Non accenna a placarsi la polemica che ha coinvolto Documenta 15 a Kassel, in Germania, i cui curatori, il collettivo indonesiano Ruangrupa, sono stati tacciati di antisemitismo. La mostra era finita al centro del mirino già prima dell’apertura, con tanto di atti di vandalismo perpetrati da gruppi di estremisti politici di difficile collocazione. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata un grande striscione del collettivo artistico Taring Padi, anche loro indonesiani, esposto il giorno dell’apertura, a Friedrichsplatz. Intitolata People’s Justice, nell’opera compaiono immagini controverse, come soldati del Mossad, il temuto servizio segreto dello Stato di Israele, con la Stella di David e una figura con il simbolo delle “SS” sul cappello. L’opera è stata prima ricoperta e poi rimossa e adesso la più importante manifestazione internazionale d’arte contemporanea – insieme alla Biennale di Venezia – è diventata un argomento di discussione per il Bundestag, il Parlamento tedesco.
Il ministro della Cultura Claudia Roth, Daniel Botmann, amministratore del Central Council of Jews in Germany, l’organo rappresentativo ufficiale della comunità ebraica in Germania, la ministra dell’Arte dell’Assia, Angela Dorn, e la direttrice generale di Documenta, Sabine Schormann, conferiranno per la prima volta sugli eventi questo mercoledì, nella Commissione Cultura del Parlamento. Giovedì il Bundestag discuterà la questione su richiesta del gruppo parlamentare CDU/CSU, la coalizione di partiti dell’area del centro destra.
Nella sua mozione, la coalizione richiede «risposte trasparenti e coerenti» allo scandalo. «È del tutto incomprensibile che finora non siano state individuate responsabilità personali», ha affermato la portavoce per la politica culturale del CDU/CSU, Christiane Schenderlein. La proposta è infatti istituire una apposita commissione investigativa indipendente, che possa ricostruire le decisioni curatoriali e organizzative e attribuire le responsabilità. Le conseguenze potrebbero essere significative non solo per il collettivo di curatori di Ruangrupa ma anche per la stessa Documenta, che gode di fondi federali. Di certo, una ingerenza così esplicita nell’organizzazione di una mostra di livello internazionale rappresenta un precedente importante.
Secondo quanto riportato da varie fonti tedesche, Roth aveva già chiesto delle modifiche alla struttura di Documenta. Per la Ministra – che fa parte dei partito dei Verdi e si era espressa sulla questione concordando sul fatto che il contenuto dell’opera fosse antisemita –, il ritiro del governo federale dal consiglio di sorveglianza, nel 2018, è stato «Un grave errore». In sostanza, il governo ora vuole più influenza, altrimenti potrebbe togliere fondi. «La dignità umana, la protezione dall’antisemitismo, così come dal razzismo e da ogni forma di misantropia sono le basi della nostra convivenza, ed è anche qui che la libertà artistica trova i suoi limiti», dichiarava Roth. Hanno invece negato ogni accusa i membri di Taring Padi: «Le nostre opere non contengono contenuti che mirano a ritrarre popolazioni in modo negativo». Intanto, il cancelliere Olaf Scholz ha annullato una visita al festival per protestare contro le immagini «Disgustose» che vi sono presentate.
Da anni fiore all’occhiello delle manifestazioni culturali tedesche – e non solo, considerando la caratura internazionale “leggendaria” – adesso Documenta sembra essere diventata un ingombro da emendare. O, almeno, da tenere sotto controllo.
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