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Il sole doppia la discokugel proseguendo verso Schöneberg, presagio di imminente tramonto. I colori tenui dell’azzurro ghiacciato e del rosa pesco si mescolano sulla pista d’atterraggio di un vecchio aeroporto dismesso: sull’edificio centrale si legge ancora la scritta Berlin Tempelhof. Intorno a me, gli skaters si dispongono in fila per provare il kickturn mentre giovani coppie si inseguono sui rollerblade, alcuni provando un improbabile mix con il parapendìo.
Nel giorno in cui l’Italia estende il lockdown, monitora i runners con i droni, multa chi viene trovato in giro senza autocertificazione, mi trovo – come tanti altri italiani – a passeggiare allegramente sull’erba, bere Sternburg e pensare a Giuseppe Conte.
Per me e tutti coloro che considerano Berlino la propria casa, non è facile essere figli di due Paesi così diversi e ben presto quella sensazione di primaverile spensieratezza si tramuta in inadeguatezza. Qualcosa di analogo doveva provare anche Tonio Kröger, il protagonista dell’omonimo romanzo di Thomas Mann diviso sin dal nome tra «temperamento nordico […] e sangue esotico», quando nell’ultimo capitolo confessa: «…sto fra due mondi, non mi sento a casa mia in nessuno di essi e mi trovo quindi in qualche difficoltà».
Il Toniokroegerismo
Ciò che Tonio troverebbe ancora oggi inconciliabile, è il divario tra nord e sud, cuore e cervello, così come capita ai tanti italo berlinesi in questi giorni, divisi tra statistiche da una parte e testimonianze apocalittiche dall’altra.
Provando a tralasciare per un attimo sia i numeri che i sentimenti di cui ognuno si serve per avallare ora l’una ora l’altra statistica, molti di noi si sono ritrovati ancora una volta sbattuto in faccia il grande divario che sempre è esistito tra Germania e Italia.
Lungi dall’incensare l’uno rispetto all’altro, ci sono alcuni leitmotiv che se, da una parte, non sono immediatamente riconducibili a contrastare le epidemie, dall’altra garantiscono un modello di vita che invita sempre più giovani a lasciare il Belpaese e mettere su famiglia nel Land.
Lisbona è distrutta, a Parigi si balla e a Berlino?
Nella capitale tedesca non c’è mai stato un vero lockdown: se si esclude una prima settimana in cui vigeva l’obbligo di presentare un documento di riconoscimento per chi fosse stato trovato a gironzolare per strada, l’unica regola è stata, e rimane, quella di limitare gli spostamenti e in generale non formare gruppi di oltre due persone, sia all’aperto che nei posti chiusi. Una regola rispettata? auch nicht.
Se da una parte i supermercati e gli esercizi commerciali si sono attrezzati a disegnare sui pavimenti linee di demarcazione calcolate al centimetro che le fanno assomigliare a campi da rugby, all’aria aperta la grande estensione e la facile fruibilità delle aree verdi rendeva impossibile un monitoraggio esaustivo pur garantendo le soglie minime di sicurezza: come tante altre volte, molta responsabilità è stata affidata ai cittadini.
Una mossa che fino a ora si è dimostrata vincente, se prendiamo per vere le statistiche che dicono la Germania essere la nazione meno colpita tra i paesi europei.
Qual è l’elisir di lunga vita che difetta a noi italiani? Sarebbe semplicistico e forse sbagliato attribuirlo al solo – quanto imprescindibile – fattore economico: l’Italia non è certo l’ultima economia d’ Europa e inoltre Berlino è una delle città con povertà per reddito più alta nel Land. Altro discorso sarebbe capire come questi soldi vengono impiegati e in quale settore, ma non è solo questo ciò che noi espatriati mettiamo sul piatto della bilancia.
Ciò che spinge da sempre molti amici a visitare la capitale sono l’alta vivibilità, le occasioni di lavoro, gli aiuti alla cultura, l’assistenza alle famiglie, la tutela delle minoranze, la libertà di orientamento sessuale, il fermento artistico, fattori che non sono subito presi in considerazione quando si parla di Covid-19, ma che in qualche modo aiutano a prevenire i disastri naturali.
Infatti, se, da una parte, si muore poco, dall’altra, a Berlino si vive molto bene.
C’è qualcosa di complesso ma estremamente chiaro alla base di questo modo di vivere ecologico che sembra essere la controparte sociale di quei composti grammaticali come Donaudampfschiffahrtsgesellschaftskapitän, che nella loro magniloquenza rivelano qualcosa di molto chiaro (in questo caso “il capitano della compagnia di navi a vapore del Danubio”).
