La corte d’appello di Lione ha riconfermato la pena di due anni di reclusione con condizionale a Pierre Le Guennec, l’elettricista di Picasso che ha “custodito” 271 opere del maestro cubista per circa 40 anni nel suo garage. Condannata anche la moglie Danielle. Potrebbe essere la conclusione di un iter giuridico iniziato nel 2010, quando Le Guennec si presentò a Claude Ruiz Picasso, figlio dell’artista e capo della Picasso Administration, per richiedere i certificati di autenticità.
Nella sua prima dichiarazione, l’elettricista ammise di aver ricevuto in dono queste opere per i lavori svolti nelle varie proprietà di Picasso, come l’installazione di impianti di sicurezza. In tutta risposta, la Picasso Administration, attraverso gli eredi, denunciò immediatamente i coniugi Le Guennec per il sospetto di appropriazione indebita delle opere. Realizzate tra il 1900 e 1932, tra di esse si contano dei rari collage cubisti, litografie, un lavoro del Periodo Blu e decine di disegni, per un valore complessivo stimato tra i 60 e i 70 milioni di euro.
Le Guennec ha poi riadattato la versione sostenendo che erano parte di una grande collezione dell’ultima moglie di Picasso, Jacqueline. Dopo la morte dell’artista, avvenuta nel 1973, quest’ultima si sarebbe recata dall’elettricista per lasciargli più di una dozzina di sacchi contenenti opere per poi tornare tempo dopo e recuperarle tutte a parte una, che avrebbe lasciato come compenso a Le Guennec.
La prima sentenza, nel 2015, aveva condannato i coniugi per appropriazione indebita ed è stata confermata anche nel 2016. Nel 2018 la Corte Suprema ha però annullato la sentenza e ordinato un nuovo processo, il cui ultimo svolgimento ha infine riconfermato la condanna originale, che consentirà ai Le Guennec di evitare i due anni di reclusione, a patto di rispettare la condizionale.
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