Continuano i guai giudiziari di Inigo Philbrick che, passando bruscamente da genio del mercato dell’arte a truffatore, dopo l’arresto, ha visto rispingere anche la possibilità del rilascio su cauzione.
I poliziotti hanno arrestato l’ex mercante d’arte l’11 giugno 2020, sull’isola di Vanuatu, dove Philbrick risiedeva dalla fine di ottobre 2019, quando iniziò la sua latitanza. La cattura è avvenuta mentre Philbrick passeggiava per i mercati artigianali nel centro della città di Port Vila. Gli agenti lo hanno acciuffato e portato all’aeroporto locale dove, sotto le istruzioni dell’FBI di New York, è stato imbarcato su un jet partito poi per Guam. Quindi, il 13 luglio, il governo americano ha ufficialmente incriminato Philbrick. Le accuse sono di frode telematica, per la quale è prevista una pena detentiva fino a 20 anni. Altra accusa è di furto d’identità aggravato, che comporta una condanna obbligatoria a due anni di carcere.
In un’udienza telefonica preprocessuale del 14 luglio, Inigo Philbrick si è visto negare la cauzione. Sarà trattenuto in un penitenziario di Manhattan. La madre di Philbrick, Jane, era disposta a porre la sua casa nel Connecticut come garanzia per il rilascio. Anche la fidanzata di Philbrick, Victoria Baker-Harber, avrebbe fornito ulteriori garanzie, per un valore stimato di 2 milioni di dollari.
L’assistente procuratore degli Stati Uniti Cecilia Vogel ha però spiegato che la corte ha rifiutato di concedere la cauzione, in quanto sussisterebbe un grave pericolo di fuga. La Vogel ha, infatti, affermato che «Quando Philbrick se ne andò, abbandonò le sue gallerie d’arte e smise bruscamente di comunicare con clienti e finanziatori. Ha smesso di rispondere al processo legale. Philbrick ha fatto diverse dichiarazioni dopo l’arresto che indicavano la sua intenzione di fuggire». La Vogel ha continuato sostenendo che il mercante d’arte «Aveva l’impressione che Vanuatu non avesse un accordo di estradizione con gli USA o con la maggior parte degli altri Paesi, per cui era difficile arrestarlo mentre era lì».
Questa idea è confermata anche dai cittadini dell’isola ai quali Philbrick non ha nascosto la sua identità. L’ex mercante d’arte ha usato apertamente il suo vero nome con le aziende locali. Questo suggerisce che era fin troppo sicuro di sottrarsi alle autorità sulla base dell’assenza di un accordo di estradizione tra gli Stati Uniti e Vanuatu.
Tornando alla accuse, Vogel ha definito 25 milioni di dollari una stima prudente del suo schema di frode globale. I registri dei bonifici bancari indicano che tra il 2016 e il 2019, oltre 200 milioni di dollari sono passati attraverso conti che Philbrick controllava. L’imputato, infatti, si è impegnato in un piano per frodare più individui ed entità nel mercato dell’arte come mezzo per finanziare la sua attività artistica. È accusato di aver riportato dichiarazioni false a collezionisti d’arte, investitori e finanziatori per accedere a opere d’arte di enorme valore e ottenere proventi di vendita, finanziamenti e prestiti. Ha consapevolmente travisato la proprietà di alcune opere d’arte vendendo un totale di oltre il 100% della quota di un’opera d’arte a più individui.
Ma secondo l’assistente procuratore, non tutte le somme possedute da Philbrick sono frutto di attività illecite, anche se è probabile che il mercante d’arte abbia all’estero dei beni che gli hanno permesso di mantenersi mentre era un fuggitivo a Vanuatu. L’ipotesi è che quegli stessi beni potrebbero essere disponibili, se dovesse fuggire di nuovo.
Peter Brill, l’avvocato di Philbrick, respinge la versione di Vogel dichiarando che le attività correnti del suo assistito erano di sole decine di migliaia di dollari. L’avvocato ha affermato: «Tutto il business di Philbrick è crollato e quindi non aveva neanche i soldi per pagare i suoi avvocati. È stato sostenuto dalla sua fidanzata e dalla sua famiglia». Brill ha inoltre dichiarato che l’ex mercante d’arte è andato a Vanuatu su suggerimento di Baker-Harber, che ha famiglia alle Fiji. L’avvocato ha affermato davanti alla corte che a causa dell’improvviso arresto, Philbrick ha lasciato il suo passaporto americano sull’isola. Inoltre il documento non è più valido. Brill ha anche fatto notare che Philbrick è asmatico e quindi più vulnerabile alla potenziale infezione da COVID-19 in carcere.
Il giudice James L. Cott ha osservato comunque la buona condotta di Philbrick. L’imputato, infatti, non ha precedenti penali né precedenti di violenza. Non sembra, quindi, rappresentare un rischio per la sicurezza degli altri. Ma Judd Grossman, avvocato che rappresenta diversi ex clienti di Philbrick, ha raccontato ad Artnet News che «La corte ha avuto ragione nel negare la richiesta di cauzione di Philbrick in base al suo significativo rischio di fuga. Ora è giunto il momento che egli rimanga a New York per affrontare queste gravi accuse penali e civili».
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