28 luglio 2020

ChangeTheMuseum: una pagina Instagram contro le discriminazioni dei musei

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Attraverso la pubblicazione di testimonianze anonime, la pagina Instagram @ChangeTheMuseum denuncia gli episodi di discriminazione e prevaricazione nei musei americani

Attraverso la pubblicazione di testimonianze anonime, la pagina Instagram @ChangeTheMuseum, aperta quest’anno da un collettivo di artisti, curatori e altri attori del mondo dell’arte, denuncia episodi discriminatori, sia di carattere razziale che di genere, avvenuti nei musei americani. Attraverso le storie riportate dagli utenti, l’account mostra l’illusoria inclusività e il razzismo di fondo che affliggono anche le istituzioni culturali.

 

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I was working with a senior member of museum staff during a revamp project for the permanent collection galleries. We were reviewing various swatches of paint colors to consider. She kept referring to a pale color as “nude”. I suggested that we should use the actual paint color name- in this case warm cream- instead of referring to it as nude because this color is only a “nude” for those who have white skin. She laughed and remarked, “this is Maine, we don’t have to worry about things like that.” #changethemuseum @portlandmuseum — @changethemuseum Pressuring US museums to move beyond lip service proclamations by amplifying tales of unchecked racism. Share your story via link in bio. DISCLAIMER: All stories are anonymous. The submitter has confirmed that the following information is accurate, and has given permission to @changethemusuem to share it on social media. Those individuals facing discrimination who are mentioned in this story, and who could be identified by this story, have granted permission to share.

Un post condiviso da ChangeTheMuseum (@changethemuseum) in data:

Razzismo incontrollato: i musei sono davvero inclusivi?

Il mondo dell’arte vanta spesso il proprio progressismo, si presenta come un mondo inclusivo, ma lo è davvero? Per @ChangetheMuseum il mondo dell’arte rimane elitario, prettamente bianco e immobile, nei termini per cui le sue strutture di potere rimangono immutate nel tempo.

Dal suo lancio, avvenuto il 16 giugno 2020, l’account Instagram ha condiviso più di 230 testimonianze anonime di racconti di pregiudizi razziali, discriminazioni e molestie che si verificano all’interno di musei e istituzioni culturali negli Stati Uniti.

Le testimonianze descrivono casi di discriminazione razziale, di genere, molestie sessuali, micro e macroagresssioni avvenute durante turni di lavoro, tirocini, riunioni, nei grandi musei d’arte americani, dal MET al MoMA, dal Whitney Museum of American Art alla National Gallery of Art. Le testimonianze vengono inviate via DM e pubblicate con l’obiettivo di «Fare pressione sui musei statunitensi per andare oltre i proclami».

Il fondatore dell’account, un operatore di un museo di New York che preferisce rimanere anonimo, ha dichiarato ad Hyperallergic che le proteste internazionali contro il razzismo a seguito degli omicidi di George Floyd, Breonna Taylor e Rayshard Brooks li hanno spinti a considerare le questioni del razzismo nel loro posto di lavoro.

L’account ha anche fatto emergere il cameratismo tra gli operatori della cultura e il sostegno della comunità. «Se hai letto qualcuno di questi post puoi immaginare quanto possa essere doloroso per molte persone rivivere traumi del passato o persino traumi attuali o ricorrenti», hanno scritto. «Vedere la loro esperienza riflessa nella storia di qualcun altro è stato davvero incoraggiante per molti dei nostri follower; è una fonte di sollievo, sapere che il tuo incidente non è un caso isolato».

Le testimonianze

Il 27 giugno 2020, @ChangetheMuseum ha pubblicato una testimonianza anonima:

«Durante una riunione di tutto il personale SFMoMA, il senior curator bianco (Garrels) ha tenuto una presentazione su un gruppo di nuove acquisizioni. Ha terminato una presentazione sulle nuove acquisizioni di artisti di colore dicendo: “Non preoccuparti, continueremo sicuramente a collezionare artisti bianchi”».

Tra i post dell’account, è normale trovare casi in cui viene rivelata la cieca arroganza della leadership artistica bianca nei musei. Tuttavia, il post citato ha avuto effetti reali concreti. Dieci giorni dopo, in un secondo incontro del personale SFMoMA, avvenuto mediante Zoom, il senior curator Gary Garrels, secondo quanto riferito dalla persona citata in quel post, ha dichiarato che sarebbe stata una “discriminazione inversa” quella di giudicare la scelta di collezionare opere di soli artisti bianchi. A queste parole è seguita una petizione per chiedere le sue dimissioni. L’11 luglio 2020, due settimane dopo il post condiviso su @changethemuseum, Garrels si è dimesso, scusandosi.

La pagina @ChangetheMuseum si presenta quindi come un punto di riferimento dove tutti possono raccontare le discriminazioni e gli abusi subiti nel mondo dell’arte. «Siamo ancora una piccola squadra e tenere il passo con il notevole flusso di storie su Instagram è una sfida», scrive @ChangetheMuseum. 

Quali cambiamenti vogliono vedere nei musei è una domanda più che complessa. «Riteniamo che, per essere incisivi, i cambiamenti dovranno essere diversi per ciascuna istituzione. Una volta abbiamo sentito qualcuno dire: “Dovresti ascoltare di più le cose che non vuoi sentire”. E questo è probabilmente un ottimo punto di partenza per le istituzioni: ascoltare realmente le preoccupazioni del loro personale, riflettere veramente sul loro ruolo in un sistema razzista e cercare insieme strategie di cambiamento».

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