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Dalla Telescuola alla DAD: tutte le volte che l’insegnamento è diventato un progetto visionario
Attualità
24MM, Il servizio di approfondimento di RaiNews24, ha dedicato una recente puntata al progetto Telescuola, un’avanguardistica attività educativa della RAI di portata internazionale istituita nel 1958. Telescuola fu impiegata per combattere massicciamente e velocemente l’analfabetismo. Raggiunse in poco tempo non soltanto la popolazione urbana più povera, ma soprattutto quella collocata in piccolissimi centri rurali inferiori ai tremila abitanti o residente in piccolissime isole sprovviste di una scuola media.
Telescuola fu riconosciuta dal ministero dell’Istruzione e diffusa anche nello stato Vaticano e nella Svizzera italiana. Perfino Papa Giovanni XXIII ammise di seguire in diretta le videolezioni. La rivista Civiltà Cattolica difese in quegli anni l’iniziativa contro chi l’accusava di sostituirsi alla scuola tradizionale. Le fabbriche del Nord avevano bisogno di manodopera, e Telescuola diede una mano a istruire a distanza molti futuri lavoratori.
Nel 2020 per via della pandemia abbiamo assistito a una ripresa generale della Dad, questa volta diffusa via web. La Dad ancora una volta ha dimostrato che non solo può avere importanti ruoli emergenziali ma è anche capace di attuare la cosiddetta giustizia spaziale: è il caso degli studenti ucraini rifugiatisi in Italia che hanno continuato in molti casi a collegarsi con i loro insegnanti rimasti nel loro paese, o la studentessa che un paio d’anni fa era rimasta bloccata nel traffico che discusse la tesi di laurea in diretta dalla sua automobile collegandosi col suo smartphone.
La recente pandemia, la Dad e l’intelligenza artificiale ci porteranno anche a ripensare l’architettura universitaria e scolastica. Alcuni esempi del passato possono essere nuova fonte d’ispirazione: già nei primi del Novecento si diffusero negli Stati Uniti e in nord Europa le open air school. Erano scuole allestite all’aria aperta, che abbattevano il rischio di contrarre la tubercolosi durante la prima guerra mondiale. Queste innovative pratiche educative svolte all’esterno, non solo in estate ma anche nei freddi inverni, spazzarono via i vecchi principi compositivi della progettazione scolastica grazie anche alle nuove tecnologie del razionalismo architettonico. Si crearono così aule a terrazzo e aule con pareti mobili ai piani terra che guardavano verso i prati, con sullo sfondo il paesaggio naturale boschivo o agrario. Lo storico dell’architettura Michael Hays in una sua lezione a Harvard ha parlato dell’importanza nell’architettura moderna, in termini sanitari, in particolare dei terrazzi e dei giardini pensili: «La terrazza sul tetto ricorda la vita preindustriale, che si viveva di più all’aperto», diceva. Era un valore spaziale che bisognava recuperare.
Telescuola fu pensata per connettere la più lontana periferia italiana col mondo moderno dell’istruzione. Venivano insegnate numerose materie: dalle letterarie alle scientifiche fino alle arti. Un pioniere che modernizzò la didattica delle arti visive fu il pittore Enrico Accatino, a cui si deve la definizione Educazione artistica. Nei primi tre anni di Telescuola sono stati distribuiti tra i 100mila e i 145mila libri di testo. Erano chiamati fascicoli e venivano stampati in brossura dalla casa editrice ERI, a cui successivamente si affiancò la pubblicazione di vinili e la filodiffusione. Vennero creati duemila posti di ascolto televisivi (PAT), con circa 32mila alunni di cui il 60% erano meridionali. Nonostante l’apertura di tanti PAT, qualche studente ogni giorno era costretto comunque a percorrere a piedi 11-12 chilometri per raggiungere la sede. I PAT potevano essere aperti ovunque: stalle, camere del lavoro, oratori, manicomi, sale comunali, conventi.
Oggi, vinta la lotta all’analfabetismo, esistono infinite possibilità per incidere nel campo dell’istruzione, della formazione e della divulgazione della cultura, sviluppando anche progetti ibridi materiali-immateriali. Riguardo ai progetti ibridi, già negli anni Sessanta l’architetto inglese Cedric Price immaginò un’università fatta con vagoni trasformati in unità didattiche mobili su dei binari, un’università che potesse raggiungere gli studenti anche nei luoghi più poveri, impervi e lontani. Il contrario, insomma, di come attualmente sono pianificati e costruiti gli spazi d’istruzione e universitari. Potteries Thinkbelt, il nome di questo visionario progetto di Cedric Price, era un geniale ripensamento del sistema universitario tradizionale inglese. Era il contrario di un campus centralizzato, ben fuso con un sistema ferroviario centenario non più in uso in Inghilterra. Il Potteries Thinkbelt era munito anche di aule gonfiabili, scrivanie pieghevoli e carrelli informativi, parti che potevano essere combinate e trasferite in vari luoghi in base alle necessità.