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Conflitto tra Azerbaigian e Armenia: l’ICOM denuncia gravi danni al patrimonio culturale
Attualità
Al confine tra Azerbaigian e Armenia si combatte ormai da più di una settimana ma, negli ultimi giorni, i bombardamenti si sono intensificati, andando a colpire obiettivi civili, scuole, ospedali e anche musei: a denunciare la situazione, il CICR – Comitato internazionale della Croce Rossa e l’ICOM – International Council of Museums. L’istituzione, che rappresenta la comunità dei musei nel mondo, ha espresso grave preoccupazione per il conflitto in corso nella regione del Nagorno-Karabakh, per il suo impatto umanitario e per i gravi danni al patrimonio culturale locale.
Secondo i rapporti ricevuti dall’ICOM, sia da parte dell’Armenia che da parte dell’Azerbaigian, si starebbero perpetrando gravi violazioni delle leggi e delle consuetudini per la salvaguardia dei beni culturali, applicabili in caso di conflitti armati e sancite dalla risoluzione 884 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata all’unanimità il 12 novembre 1993. Tra i siti danneggiati o distrutti, anche alcuni musei che testimoniano l’incredibile eredità storica dell’area del Caucaso.
La delicata situazione geopolitica tra Armenia e Azerbaigian
Il conflitto però è di lunga data e risale a trent’anni fa, quando l’Armenia assunse il controllo del Nagorno Karabakh, regione appartenente geograficamente all’Altopiano armeno e in prevalenza armena ma considerata come una zona cuscinetto azera. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, la locale popolazione armena dell’area – allora sotto il controllo dell’Azerbaigian, al quale l’URSS l’aveva affidata fin dal 1923 – cominciò a mobilitarsi per riunire la regione alle madrepatria, con il supporto dell’Armenia stessa.
Nel 1991, il soviet locale diede impulso alla costituzione della Repubblica del Nagorno Karabakh ma la reazione militare azera portò a un conflitto che si concluse nel 1993, con un accordo di cessate il fuoco. Da quel momento, Francia, Russia e Stati Uniti, riuniti nel Gruppo di Minsk, si occupano di portare avaneti i negoziati di pace ma, a partire dal 2012, la tensione nell’area è progressivamente aumentata, fino alla Guerra dei quattro giorni dell’aprile 2016, con la violenta e fulminea offensiva dell’Azerbaigian per riconquistare la zona. Le manovre di questi giorni sono dunque lo strascico violento di una situazione che perdura da tempo e che potrebbe sfociare in un conflitto più esteso.
Nelle ultime ore, infatti, i bombardamenti hanno colpito anche zone comprese al di là del territorio conteso del Nagorno-Karabakh, come la capitale della Repubblica, Stepanakert, e le città azere di Ganja e Mingachevir. Contando che la Russia ha una intesa difensiva con l’Armenia ma anche interessi diretti nel gas e nel petrolio azeri, la volontà è spegnere il fuoco al più presto e a favore di una risoluzione pacifica e immediata è anche la Turchia,che però parteggia per l’Azerbaigian.
Le preoccupazioni bilaterali dell’ICOM
In un quadro così complesso, anche lo stesso ICOM, la cui direzione generale ha espresso timore per la situazione dei siti culturali, si presenta frammentato nelle sue diramazioni territoriali, con le sezioni armene e azere che, anche in questo caso, scaricano la responsabilità delle devastazioni.
«Secondo fonti credibili, la Turchia sta reclutando combattenti terroristi stranieri dalle parti della Siria, attualmente sotto il controllo dell’esercito turco in Azerbaigian, per utilizzarli nel conflitto del Nagorno-Karabakh», dichiarano dalla sezione armena dell’ICOM.
«Questo dicembre sarà il quindicesimo anniversario del più recente e famigerato degli atti di vandalismo culturale commessi a Nakhijevan. Diverse migliaia di gigantesche croci incise e lapidi del cimitero armeno medievale di Old Jugha a Nakhijevan sono state demolite dall’esercito azero, in tempo di pace. Ci sono ampie prove, comprese foto e video, che mostrano la distruzione del patrimonio culturale armeno. In totale 89 chiese medievali, 5840 croci riccamente decorate e 22mila lapidi storiche sono state demolite solo a Nakhijevan, tra il 1997 e il 2006», continuano dall’ICOM armeno.
Ma la campana suona anche dall’altro lato. «Per quasi 30 anni, l’Armenia ha continuato a occupare illegalmente circa il 20% del territorio riconosciuto a livello internazionale come possedimento dell’Azerbaigian, compresa la regione del Nagorno-Karabakh e sette distretti circostanti», si legge in una dichiarazione dell’ICOM azero.
«A partire dalla mattina del 27 settembre, unità delle forze armate armene, violando gravemente il cessate il fuoco, hanno bombardato le posizioni azere usando l’artiglieria. Oggi, l’esercito armeno prende deliberatamente di mira la popolazione civile e danneggia le strutture e le infrastrutture dei civili e gli ospedali nei distretti Tartar e Goranboy dell’Azerbaigian, violando gravemente il diritto internazionale umanitario, comprese le Convenzioni di Ginevra».
Secondo Shirin Melikova, presidente dell’ICOM Azerbaigian, sono andate distrutte o danneggiate centinaia di istituzioni culturali, inclusi 22 musei e filiali museali con oltre 100mila manufatti, quattro gallerie d’arte, quattro teatri, due sedi di concerti, otto parchi culturali, più di 700 monumenti storici e culturali, inclusi il ponte Khoda-Afarin nel Distretto di Jabrail (VII-XII secolo), i templi Ganjasar e Khudavand a Kalbajar (XIII secolo), un mausoleo nel villaggio Khachyn Turbatli di Aghdam (XIV secolo), la grotta Azykh a Fuzuli, uno degli insediamenti più antichi del mondo.
La dichiarazione della Biennale di Yerevan
In risposta all’attuale crisi, la Yerevan Biennial Art Foundation ha deciso di annullare il calendario della Biennale di Yerevan, che avrebbe dovuto svolgersi online. I progetti saranno accessibili online liberamente, senza la programmazione prevista. «Anche solo simbolicamente, è importante essere presenti e mostrare la nostra umanità. Crediamo fermamente che l’arte, la cultura e l’istruzione giochino un ruolo vitale nella vita di un Paese. In effetti, esprimono l’essenza stessa di un popolo, così come la loro vitalità intellettuale e unicità. Senza arte, cultura e istruzione, la nostra identità collettiva e individuale è persa e prevale la logica della guerra», scrivono dalla Biennale.