fratello Nicola, scultore, di 20 anni più grande di lui.
Spronato dall’interesse che iniziarono a riscuotere i suoi primi piccoli ritratti, Di Chirico decise di intraprendere la professione di pittore. Ottenuto dal comune di Venosa un sussidio mensile, con la clausola di garanzia di tale contributo qualora avesse dimostrato ottimi risultati negli studi, si iscrisse all’Accademia di belle arti di Napoli. Nel 1865 cominciò a frequentare lo studio di Tommaso De Vivo e le lezioni di Francesco De Sanctis. Tra il 1868 e il 1871 visse a Roma per poi tornare a Napoli e aprire uno studio d’arte. Qui strinse rapporti di amicizia con Morelli e Palizzi ed ebbe come allievi pittori come Antonio Ferrigno e Pietro Scoppetta.
Dal 1873 iniziò a elaborare opere ritraenti il folklore della sua terra. “La Domenica delle Palme”, uno dei suoi dipinti più rappresentativi, gli valse la medaglia d’argento all’esposizione tenuta a Ferrara nel 1874 in occasione del IV centenario della nascita dell’Ariosto. Il dipinto “Sposalizio in Basilicata” ebbe un grande successo, tanto da essere esposto anche all’estero, nelle città più attente agli stimoli della nuova pittura: a Parigi nel 1877, a Vienna nel 1879 e a Monaco nel 1882. Il quadro fu acquistato ed esposto dal mercante francese Adolphe Goupil, uno dei fautori del successo commerciale dei pittori di Fontainebleau e degli Independants, per il quale lavorarono anche Theo Van Gogh e lo stesso Vincent, incaricati di procurare opere degli artisti più sperimentali.
Nel 1878 si sposò con Emilia D’Amato a Maiori, da cui ebbe una figlia, Maria. Durante la sua carriera, ottenne altri riconoscimenti, tra cui la croce di cavaliere della Corona d’Italia dal re Vittorio Emanuele II. Tra il 1877 e il 1878, Di Chirico fu tra i professori onorari del Reale Istituto di Belle Arti. Ma la sua attività iniziò a essere compromessa da segni di squilibrio mentale, che costrinsero Di Chirico a essere rinchiuso nel Manicomio Provinciale “Leonardo Bianchi” nel 1882. Dopo un susseguirsi di rientri e dimissioni, Di Chirico morì a Napoli nel 1883, a soli 39 anni. Nel 1885, il pittore Rubens Santoro organizzò una mostra a Napoli per commemorare la sua carriera.
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