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Il collettivo artistico palestinese QOF – The Question of Funding ha riferito che la propria galleria di riferimento di Gaza, Eltiqa, è stata totalmente distrutta da un attacco aereo israeliano all’inizio di dicembre. Il collettivo ha partecipato alla 15ma edizione di documenta di Kassel nel 2022 – quella contestatissima, curata dagli indonesiani Ruangrupa – e la galleria d’arte in cui operava era attiva da tempo nella vivace zona di Omar Al-Mukhtar Street, nel centro di Gaza City. Sui canali social del collettivo sono state diffuse le immagini dello spazio espositivo dopo il bombardamento e la distruzione è stata anche confermata dal Ministero della Cultura palestinese.
La galleria Eltiqa distrutta dai bombardamenti a Gaza: «Qual è il significato dell’arte adesso?»
Eltiqa è stata fondata a Gaza City nel 2002 da sette artisti multidisciplinari palestinesi, offrendo spazi espositivi, workshop e percorsi educativi. L’anno scorso, Eltiqa è stata invitata a co-curare una mostra insieme al collettivo Question of Funding, per Documenta 15 a Kassel, in Germania. In quella occasione, la mostra fu presa di mira da vandali, che fecero irruzione nella sede espositiva imbrattandone i muri con scritte offensive e fasciste.
QoF ha affermato di essere in contatto con i membri di Eltiqa, che sono stati sfollati dal quartiere e hanno perso vari famigliari durante la campagna militare israeliana. In un post su Instagram, il collettivo ha spiegato che, dopo il bombardamento del 4 dicembre, la popolazione locale è entrata nello spazio distrutto, rimuovendo le opere d’arte e i mobili per trovare materiale per accendere fuochi. «I membri di Eltiqa sono addolorati nel sapere che le loro opere d’arte sono state bruciate, ma si sono anche chiesti qual è il significato dell’arte adesso? La vita delle persone non è molto più importante?», se legge nel post.
«Nel 2022, durante documenta 15, Mohamamd Al Hawajri è stato accusato di antisemitismo dai media tedeschi a causa della sua opera Guernica Gaza», realizzata inserendo scene di guerra a Gaza sullo sfondo dei capolavori dell’arte europea. «Lo accusarono di antisemitismo – continua il collettivo nel suo post – perché dicevano che paragonando il bombardamento di Guernica al bombardamento di Gaza avrebbe paragonato anche il bombardamento nazista di Guernica al bombardamento israeliano di Gaza, come se i palestinesi non potessero appartenere alla storia e alla memoria di questo mondo. Pochi giorni fa, durante il Memorial Day di Guernica, il popolo di Guernica ha formato insieme un’enorme bandiera palestinese in solidarietà con il popolo di Gaza. Coloro che imparano dalla storia sanno con chi schierarsi, coloro che imparano dalla storia sanno cosa significa realmente “mai più”».
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Un post condiviso da The question of funding مسألة التمويل (@the_qof_collective)
Le conseguenze della guerra a Gaza nell’arte
È arrivato a circa 21mila morti e 55mila feriti tra la popolazione palestinese il tragico conto della guerra che, scoppiata all’indomani dell’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023, sta devastando il territorio della Striscia di Gaza. Da parte israeliana, oltre alle 1139 vittime dell’attentato, sono 165 i soldati che hanno perso la vita nel corso dell’invasione. Ma una tregua sembra lontanissima e le operazioni si intensificano e si estendono: nei giorni scorsi, un raid dell’esercito israeliano nel campo profughi di Nur Shams, in Cisgiordania, ha portato alla morte di almeno sei palestinesi. L’Iran ha poi accusato Israele dell’uccisione di un comandante dei Guardiani della Rivoluzione, i Pasdaran, in un raid alla periferia di Damasco, la capitale della Siria.
La guerra ha causato profonde fratture anche nel settore dell’arte e della cultura, dalle dimissioni di massa del board di documenta alle lettere aperte a supporto dell’una o dell’altra fazione, con i relativi strascichi. Durante l’attacco del 7 ottobre, era andata distrutta la Galleria del Kibbutz Be’eri, al confine meridionale di Israele, una delle più attive della zona, sostenuta dal governo israeliano e gestita dagli artisti e curatori Ziva Jelin e Sofie Berzon MacKie. A novembre, al MAXXI di Roma era stata anche presentata una installazione che consentiva al pubblico di svolgere una visita virtuale nella Galleria.
Recentemente, il lungo rapporto professionale tra Mike Parr – che poche settimane fa ha presentato una mostra a Napoli, da Casa Morra – e la prestigiosa Galleria Anna Schwartz è stato interrotto, a seguito di una performance di “pittura cieca” svolta dall’artista australiano a Melbourne. Durante l’azione, intitolata Going Home, Parr aveva osato dipingere le parole “Israel”, “nazist” e “apartheid”, facendo riferimento anche alla pulizia etnica operata dal governo israeliano. A seguito della performance, Schwartz ha comunicato a Parr, tramite email, la cessazione del rapporto, a causa di «Una grave violazione della fiducia e di differenze di valori», ordinando all’artista di rimuovere tutto il proprio lavoro – decenni di materiale artistico – dalla galleria e dall’archivio. Parr ha respinto categoricamente le affermazioni di Schwartz, descrivendo la sua reazione come censoria e «Isterica» e spiegando di aver fornito in anticipo una panoramica della performance, ricevendo il via libera dalla galleria.