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Un team di archeologi marini ha scoperto il relitto dell’Endurance, una delle navi naufragate più famose della storia, sommerso nelle acque del Mare di Weddell, a ridosso del Continente Antartico. La nave era guidata dal leggendario esploratore britannico Ernest Shackleton e che nel 1915 rimase imprigionata tra i ghiacci, finendo per affondare. L’equipaggio riuscì a salvarsi e venne recuperato dopo mesi di permanenza sulla piccola isola montuosa di Elephant Island. Grazie alle particolari condizioni climatiche e ambientali, il relitto è in condizioni notevoli.
Composta da 64 membri, la spedizione Endurance22 ha trascorso le ultime due settimane alla ricerca scrupolosa dei resti della nave, utilizzando dei droni sottomarini. Gli archeologi avevano ristretto la ricerca a un’area di pochi metri quadrati nei dintorni dell’ultima posizione registrata della nave, che è stata effettivamente trovata poco distante a sud di quel punto. Ma l’impresa è stata a dir poco ardua, date le temperature a dir poco gelide e la profondità: la nave è stata ritrovata, in posizione verticale, a quasi 1000 metri di profondità, con le acque principalmente ghiacciate, ovviamente. «Abbiamo scritto la storia polare con la scoperta della Endurance e abbiamo completato con successo la ricerca di relitto più impegnativa del mondo», ha dichiarato con entusiasmo John Shears, tra i componenti della spedizione.
«Questo è stato il progetto sottomarino più complesso mai intrapreso, con diversi record mondiali raggiunti per garantire il rilevamento sicuro della Endurance», ha affermato Nico Vincent, responsabile del progetto sottomarino della spedizione.
La nave di legno fu abbandonata tra l’ottobre e il novembre del 1915 durante la spedizione imperiale britannica trans-antartica guidata dall’esploratore Ernest Shackleton e partita nel 1914. Il suo viaggio fu interrotto a gennaio del 1915 quando, sorpresa dal gelo, la nave rimase incagliata nel ghiaccio a 80 miglia dal continente antartico. Per i successivi dieci mesi venne trascinata verso nordovest alla deriva nel pack. Il 21 novembre del 1915 la nave, ormai drammaticamente compressa dal ghiaccio della banchisa, dopo 281 giorni dall’incagliamento, sprofondò nei pressi del 70º parallelo di latitudine Sud. «Nell’Endurance avevo riposto ambizione, speranza e desiderio. Adesso, gemendo e stridendo, mentre i suoi legni si spezzano e le sue ferite sanguinano, sta lentamente morendo, proprio ora che la sua carriera era appena iniziata», scriveva Shackleton nel suo diario.
L’equipaggio trascorse i cinque mesi successivi accampandosi sui banchi di ghiaccio, fino a quando parte di esso riuscì a navigare verso la disabitata Elephant Island grazie a delle scialuppe di salvataggio. Da lì, il capitano e cinque uomini intrapresero una pericolosa traversata in mare aperto, per raggiungere un insediamento nella Georgia del Sud e trovare soccorsi. Dopo tre mesi, riuscirono a tornare indietro e a salvare gli altri membri dell’equipaggio. Sorprendentemente non ci furono vittime.
La ricerca della nave perduta è costata 10 milioni di dollari, finanziati da un donatore che ha preferito rimanere anonimo, organizzata dal Falkland Maritime Heritage Trust. La spedizione ha lasciato Città del Capo all’inizio di febbraio a bordo dell’Agulhas II, un rompighiaccio sudafricano che a sua volta è rimasto intrappolato nel ghiaccio per un giorno. Ma la missione ha subito solo piccoli problemi tecnici con i droni sommergibili alimentati a batteria.
Il fondo dell’oceano è stato scansionata in turni di sei ore due volte al giorno, utilizzando il sonar per identificare le aree rialzate del fondale marino. Dopo che il relitto è stato rilevato, i droni sono stati dotati di telecamere ad alta risoluzione e altri strumenti per documentare la scoperta. Le immagini sono state le prime viste della nave, da quando il fotografo della spedizione, Frank Hurley, le scattò poco prima dell’affondamento, 107 anni fa.
Poiché l’Endurance è considerato un monumento storico ai sensi del Trattato sull’Antartide del 1959, la spedizione ha lasciato il relitto al suo posto. Il team prevede di utilizzare filmati, scansioni laser e altri dati per mostre museali e un documentario.