Nella giornata di oggi, le delegazioni della Russia e dell’Ucraina hanno in programma un incontro in una zona al confine della Bielorussia, per negoziare un accordo di pace. Intanto, la valuta russa crolla al minimo storico e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede l’immediata adesione del suo Paese alla UE, mentre la Cina invita alla calma ma si schiera contro le sanzioni economiche. Questa guerra si combatte su vari fronti e in più modi, si ripercuote in molti aspetti della vita quotidiana e suscita reazioni in tutti i settori. Il mondo dello sport è intervenuto duramente, la FIFA ha vietato l’inno nazionale russo durante le partite di calcio per le qualificazioni ai mondiali. E anche l’arte ha reagito: già abbiamo scritto di come il team del Padiglione Russo abbia deciso di sospendere i lavori per il progetto per la 59ma edizione della Biennale d’Arte di Venezia, in apertura ad aprile 2022. Obbligati a interrompere il lavoro anche l’artista Pavlo Makov e i curatori del Padiglione Ucraina: «Siamo determinati a rappresentare il nostro Paese ma non tutto dipende da noi».
E gli effetti degli eventi bellici continuano a riflettersi anche dalla stessa Russia sull’importante manifestazione in Laguna che, come già accaduto in altre occasioni, fa da cartina di tornasole della situazione politica e sociale del tempo. La V-A-C Foundation, istituzione nata a Mosca nel 2009 su impulso di Leonid Mikhelson e Teresa Iarocci Mavica e che da 2017 ha aperto anche una sede a Venezia, a Palazzo delle Zattere, ha annunciato di voler sospendere le attività previste durante la Biennale.
«Fino a quando la tragedia umana e politica che si sta svolgendo in Ucraina non sarà cessata»: chiude le porte anche il Garage Museum of Contemporary Art di Mosca, che solo pochi mesi fa aveva presentato i progetti di ristrutturazione e ampliamento della sua sede a Gorky Park. Fondata dalla collezionista e imprenditrice Dasha Zuhkova, ex moglie di Roman Abramovic, «Garage è da sempre un’istituzione internazionale aperta a una pluralità di voci. Siamo categoricamente contrari a tutte le azioni che seminano divisione e creano isolamento. Ci consideriamo parte di un mondo più ampio non diviso dalla guerra».
In questi giorni, poi, Nadya Tolokonnikova, tra le fondatrici del famoso collettivo artistico Pussy Riot, ha lanciato una DAO – cioè un’organizzazione autonoma decentralizzata formata da membri le cui transazioni finanziarie sono mantenute su una blockchain – per raccogliere fondi per le organizzazioni umanitarie ucraine che stanno aiutando le persone sfollate e in pericolo. Un drop di 10mila NFT coniati su Ethereum andrà a beneficio della Return Alive Foundation e della ONG Proliska.
«Le sanzioni contro il Cremlino non erano abbastanza dure quando Putin ha annesso la Crimea nel 2014. Così ha incarcerato Navalny, ha trasformato la vita delle Pussy Riot e di altri attivisti russi in un inferno, costringendo molti di noi a lasciare la propria casa e scappare. E ora ha iniziato una guerra in Europa. Quando sarà abbastanza?», si legge in una dichiarazione rilasciata dall’account Twitter delle Pussy Riot.
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