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Ciò che è successo sabato, 14 settembre, intorno al Museo Madre di Napoli non è stata una performance di arte contemporanea: nessuna comparsa, nessun artista dichiarato, nessun invito o comunicato stampa, bensì un’azione di cittadinanza attiva per pulire dall’immondizia le strade e i vicoli adiacenti al Museo. Azione che ha coinvolto, in maniera volontaria, i lavoratori del Museo, Laura Valente, presidente della Fondazione Donnaregina, Andrea Viliani, il direttore dell’Istituzione e l’Associazione Cleanap.
Un’iniziativa quasi da disperazione e, insieme, di testimonianza di una militanza coraggiosa a fronte della persistente condizione di degrado che ha trasformato l’ingresso del Museo Madre (via Settembrini, cuore del centro storico di Napoli) in una discarica di immondizia a cielo aperto. Un’adozione, arricchita di sistemi fai da te – quali la messa in opera di vasi con erbe aromatiche – dopo una pulizia acrobatica contro carcasse di motorini, arredi, elettrodomestici, carte, metalli, plastiche oltre che siringhe e rifiuti organici.
Scope, palette, grandi sacchi, mascherine e guanti sono diventati gli strumenti del mestiere di uno staff museale che rifiuta, dopo molte chiamate e solleciti, di rimanere a guardare la drammatica distanza tra il dentro e il fuori, cioè tra il Museo e le sue Strade e Vicoli.
Onore al merito di un’azione collettiva e strategica che, senza esimersi dall’affrontare le contraddizioni che il presente ci consegna, in qualche modo disturba l’asse della nostra attenzione di operatori culturali e rende ancora più evidente e significativo l’enorme sforzo di chi fa dell’arte e della cultura una possibilità fondamentale per vivere e interpretare il nostro tempo e la sua storia, quella passata e quella futura.
È altrettanto certo, però, che nella nostra mente, mentre registriamo l’azione, si riaccendono lampadine di allarme che riattivano rivendicazioni ormai quasi mute, confronti con condizioni internazionali assai più “normali”, difficoltà nell’incontrare interlocutori efficaci, difficoltà economiche e di stabilità e l’enorme fatica di chi, più in generale, svolge attività in ambito culturale.
Questa azione, nei suoi intenti di cittadinanza attiva ed esemplare ma anche di denuncia, per tutti questi motivi e per i molti alarm che accende, offre la possibilità di ingarbugliare ma anche rafforzare i nostri pensieri senza correre ai ripari di una frustrazione o polemica generale e senza la colpevolizzazione di un contesto, un territorio o una città.
Qualcuno si sta sporcando le mani per pulire, per restituire una visione di appartenenza e di condivisione di un patrimonio, materiale e immateriale, collettivo prima che individuale o istituzionale o museale.