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Il futuro dei musei, da “minori” a “generativi”
Attualità
di Stefano Monti e Carolina Megale
Il tema dei Musei cosiddetti minori, in Italia, è un tema molto discusso, in merito al quale esistono sostanzialmente due correnti di pensiero: da un lato gli strenui difensori dell’istituzione museale a tutti i costi, dall’altro invece chi ritiene che i Musei minori vadano “chiusi” o “accorpati”.
Una possibile strada alternativa è percorribile: valorizzare i Musei con progetti che permettano di trasformarli da spazi poco frequentati a motori di sviluppo della collettività.
Ed è forse questa la strada maestra, quella che conduce alla massimizzazione del beneficio sociale.
In Italia, la maglia dei Musei minori è estremamente estesa e rappresenta una rete di “hotspot” culturali che, al momento, è soltanto scarsamente valorizzata: un Museo vuoto (grande o piccolo che sia) non solo è un costo per la collettività, è uno spreco di opportunità.
Perché se da un lato i musei più diffusi sul territorio (come del resto anche il nostro tessuto imprenditoriale) soffrono di “nanismo”, è anche vero che una gestione agile e dinamica dell’istituzione culturale potrebbe portare alla creazione di un capitale di conoscenza estremamente ricco e capillare.
Per realizzare questo tipo di approccio, tuttavia, è necessario avviare un percorso di ri-definizione dei Musei, soprattutto nei criteri e nelle modalità gestionali, per far sì che essi diventino, al passo con i tempi, musei generativi.
Essere generativi significa essere creativi, connettivi, liberi e responsabili. Vuol dire essere parte attiva di un processo collettivo plurale, aperto e rivolto al futuro: un processo di promozione, sviluppo, cura delle persone e della comunità.
Intraprendere azioni generative significa innescare un processo di innovazione che crea valore condiviso, che ricuce i rapporti tra le persone attraverso la costruzione di reti relazionali che uniscono sviluppo economico e coesione sociale.
Significa, in altri termini, fare in modo che i “musei” inizino a pensare sé stessi come un “agente” attivo all’interno del proprio contesto di riferimento: non solo un attore culturale, ma anche un attore economico e politico, ricordando che “economico” non vuol dire “speculativo” e “politico” non vuol dire “propagandistico”.
Malgrado tali termini possano far storcere il naso a buona parte del “mondo della cultura”, è senz’altro vero che un Museo, per tenere fede al proprio ruolo di luogo fisico di conservazione e trasmissione della memoria, ha bisogno di ritornare ad essere il nucleo identitario di un territorio e della sua comunità.
Del resto, la condizione in cui versano oggi molti musei è merito di chi, in nome della cultura, ha fatto sì che si creasse un distacco tra la cultura e la società.
Da queste riflessioni nasce l’incontro organizzato lunedì 16 dicembre, dalle ore 14.30, al Museo etrusco di Populonia Collezione Gasparri da Past Experience in collaborazione con Fondazione Livorno e Fondazione Livorno Arte e Cultura.
Programma
ore 14.30 Saluti istituzionali
Ottavio Gasparri, Amministratore Castello di Populonia
Marco Paperini, Vicepresidente Past in Progress APS
Marcello Murziani, Vicepresidente Fondazione Livorno
Francesco Ferrari, Sindaco Comune di Piombino
Eugenio Giani, Presidente Consiglio Regionale Toscana
ore 15.30 Interventi
Luciano Barsotti, Fondazione Livorno Arte e Cultura
Daniele Manacorda, Università di Roma Tre
Carolina Megale, Museo etrusco di Populonia, Past in Progress Srl
Cinzia Dal Maso, Centro studi di Archeologia pubblica Archeostorie
Stefano Monti, Monti&Taft
ore 17.30 Conclusioni
Andrea Camilli, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Pisa e Livorno