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Il Metropolitan Museum of Art ha annunciato che rimuoverà le targhe celebrative della famiglia Sackler da sette spazi espositivi, inclusa la celebre Sackler Wing, che include i suggestivi reperti dell’antico Tempio di Dendur. Un’altra vittoria per Nan Goldin e il suo movimento contro la Purdue Pharma, la società farmaceutica di proprietà dei Sackler e produttrice dell’Oxycontin, un farmaco oppiaceo ritenuto responsabile di circa 500mila decessi negli Stati Uniti.
Una lunga crociata
Sono ormai diversi anni che l’artista e fotografa, famosa per la sua struggente serie fotografica “The Ballad of Sexual Dependency”, sta portando avanti la sua battaglia che, iniziata per mettere in evidenza i legami tra i Sackler e alcune tra le istituzioni museali più importanti in tutto il mondo, ha avuto il merito di aprire il vaso di Pandora della filantropia tossica.
Sulla stessa scia, per esempio, si colloca anche la protesta di Michael Rakowitz contro gli investimenti poco etici da parte del board del MoMA. In questo caso, le dimostrazioni di Rakowitz e di altri 150 artisti portarono alle dimissioni di Leon Black, collezionista e presidente del MoMA, oltre che principale azionista di società di investimento impegnate nella fornitura di servizi di gestione del rischio, vale a dire contractors, cioè compagnie di militari prezzolati.
Lo scontro tra i Sackler e Nan Goldin parte da una esperienza personale: l’artista iniziò la sua campagna contro la Purdue Pharma nel 2014, dopo aver sviluppato una dipendenza dall’OxyContin, regolarmente prescritto per curare una tendinite. Da allora, Goldin ha portato la sua protesta in tutti i musei collegati alla famiglia, anche attraverso le manifestazioni e i sit-in del collettivo PAIN Prescription Addiction Intervention.
Nel 2019, il Louvre rimosse ogni riferimento al nome della famiglia Sackler dai suoi apparati informativi nelle sale e dal suo sito web. Nello stesso anno, la National Portrait Gallery di Londra ha deciso di non dare seguito alla proposta di donazione di 1 milione di sterline da parte del Sackler Trust, dopo la minaccia di Nan Goldin di boicottare la mostra che lo stesso museo londinese le avrebbe dedicato.
Sempre nel 2019, il Metropolitan aveva già annunciato che non avrebbe più accettato donazioni da parte della famiglia di filantropi, specificando però di non avere intenzione di cambiare il nome dell’ala del museo dedicata alla famiglia, la Sackler Wing appunto, almeno fino a quando sarebbero stati in corso i contenziosi in cui è coinvolta la società, citata in giudizio da più di 1500 città e contee statunitensi.
Il cerchio si stringe intorno ai Sackler: la mossa del Metropolitan
Negli ultimi mesi, però, il cerchio si è stretto intorno alla Purdue Pharma e pochi giorni fa un giudice ha respinto l’accordo fallimentare proposto dalla società, andata in bancarotta. E così il Met ha fatto la sua mossa, rimuovendo le intitolazioni delle sale. Ma non di tutte. La Arthur M. Sackler Gallery nella Asian wing e la Marietta Lutze Sackler Gallery nell’ala dedicata all’arte moderna e contemporanea conserveranno i loro nomi. Secondo quanto riportato dal New York Times, il lato della famiglia di Arthur M. Sackler – Marietta Lutze Sackler è stata la sua seconda moglia – ha disinvestito dalla Purdue Pharma dopo la sua morte. «Questo in realtà non aiuta nella crisi degli oppiacei, ma almeno si individuano i responsabili», ha commentato Goldin.