Da una parte c’è il costante sforzo da parte di tutti i cittadini di rendere la propria città un organismo sano: l’utilizzo di mezzi di trasporto elettrici, l’implemento delle piste ciclabili, la sensibilizzazione verso l’acquisto di prodotti biologici, il rispetto del proprio e altrui spazio, costituiscono un costante tentativo personale teso a stabilire un dialogo tra uomo e ambiente, corpo e mente.
Inoltre, i berlinesi hanno un enorme grado di prevenzione, che li porta spesso a leggere le proprie analisi del sangue così come noi italiani commenteremmo i risultati della Serie A.
Non solo quello fisico ma, come vuole un antico binomio, anche il cibo per la mente non sembra mancare: nel menù abbondano un grande rispetto per la cultura e la fiducia nello Stato. Questo non solo significa che i cittadini rispettano le leggi, ma si prendono il diritto di cambiarle quando serve, soprattutto se si tratta di libertà.
Quella libertà ottenuta appena trent’anni fa, quando il Muro fu abbattuto, e che è stata messa a rischio proprio di recente a causa della pandemia e da una ipotesi – poi abbandonata – di lockdown all’italiana.
Wir sind das Volk!, noi siamo il popolo, gridavano allora gruppi di cittadini in risposta alle forze dell’ ordine che difendevano il confine tra Est e Ovest. Lo stesso slogan è stato ripetuto pochi giorni fa da alcuni manifestanti a cui la Polizei suggeriva di tornare a casa per proteggersi dal virus.
Insomma, se la vox populi è la vox dei, i berlinesi credono in un dio che al primo posto mette l’ambiente e la cultura come l’apporto migliore alle difese immunitarie di un corpo, di una città, di una nazione.
Anche per questo, è stato approvato un programma di aiuti dal volume massimo di 50 miliardi di euro per micro-imprese in tutti i settori (compresa l’agricoltura) e lavoratori autonomi e liberi professionisti soli o con fino a 10 dipendenti ritrovatisi in difficoltà a causa del Coronavirus. In poco più di una settimana, molti amici, tra cui artisti che avevano fatto domanda, si sono ritrovati dai cinque ai diecimila euro accreditati sul conto. Inoltre, dopo una iniziale fase di impasse che è servita se non altro a tenere impegnate le fabbriche di carta igienica per i prossimi anni, sono state varate delle misure di distanziamento sociale che non hanno intaccato la mobilità dei cittadini.
Mentre imbocco il vialetto che mi porterà a casa, un delicato odore di rose appassite promana da un narghilè attorno il quale dei ragazzi turchi parlano all’aria aperta. Alcune ragazze allentano i fili della rete che è servita per un match improvvisato di pallavolo mentre gruppetti di donne col velo chiacchierano fumando sigarette lunghe e aromatizzate alla vaniglia. Su alcuni alberi le gemme colorate rinvigoriscono e danno un contorno mediorientale al mio ritorno a casa, come se a sbocciare fossero i baklava, i dolci tipici di frutta secca e miele venduti nelle konditorei, alcune delle quali sono ancora chiuse. Molte riapriranno già da questa settimana, all’avvio della “fase due”.
È possibile che le misure prese dall’ Italia possano rivelarsi in futuro le più efficaci.
Tuttavia, la cura dell’ambiente, le energie rinnovabili, gli aiuti ai lavoratori free-lance, la lotta alla gentrificazione, il grado di collaborazione tra Stato e cittadini, sembrano il vaccino migliore di una città il cui merito principale è quello di provare a risolvere, prima di altre, le sfide fondamentali del mondo attuale.
Quasi come un atleta che invecchiando perde la velocità ma non i riflessi, e si adatta con sacrificio e tenacia al nuovo contesto. Lungi dall’essere perfetta, nella sua sconfortante praticità Berlino è un caparbio centometrista che riesce a tenersi giovane pur invecchiando, che ha capito sulla propria pelle che i muri e la repressione fanno male, e appartengono al passato. Sono già tante le tragedie che hanno colpito il nostro Paese d’origine negli ultimi anni: formano un rimosso freudiano che pare venire a galla solo in occasione di tragedie, di cui nessuno sembra all’altezza di venirne a capo. Con esso aumenta la sensazione di impotenza, rabbia, e amore che crea una gran difficoltà, come diceva Tonio Kroeger. Un divario così inconciliabile che nemmeno la più lunga parola tedesca sarebbe in grado di descrivere.
[…] Berlino libera tutti: report da una città già in Fase 2 – exibart […]