Gallerista tra i più attivi e influenti in Italia, protagonista di alcune delle stagioni più vivaci della sperimentazione artistica contemporanea, Giorgio Marconi è morto nella notte tra il 19 e il 20 maggio. A confermare la notizia, fonti vicine alla famiglia. Il suo nome è indissolubilmente legato alla storia dell’arte italiana del secondo Novecento, vissuta attraverso le attività di Studio Marconi e Fondazione Marconi, da lui fondati e gestiti con passione costante ed energica determinazione. Nato nel 1930 a Milano, nel suo lungo percorso Giorgio Marconi ha avuto modo di lavorare con artisti come, tra gli altri, Valerio Adami, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, Arnaldo e Giò Pomodoro, Emilio Tadini, ma anche Richard Hamilton, David Hockney e Joseph Beuys.
La sua avventura nel mondo dell’arte iniziò nel 1965, dopo aver abbandonato gli studi in medicina per aprire il suo primo spazio espositivo, lo Studio Marconi in via Tadino 15, nel luogo in cui suo padre, Egisto, gestiva un atelier di cornici. È grazie a Egisto, corniciaio di rinomati artisti italiani degli anni Trenta, che Giorgio ha avuto l’opportunità di entrare in contatto con un vasto panorama di talentuosi artisti. E così, per la prima mostra inaugurale, nel novembre del 1965, poteva presentare le opere di quattro artisti italiani come Lucio Del Pezzo, Mario Schifano, Emilio Tadini e Valerio Adami. Caratterizzata da un’inventiva comunicativa senza precedenti, ha segnato l’inizio di uno spazio di sperimentazione e dialogo tra artisti.
All’attività espositiva, Studio Marconi ha affiancato anche quella di editore, sviluppando una linea editoriale che ha anticipato i moderni magazine di settore, avvalendosi della collaborazione di studiosi, critici e giornalisti, tra cui Giulio Carlo Argan, Natalia Aspesi, Giorgio Bocca, Gillo Dorfles, Umberto Eco. Artisti come Gianfranco Pardi, Emilio Tadini e Bruno Di Bello hanno collaborato attivamente a questo processo, offrendo il proprio contributo alle pubblicazioni e suggerendo persino il nome della galleria: Studio Marconi, «Un luogo in cui si espone, si studia, si progetta e si discute». Non solo impresa individuale, dunque, ma prodotto di équipe, punto di convergenza di storie, proposte e orientamenti.
I frequenti viaggi di Marconi, soprattutto a Londra, gli hanno permesso di stringere importanti collaborazioni, come quella con il celebre mercante d’arte Robert Fraser e con gli artisti della Pop Art inglese: Peter Blake, Patrick Caulfield, Richard Hamilton, David Hockney, Eduardo Paolozzi, e Joe Tilson.
Lo Studio Marconi è diventato presto un punto di riferimento cruciale nella vita culturale di Milano, più simile a uno spazio museale che a una galleria privata. Ha presentato giovani artisti emergenti e maestri già affermati, sia a livello nazionale che internazionale, tra cui Joseph Beuys, Alberto Burri, Alexander Calder, Gianni Colombo, Willem De Kooning, Sonia Delaunay, Antonio Dias, Lucio Fontana, Man Ray, Giuseppe Maraniello, Joan Miró, Louise Nevelson, Giulio Paolini, Francis Picabia, Mimmo Rotella, Aldo Spoldi, Antoni Tápies, Giuseppe Uncini, Franco Vaccari e William Wiley.
Molti sono i debutti a Milano di protagonisti come Man Ray (1967), con il quale Giorgio Marconi stringe un solido rapporto di amicizia, e Louise Nevelson (1973) per cui ha curato e promosso numerose mostre in Italia e all’estero. Con l’ultima mostra dell’artista cinese Hsiao Chin nel dicembre del 1992, Studio Marconi ha chiuso la sua programmazione, con all’attivo oltre 180 mostre. Subito dopo ha avuto inizio un nuovo importante capitolo nella storia dell’arte milanese con la nascita della Galleria Gió Marconi, fondata insieme al figlio Gió: nel primo anno di apertura, la galleria espose mostre di Martin Kippenberger, Mario Schifano e Richard Hamilton. Passo successivo, nel 2004, l’istituzione della Fondazione Marconi. Da qui in poi, l’obiettivo è stato quello di continuare a lavorare con gli artisti, gestire le loro opere e promuovere mostre di rilievo in Italia e all’estero.
Nel 2018, Giorgio Marconi ha ricevuto il premio ANGAMC alla carriera, conferitogli dall’Associazione Nazionale delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea. Oggi la Fondazione Marconi possiede un vasto archivio in costante aggiornamento, documentando così oltre cinquant’anni di ricerca nel campo dell’arte moderna e contemporanea, sia nazionale che internazionale.
«Giorgio Marconi non è stato solo un gallerista di successo, ma anche un promotore e un sostenitore appassionato degli artisti che ha rappresentato nel corso della sua vita. La sua eredità continua a vivere attraverso le opere e l’influenza che ha esercitato sulla scena artistica italiana», è il messaggio di cordoglio della Galleria.
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