Qualche settimana fa, scrivevamo dell’ultima impresa di Jeff Koons, che ha pensato di portare la controparte tangibile di alcune sue nuove opere digitali NFT in “esposizione” permanente sulla Luna. Ma l’artista statunitense, che pure ci ha abituato a uscite magniloquenti, non potrà far altro che sedersi comodamente sul divano di casa, a osservare in rispettoso silenzio la più incredibile delle opere d’arte. Perché le immagini dell’ammasso SMACS 0723 mostrate dal telescopio spaziale James Webb della NASA – lanciato il 25 dicembre 2021 su un razzo Ariane 5 dallo spazioporto europeo nella Guyana francese, in Sud America, in collaborazione con ESA Agenzia spaziale europea e CSA Agenzia spaziale canadese – almeno per i profani rimarranno un mistero di seducente immensità . E rappresentano un enigma anche per gli scienziati che, a partire da questa tecnologia, potranno spingersi a osservare e a interpretare un po’ più in là , per la minima parte che ci è concessa di vedere e capire.
“Oggi presentiamo all’umanità una nuova visione rivoluzionaria del cosmo dal telescopio spaziale James Webb, una visione che il mondo non ha mai visto prima”, ha affermato l’amministratore della NASA ed ex astronauta, Bill Nelson. “Queste immagini, inclusa la più profonda visione a infrarossi del nostro universo che sia mai stata scattata, ci mostrano come Webb aiuterà a scoprire le risposte a domande che non sappiamo nemmeno porre; domande che ci aiuteranno a capire meglio il nostro universo e il posto dell’umanità al suo interno”.
Ma cosa stiamo vedendo, in questa che, a oggi, è l’immagine più profonda, nitida e ricca di dettagli dai confini più distanti dell’universo? Migliaia di galassie dell’ammasso SMACS 0723, inclusi gli oggetti più deboli mai osservati nell’infrarosso, una porzione di cielo che, giusto per giudicare con un metro di misura umano, corrisponde a circa un granello di sabbia tenuto su un dito e osservato a distanza di un braccio. Il campo profondo, ripreso dalla NIRCam – Near-Infrared Camera di Webb, è composto da immagini a diverse lunghezze d’onda, per un totale di 12,5 ore. Ci sono volute settimane per assemblare questa immagine e, ragionando in termini di tempo, ciò che vediamo corrisponde a un paesaggio di circa 13 miliardi di anni fa. Contando che, secondo quanto stimato da Hubble – l’altro telescopio spaziale malinconicamente surclassato da Webb – l’universo ha un’età compresa tra i 12 e i 14,5 miliardi di anni, possiamo immaginare di star osservando, proprio qui e proprio ora, un universo ancora giovane.
Se ha senso parlare in questi termini, che presuppongono un prima e un dopo. D’altra parte rimaniamo pur sempre dei sapiens, che per agire hanno bisogno di parametri e segmenti, di angoli e di porte. Anche se possiamo giocare a pensare in termini universali e a posizionarci di là da noi stessi, come del resto abbiamo fatto spesso anche prima dei telescopi spaziali, con le grandi strutture delle religioni e delle filosofie, dalla metafisica infinita alla circolarità taoista, arrivando alla formulazione di concezioni diametralmente opposte, come l’Essere Immobile di Parmenide e i mutamenti dell’I Ching.
Ma ci stiamo allontanando troppo, meglio rimanere con i piedi per terra e lasciarsi conquistare dalle incredibili immagini diffuse dalla NASA. Cinque sono i bersagli del telescopio spaziale Webb e dei suoi strumenti, che corrispondono ad altrettanti grandi temi di ricerca: la nascita delle stelle, la formazione dei pianeti, la nascita delle prime galassie dopo il Big Bang, l’evoluzione delle galassie, lo studio dei pianeti esterni al Sistema Solare.
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