Categorie: Attualità

Il gioco delle (p)arti: intervista a Daniela Porro

di - 27 Novembre 2020

“Non si finisce mai di tutelare, proteggere e conservare l’immenso patrimonio giunto fino a noi. La nostra è una soprintendenza che possiamo definire olistica, dati gli ambiti di competenza che vanno dai beni archeologici e architettonici a quelli storico-artistici”. Parole di Daniela Porro, Soprintendente Speciale per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio di Roma dal 2019. “Senza contare che la città eterna continua a restituirci sorprese. Il lavoro è tantissimo – ci occupiamo anche dell’ufficio esportazione per la circolazione internazionale dei beni mobili – ma ci sono momenti di grande soddisfazione in cui raccogliamo il frutto della nostra dedizione, come nel caso della Collezione Torlonia, invisibile da decenni e di cui ora sono esposte oltre 90 opere, selezionate dai curatori Salvatore Settis e Carlo Gasparri”.

Daniela Porro

Per comprendere appieno la portata dell’evento bisogna ricordare che si tratta dell’ultima delle grandi raccolte principesche, realizzata nell’800 dal principe Alessandro Torlonia (1800-1886), per proprio lustro e per quello della famiglia. Straordinaria l’ampiezza: 620 tra sculture, rilievi, sarcofagi, di altissima qualità, provenienti da scavi e da acquisizioni di collezioni precedenti, collocati in un museo inaugurato nel 1875 in alcuni edifici di Via della Lungara e aperto solo su richiesta (poi definitivamente chiuso dagli Anni 40 del secolo scorso). Un catalogo, redatto da Pietro Ercole Visconti, antiquario e conoscitore di antichità, documenta le opere. Delle otto edizioni l’ultima, del 1883-84, firmata dal nipote Carlo Ludovico Visconti, contempla tutti i 620 pezzi, descritti in due volumi molto preziosi, uno per le schede, l’altro fotografico in fototipia, con i reperti riprodotti su fondo nero, in uno stile raffinato e moderno, che ha ispirato lo Studio David Chipperfield Architects Milano per l’allestimento dell’esposizione. “L’accordo del 2016 tra il Mibact – Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – e la Fondazione Torlonia ha una valenza storica, non solo ai fini della mostra in corso a Villa Caffarelli, la nuova sede espositiva dei Musei Capitolini. È infatti il preludio delle mosse successive: un tour internazionale e l’esposizione permanente in un museo che sarà individuato dallo Stato, ma soprattutto sancisce una collaborazione tra pubblico e privato, che ha richiesto un lungo percorso. L’unico modo oggi per raggiungere dei risultati concreti nel mondo della cultura, delle arti e dello spettacolo”.

Bulgari per i mosaici di Caracalla

Un primo esperimento del genere lo aveva lanciato alla fine degli anni Ottanta il Ministro del Lavoro Gianni De Michelis, con i cosiddetti Giacimenti Culturali. Ovvero progetti di catalogazione informatica (a quei tempi assoluta novità) di beni archeologici, artistici, archivistici e storici italiani affidati ad aziende informatiche private (che assumevamo giovani laureati), tutor il Ministero dei Beni Culturali. “Ci sono all’orizzonte molte sinergie con altre fondazioni private e istituzioni interessate alla nostra città e al recupero dell’arte. Le iniziative legislative degli ultimi anni, ispirate alle leggi francesi sul mecenatismo, prevedendo importanti sgravi fiscali, sono incoraggianti. L’art bonus, varato per poter utilizzare risorse private andrebbe però maggiormente sviluppato”. L’art bonus consente attualmente un credito di imposta pari al 65 per cento dell’importo donato. Per chi vuole approfondire o magari rispondere a questa “chiamata alle arti”, basta andare sul sito artbonus.gov.it. “I risultati cominciano a vedersi, anche nell’operato della Sovrintendenza Speciale di Roma. Come nel caso dei meravigliosi mosaici delle terme di Caracalla, tornati al loro antico splendore grazie alla generosità di Bulgari, intervenuto anche per i restauri di 99 opere della collezione Torlonia. Un’operazione condotta in modo filologico che ha permesso di rivalutarle alla luce di nuove scoperte emerse dalla pulitura dei marmi. Un altro recente esempio virtuoso è l’inaugurazione della ‘scatola’ archeologica della Domus Aventino, di Piazza Albania, all’interno di un complesso residenziale di quasi 200 appartamenti. Grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza Speciale di Roma e Bnp Paribas, dopo cinque anni di scavo si è portata alla luce un’area con mosaici, affreschi, strutture che vanno dall’ VIII secolo a.C. al III secolo d.C: tutto conservato in situ e raccontato con un allestimento multimediale curato da Piero Angela e Paco Lanciano. Il valore aggiunto è che questo contesto sarà aperto due volte al mese, affidato alle cure dei condomini. A dimostrare quanto sia importante saper comunicare per coinvolgere e avvicinare un pubblico più ampio. “Quando ero direttore del Museo Nazionale Romano abbiamo promosso molte iniziative basate sulla contaminazione tra arte antica e contemporanea. Per ‘tenere vivo il fuoco dell’arte’, per dirla alla Gustav Mahler, sono utili anche i percorsi di contaminazione. Ricordo a Palazzo Altems, tempio dell’archeologia, le mostre di Fornasetti, Elisabetta Benassi e Diego Perrone o le installazioni di Alfredo Pirri. A Caracalla c’è già una tradizione di mostre di arte contemporanea, come quella che ha visto protagonista Fabrizio Plessi, nel 2019”.

Fornasetti a Palazzo Altemps

La Soprintendenza di Roma sta pensando inoltre a percorsi di riqualificazione delle rive del Tevere. “In fondo quest’anno ricorrono i 150 di Roma Capitale e gli argini del fiume appartengono più o meno a questo periodo, al pari del Museo Torlonia, istituito da Don Alessandro. Prima era molto bello dal punto di vista paesaggistico, ma le piene del fiume erano devastanti. Dopo il fregio monumentale Triumphs and Laments di William Kentridge sui muraglioni del lungotevere, che va da Ponte Sisto a Ponte Mazzini, ci saranno altri progetti”. Nel frattempo, fino al 29 giugno 2021, resta aperta la mostra sui marmi della Collezione Torlonia, con un finale a sorpresa nell’esedra di Marco Aurelio, dove sono esposti i bronzi antichi (come lo Spinario e la Lupa) che nel 1471 Sisto IV donò, anzi “restituì” al Popolo Romano. Un gesto anticipatore del primo museo pubblico del mondo, i Musei Capitolini, fondati nel 1734 da Clemente XII.

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