-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Il machismo uccide: il dramma del femminicidio, tra arte e cronaca
Attualità
La scorsa settimana ho avuto il piacere di assistere alla rassegna online del Festival fiorentino Lo Schermo dell’Arte. Ogni giorno sono stati caricati sulla piattaforma Più Compagnia cinque o sei video che rimarranno in streaming fino a sabato 22 novembre. Tra tutti i film presentati nella rassegna, mio particolare interesse è stato rivolto a una serie di cortometraggi prodotti all’interno del progetto “MASCARILLA 19 – codes of domestic violence”. Il progetto, promosso da Beatrice Bulgari, fondatrice e presidente di In Between Art Film, vede coinvolti otto artisti, Iván Argote, Silvia Giambrone, Eva Giolo, Basir Mahmood, MASBEDO, Elena Mazzi, Adrian Paci, Janis Rafa, e tre curatori, Leonardo Bigazzi, Alessandro Rabottini, Paola Ugolini, che collaborano da marzo con l’obiettivo di produrre una serie di film che inscenano il tema della violenza domestica.
“Mascarilla 19” è un codice, proposto durante il lockdown di marzo dal premier spagnolo Pedro Sanchez, che permetteva a donne vittime di abusi e violenza di denunciare il reato nelle farmacie fingendo di chiedere una semplice mascherina. Il lockdown, infatti, se da un lato ha permesso a molte persone di riscoprire la propria dimensione domestica e di vivere una pausa dalla solita frenesia, dall’altro ha significato, per molte donne, essere rinchiuse in una gabbia in cui essere preda di violenze e soprusi.
La drammatica storia di Pippa Bacca, in un docufilm
Nella rassegna è stato presentato inoltre il docufilm del 2019 Sono innamorato di Pippa Bacca, di Simone Manetti, che racconta l’ultima performance dell’artista milanese e di Silvia Moro, nel 2008: Spose in viaggio. L’intervento artistico nasceva con l’obiettivo di attraversare in autostop 11 paesi tra Italia e Israele, quegli Stati che, nella storia del Novecento, sono stati devastati dalle guerre. Pippa, da donna, voleva attraversare quelle terre in cui gli uomini hanno portato solo fame e distruzione per incontrare invece quelle donne che, nonostante i conflitti e la povertà, hanno continuato a dare la vita: le ostetriche.
Vestite da sposa, Pippa e Silvia, partirono da Milano l’8 marzo 2008 (giorno della Festa della Donna) con una sconfinata e pura fiducia nell’umanità. Volevano arrivare in autostop a Gerusalemme, in Israele, e provare che ci si può fidare del prossimo, che nel mondo ci sono sì le guerre, ma c’è anche tanto bene. Purtroppo la performance si concluse a Gebze, in Turchia, quando le due amiche e colleghe si separarono, a seguito di una divergenza di intenti, e Pippa viene stuprata e uccisa, o uccisa e stuprata, da Marat, un uomo che le aveva offerto un passaggio.
La violenza del femminicidio, dalla cornaca all’arte
Negli stessi giorni in cui ho la fortuna di vedere questi splendidi film, giungono due notizie. La prima, di una ragazza drogata e successivamente violentata da un ricco imprenditore. Tuttavia molti articoli sono accompagnati dalle dichiarazioni del carnefice, il quale si giustifica rendendosi la vittima dell’incidente: l’uomo mangiato dai soldi e dalla cocaina. Come se questi fattori potessero giustificare un simile comportamento.
La seconda notizia narra di un’insegnante torinese licenziata perché l’ex fidanzato ha diffuso delle sue foto in comportamento intimo. E allora mi chiedo perché una donna deve vedere la propria vita e la propria carriera andare in fumo solo perché si è scoperta avere una vita sessuale, mentre un ex fidanzato ha la libertà di diffondere immagini private di lei e passarla liscia.
Ripenso a queste notizie, che purtroppo non sono le prime né le ultime che sentiremo a proposito di violenza di genere e revenge porn, e ai video presenti a Schermo dell’Arte, e mi domando, se non a questo, a cosa serve l’arte?
Penso a Vedo Rosso di Adrian Paci, nel quale si sente la voce di una donna, che nel film non vediamo mai, raccontare la malata relazione dalla quale sta scappando. Penso a Muse di Elena Mazzi, che racconta una violenza domestica con gli occhi di una governante, la quale vede la signora della famiglia per cui lavora cambiare continuamente stanza a seconda di dove si trovi il marito, per evitare di incontrarlo.
Penso a Pippa Bacca, partita con il pacifico intento di lasciare un messaggio di amore e speranza lungo un percorso che, qualcuno, ha violentemente fermato. Penso a Espacios Seguros, di Iván Argote, in cui vengono mostrati i poster che, per un anno, il collettivo anonimo Collage Feminicides ha appeso per la città di Parigi denunciando la violenza di genere, con frasi come le machisme tue, il machismo uccide.
A cosa serve, se non a questo?
Ma, allora mi chiedo, se non a questo, a cosa serve l’arte? Non serve forse a veicolare insegnamenti e messaggi di civiltà? A professare un comportamento umano? Non è forse l’arte quella terra franca che può ospitare pratiche che educhino alla civilizzazione del pensiero e delle azioni?
Io credo proprio di sì. È attraverso progetti e interventi come questi, con personaggi come Pippa, che l’arte si assume il peso di veicolare messaggi simili, ed è per questo che, come il titolo del film, io sono innamorata di Pippa Bacca, perché lei forse non è riuscita a dimostrare che nel mondo c’è ancora tanto amore ma ci ha provato e invita noi tutti a farlo con lei, per lei.
Notizie, come quelle di cui sopra, ci fanno perdere fiducia nel mondo e ci fanno credere che sia impossibile cambiarlo. Io invece credo fermamente che, come ci insegnano questi video, sia possibile rieducare al bene, basta che ognuno di noi, artisti, curatori, spettatori ma anche chi non si interessa di arte, insomma chiunque, apporti il suo contributo, piccolo o grande che sia.