Al Musee d’Orsay i corpi sono rappresentati in ogni declinazione, con una spiccata prevalenza di nudi, dalla Nascita di Venere di William-Adolphe Bouguereau ai Romani della decadenza di Thomas Couture, per non parlare degli scandalosi Colazione sull’erba e Olympia di Edoaurd Manet, che tanto colpirono il pubblico dell’epoca. «Una odalisca dal ventre giallo, ignobile modella pescata chissà dove», così si esprimeva un critico d’arte contemporaneo di Manet. Per non parlare dell’Origine del mondo di Gustave Courbet, che ancora desta i pruriti degli algoritmi dei social network e dei motori di ricerca. Insomma, la nudità, esposta in un certo modo, a prescindere dalle epoche, fa sempre discutere in un senso o nell’altro e, ancora una volta, è il corpo a suscitare, se non scandalo, almeno polemica. Forse ancora scottati dalla performance di Deborah de Robertis, che nel 2014 espose i suoi genitali in prossimità dell’opera di Courbet, i custodi del museo di Parigi, martedì, 8 settembre, hanno negato l’accesso a una visitatrice, una studentessa di letteratura di 22 anni, colpevole di una scollatura troppo vistosa: per entrare al d’Orsay, la donna avrebbe dovuto coprirsi. Ne è nata un’accesa discussione e, alla fine, Jeanne, che era accompagnata da un’amica, è stata costretta a cedere e a coprire il suo décolleté con una giacca.
La vicenda, ovviamente, non è finita lì, perché la donna ha scritto una lunga lettera su Twitter. «Arrivata all’ingresso del museo, non ho avuto modo di ritirare il biglietto perché la vista del mio seno ha sconvolto un agente incaricato del controllo delle prenotazioni», ha spiegato Jean. «Mi trovavo di fronte a una cerchia di persone che mi hanno messo sotto processo per il mio aspetto. Nessuno ha detto la parola “seno” mentre mi guardavano facendo finta di non vedere. È stato umiliante», ha continuato la donna.
«Mi sono vergognata, mi sono sentita come se tutti stessero guardando il mio seno, io sono solo il mio seno, sono solo una donna diventata oggetto sessuale», ha spiegato Jean nel suo post, diventato subito virale e ripreso dalle testate di tutto il mondo, al punto che il museo ha dovuto necessariamente rivolgere le sue scuse. «Ci dispiace profondamente e ci scusiamo con la persona interessata, che provvederemo a contattare», hanno scritto dal d’Orsay.
«Garantiamo che sarà fatto un promemoria delle regole di accoglienza al personale che gestisce gli ingressi del museo (la gestione della biglietteria è affidata a una ditta esterna, ndr)», chiariscono dal museo. Nel regolamento, in effetti, c’è un rapido accenno all’abbigliamento nel quale, però, non è specificato quali vestiti siano ammessi. E ci mancherebbe, trattandosi di un luogo pubblico e laico che, come tutti i musei al mondo, ha le sue linee guida riferite al comportamento dei visitatori, che non deve turbare la quiete delle sale o danneggiare le opere. Ma è difficile immaginare che una scollatura possa sortire un effetto talmente disastroso da far scattare i campanelli d’allarme.
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