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A Venezia, un provvedimento blocca l’affitto di proprietà private per le Biennali
Attualità
Il Comune di Venezia ha emanato un provvedimento per bloccare o, almeno, limitare l’affitto di proprietà private per mostre e allestimenti legati alle Biennali. Nonostante la notizia sia recente, sta già creando sgomento tra gli organizzatori e le istituzioni, che si preparano per la prossima Biennale di Architettura, in apertura il 22 maggio. La durata massima degli allestimenti è stata fissata a 180 giorni, compresi tempi di allestimento e smontaggio, preventivamente comunicati agli uffici competenti. È però consentito l’allestimento di mostre temporanee presso spazi privati, senza che i proprietari interessati ne facciano richiesta ufficiale.
È inoltre specificato dal decreto che dovranno trascorrere almeno 12 mesi tra lo smantellamento di una mostra e il nuovo allestimento, impedendo così agli edifici privati di ospitare mostre per l’intera durata della Biennale di architettura o d’arte, in genere di sette mesi (213 giorni). Gli edifici appartenenti a fondazioni o a organizzazioni senza scopo di lucro sono esentati da questa nuova restrizione.
Tra le mostre organizzate in residenze private ricordiamo la splendida mostra a Palazzo Pisani a Campo Santo Stefano, che ha ospitato il padiglione della Biennale di Venezia 2015 dell’Angola. L’allestimento era basato sull’idea di un dialogo intergenerazionale. La mostra si concentrava infatti su come una generazione più giovane di artisti e cittadini in un’Angola indipendente, potesse promuovere gli insegnamenti e i traguardi delle generazioni passate.
Nel decreto del Comune di Venezia però si precisa che il giardino storico di Ca’ Corner potrà essere affittato per la Biennale di architettura, per la durata di otto mesi.
Non è chiaro quali siano le ragioni di un provvedimento che finirà per deprimere un importante settore economico dell’economia veneziana, l’attività della Biennale, che sostiene i costi di proprietà di un edificio storico e i bilanci delle istituzioni culturali. Si tratta di una misura frettolosa in cui non sono state pensate le conseguenze pratiche? Oppure è un provvedimento che punta a scoraggiare chi vuole sfruttare l’audience della Biennale, proponendo progetti improvvisati e di bassa qualità, che vanno a ingolfare il calendario degli eventi collaterali (magari non ufficiali)? Staremo a vedere.
Vergognoso maneggio.
La Biennale ha sempre tentato in vari modi di osteggiare l’iniziativa dei piccoli curatori indipendenti, che spesso superano in qualità la talvolta pacchiana inclinazione della Biennale ormai simile a un parco a tema per attirare i turisti.
Ora questa mossa è la conferma di voler difendere gli interessi dell’istituzionalizzata Biennale, che si vede corrodere gli incassi d’ingresso da mostre a ingresso gratuito. I governi, come al solito, Invece di aiutare i deboli, continuano a fare patti coi forti.
D’altro canto è vergognoso anche l’atteggiamento dei proprietari che esigono cifre astronomiche per il noleggio dei locali espositivi, purtroppo nella logica del “business is business” nulla di umano, ideologico o artistico sopravvive, tutti a scannarsi per lo stramaledetto denaro.