In tempi “normali”, chiamiamoli così, una Moleskine rappresenterebbe semplicemente il più classico dei cahier d’artiste; quell’oggetto dallo statuto privato, fedele compagno per un artista dinamico come Renzo Ferrari (Cadro, 1939), sempre intento a captare e progettare nella quotidianità in divenire.
Ma quando la quotidianità coincide con l’anno bisesto 2020 quel privato diventa cronaca, e a sua volta cronaca privata di una pandemia che nella narrazione mediatica nazionale non accenna a lasciare la presa, almeno fin’ora. E che volenti o nolenti ci ha cambiato profondamente in tante delle nostre cose, portando i più ottimisti a barattare con troppa facilità diritti inalienabili in cambio di una salvezza al gusto di redenzione.
Sfogliare Moleskine 2020 Pandemia – a cura dello stesso Ferrari assieme a Marta Silenzi, Edizioni Zedia – è come affrontare un libero riassunto di quanto l’anno appena trascorso ci ha offerto. Un bignami insomma, però dal testo cifrato, da leggere tra le pagine delle mitiche agendine che Ferrari ha riempito con i suoi schizzi, appunti, disegni. È il tempo di una “clausura” che ritrova la propria libertà tra i segni grafici a biro, le geometrie ad uso e consumo personale, il colore che salta fuori prepotente, tra le parole di un corsivo che manifesta apertamente il suo aplomb personalistico. Sono pagine in cui Ferrari de-secreta l’essenza di quei mesi “caldissimi” compresi tra marzo e agosto, svelando di pari passo quanto si nasconda nella mente – e tra le mani – di un artista.
Mesi – questa storia parte ovviamente dai primi di marzo, giorno 2 per la precisione – in cui l’azione fondamentale per molti simili è stata a sua volta quella di “riempire il tempo”, esorcizzando la solitudine e l’ansia accumulando bulimicamente nozioni, pensieri, idee, riflessioni. Fino a far “traboccare” quelle pagine, quasi fosse un atto dovuto per superare tempi in cui l’horror vacui sembra diventare il nemico numero due.
E così la pratica resocontante degli eventi si mescola alla pubblica utilità nazionale, all’appuntarsi il numero “Info coronavirus”, mentre la cifra dinamica di Ferrari si avvolge tra le falde dei messaggi a reti unificate, della resilienza di comunità, calamitando una concretezza che all’arte in generale non sempre viene riconosciuta. Si potrebbe anche discutere di come Ferrari abiliti la stessa arte visiva ad un valore di “pubblica utilità”, ma in un’epoca politicamente dominata dalla proverbiale “inutilità” di certe espressioni – la situazione italiana dei luoghi della cultura allo stato attuale ne è l’esemplificazione – sarebbe come parlare al vento.
Introdotto e arricchito dai testi di Silenzi e Sergej Roic, Moleskine 2020 Pandemia è prova di una testimonianza paradigmaticamente calata sui tempi del Covid-19, ed effettivamente eversiva sulle condizioni poste dal virus scatenante, tracciata da un inchiostro blu diventato metronomo del nervosismo di un artista, di un uomo. Uno sulla nostra stessa barca, avvolto nel suo mix di tensione e incertezza per cui è un attimo far dilagare quel blu verso un flusso caotico e circoscritto, dove le parole corrono, i media si accavalcano senza filtro. Una realtà stenografata, l’effetto più furtivo di quella “nuova normalità” sbandierata nei salotti televisivi.
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