La storia di Curon è quella di un piccolo paese di 163 case nella Val Venosta, in Alto-Adige, di cui oggi non resta quasi traccia. Tuttavia, nelle ultime settimane si è verificato un evento tanto raro quanto affascinante: il suggestivo panorama caratterizzato dal solitario campanile che emerge dal Lago Resia, è stato sostituito dalle rovine del vecchio paesino, riemerse dopo quasi 71 anni.
Il campanile nel lago è diventato un’attrazione turistica anche per il pubblico straniero e motivo di ispirazione per la letteratura, con il romanzo di Marco Balzano, Io resto qui, per la televisione, con la serie televisiva Netflix Curon, diretta da Fabio Mollo e Lyda Patitucci, fino al mondo dei videogiochi, con A painter’s tale: Curon, 1950.
Dietro Curon si cela però una storia drammatica che ha inizio già alla metà dell’Ottocento e i cui sviluppi più importanti si situano all’inizio del secolo scorso. Tra il 1910 e il 1920 prese forma un progetto per la costruzione di un bacino artificiale per la produzione di energia idroelettrica che, nei primi anni Venti, si concretizzò definitivamente nella realizzazione di una diga a terra per collegare i due laghi naturali della zona, il lago di Curon e il lago di Resia. Questa grande opera, portata avanti dalla Compagnia Elettrica Montecatini, prevedeva l’innalzamento del livello dell’acqua da 5 a 22 metri, causando quindi l’inevitabile cancellazione del piccolo borgo. Durante questo lungo processo le necessità della popolazione residente non hanno avuto peso e le loro richieste di dialogo con le autorità rimasero inascoltate.
Le operazioni iniziarono nel 1939 e per qualche anno furono sospese a causa della guerra, riprendendo però grazie a finanziamenti svizzeri nel 1947. All’inizio del 1950 i lavori si conclusero con l’evacuazione delle famiglie e la demolizione delle case. L’unico edificio a essere risparmiato fu la torre campanaria, facente parte di una struttura romanica della metà del quattordicesimo secolo, la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.
Il famoso campanile, scampato alle demolizioni in quando bene culturale, da 70 anni continua a essere simbolo del borgo sommerso e della sua storia. Durante questo periodo, le macerie coperte dall’acqua non avevano mai visto la luce, salvo in rare occasioni nei periodi più caldi dell’anno nel dopoguerra, ma, a causa di alcuni lavori di manutenzione del bacino idrico artificiale, il lago è stato svuotato, facendo riaffiorare i resti del piccolo paese.
L’antico campanile che si staglia sulla distesa d’acqua è diventato nel tempo un luogo unico nel suo genere che oggi riscopre la storia della Val Venosta e di Curon. Per poco tempo il paesino si riapproprierà della sua memoria storica e delle sue rovine, facendo riemergere vicende e tracce di un passato perennemente nascosto dall’acqua del lago e spesso dimenticato.
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