Black lives matter murales
Due notizie dal mondo dell’arte che hanno un denominatore comune: l’interferenza della politica nell’arte. A Washington DC scompare l’imponente scritta Black lives Matter, mentre ad Atene un grave disordine sconvolge la Galleria Nazionale.
Giorni dopo aver scritto una lettera con la quale chiedeva la rimozione di una mostra «Blasfema» esposta alla National Gallery di Atene, il deputato di estrema destra Nikolaos Papadopoulos, nella tarda mattinata di lunedì, 10 marzo, ha vandalizzato quattro opere dell’artista Christoforos Katsadiotis.
Secondo quanto riportato dal quotidiano ateniese Kathimerini e come confermato dalle telecamere di sorveglianza, due uomini in abiti scuri si sono mossi nello Spazio Intermedio della National Gallery. All’improvviso, entrambi si precipitano contro le opere di Christoforos Katsadiotis: le sollevano e le scaraventano a terra. Per via dell’intervento del personale di sicurezza, per un breve istante uno dei due uomini sembra esitare. Si allontana dal muro, fa un passo indietro, poi ritorna e smonta altre due opere, quindi le getta sul pavimento e le rompe con evidente disprezzo, quasi non curante di compiere un illecito penale per cui nessuna immunità parlamentare potrà valere a escluderne la responsabilità.
Uno dei due uomini è Nikolaos Papadopoulos, parlamentare rappresentante del partito Niki, che si muove nelle fila ultra-conservatrici. È noto all’opinione pubblica nazionale per le sue dichiarazioni controverse, suscettibili di ingenerare polemiche nel panorama politico e sociale del Paese. La sua retorica conservatrice e la strenua difesa di valori tradizionali non potevano non collidere con la mostra La seduzione del bizzarro, in particolare, con le opere di Christoforos Katsadiotis, da lui ritenute irrisorie e blasfeme.
Non si sa con certezza quali siano le opere dell’artista greco ad esser state distrutte. Inequivocabile è il motivo che ha presieduto un’azione tanto brutale quanto violativa della libertà di pensiero. Le incisioni di Katsadiotis hanno un un contenuto apertamente dissacrante e irrisorio della religione cristiana. Opere come Icon16 e Icon21 sono una riformulazione grottesca di iconografie cristiane.
Un deputato di estrema destra, instancabile e devoto crociato della fede ortodossa, non poteva sopportare un simile affronto, soprattutto in un paese dove la primazia della religione cristiana ortodossa è garantita dalla Costituzione (articolo 3). Il politico sostiene che due delle opere gli siano scivolate dalle mani dopo averle rimosse dalle pareti, provocando la rottura del loro vetro protettivo. Dichiarazioni smentite dalle telecamere di videosorveglianza.
Tuttavia, Papadopoulos non esclude di ribadire le proprie ragioni sui social media e tramite lettera inviata il 6 marzo alla direttrice del museo ove si legge: «La National Gallery, in quanto istituzione pubblica, non ha il diritto di consentire mostre che promuovono la blasfemia, la mancanza di rispetto e la scristianizzazione della nostra società».
Secondo fonti locali, l’atto vandalico del deputato è stato considerato minore per danni minori alla proprietà, motivo per cui è stato rilasciato dalla custodia.
La direttrice della National Gallery e curatrice della controversa mostra, Syrago Tsiara, ha scelto di mantenere esposte le opere, lasciandole a terra e con le teche di vetro rotte. Lei stessa ha spiegato che la decisione è stata presa per rendere testimonianza del danneggiamento subito.
A Washington invece sono iniziati i lavori per smantellare il murale Black Lives Matter, che si stagliava sulla 16th Street, dove si affaccia la residenza ufficiale del presidente Donald Trump. Sui social, la diffusione capillare di video di operai intenti a cancellare l’imponente scritta gialla, simbolo delle proteste per la morte di George Floyd, ucciso dalla polizia di Minneapolis, nel 2020. Tra i primi a pubblicare la notizia, proprio il neo presidente, che su Truth posta il video della rimozione.
I piani per rimuovere il murale sono stati annunciati dalla sindaca di Washington D.C. Muriel Bowser, dopo che i legislatori repubblicani hanno minacciato di tagliare milioni di finanziamenti per il distretto di Columbia. Bowser fu originariamente promotrice della realizzazione del murale.
Nel 2021, la sindaca di Washington, Muriel Bowser, aveva comunicato che il murale sarebbe diventato una parte permanente di una zona parzialmente pedonalizzata, ribattezzata Black Lives Matter Plaza. Ora, la stessa Bowser ha annunciato che sia il murale che l’area circostante saranno smantellati. Inversione di rotta dettata dal disegno di legge presentato da Andrew Clyde, deputato repubblicano della Georgia, che ha minacciato di congelare milioni di dollari di fondi federali per Washington se il murale non fosse stato rimosso e la strada su cui si trova non fosse stata rinominata Liberty Plaza.
Sebbene la rimozione del murale non porti con sé un significato spiccatamente politico, l’iniziativa promossa è contestuale ai tagli alle iniziative di diversità, equità e inclusione. Molte testate hanno criticato la vulnerabilità del distretto di Columbia che si rifugia sotto l’egida della presidenza Trump.
Non sfugge all’opinione pubblica che la National Gallery of Art di Washington, D.C. ha interrotto le sue iniziative per la Diversità, Equità e Inclusione – DEI, a seguito di un ordine esecutivo del presidente Donald Trump che ha posto fine a questi programmi.
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