Il Molo di Adriano deturpato. Nei giorni successivi al vandalismo si è sollevato il vento, il mare ha increspato la sua superficie e una luce opalescente ha pervaso il cielo, alternandosi alle nuvole che minacciavano pioggia. Onde sempre più alte hanno circondato il muro che digrada in acqua, come ad abbracciarlo e a proteggerlo, mentre si scagliavano con tutta la loro forza contro l’ignominia della scritta che aveva sfregiato la facciata della costruzione, qualche notte prima.
Il molo di Adriano a San Cataldo (Lecce), risalente al II sec. d.C., con successive ricostruzioni datate fino ai primi del Novecento, sorge su una spiaggia libera che ospita le soste distratte e disordinate dei bagnanti: la presenza di un sito di rilevanza storico-archeologica spesso passa inosservata e quel luogo viene scambiato per un’area di bivacco, campeggio, senza limite al peggio. Dopo giorni, mesi e anni in cui perfino la parte antica del molo è stata disseminata di ogni tipo di rifiuti (dai contenitori di bagnoschiuma alle scatole di esche da pesca, fino a bottiglie di plastica e vetro), qualcuno è arrivato a vandalizzare la sua parte più recente, il muro che un tempo formava un porto a forma di L in mare. Una bomboletta spray, la complicità del buio, dell’incuria, della mancanza di sorveglianza e il gioco è fatto: una scritta gigantesca fronte-retro, dal significato incomprensibile, è comparsa in un luogo che dovrebbe essere conosciuto, ammirato, rispettato e non di certo attaccato. La sera del primo agosto il muro è stato imbrattato sia sul lato che si affaccia sulla spiaggia, sia su quello che volge al mare.
L’importanza cruciale del molo nelle epoche passate stride con l’oblio di cui è stato vittima negli ultimi anni. Molto amato da chi conosce bene San Cataldo, l’antico porto è stato oggetto di recenti studi accademici e si trova a due passi dal faro della marina. Chi passa dalla piccola insenatura dove sorge il monumento, tuttavia, non sempre fa caso ai pannelli che ne segnalano la presenza: sono collocati solo sulla parte alta della costruzione e non in quella accessibile dalla spiaggia. Un giovane artista, Bifido, in occasione del festival di street art ospitato per due anni di seguito a San Cataldo, nel 2017 realizzò una sua opera proprio sulla facciata del muro: quella stessa vandalizzata a inizio agosto. Quest’azione provocatoria portò a reazioni contrastanti, ma fortunatamente il murale era composto di materiale biodegradabile e andò via nel giro di poco tempo, lasciando però un dubbio: se l’avessero fatto da un’altra parte, avrebbero potuto agire indisturbati e impuniti come in questo caso?
È la domanda che mi sono posta all’indomani della lettura della notizia e dell’orrenda visione del muro deturpato. Sarebbe mai potuto accadere in altri prestigiosi luoghi del Salento, più noti e decantati? Lo avrebbero mai potuto fare in siti di bellezza storica e naturale riconosciuti da tutti? La conoscenza è la prima fonte di rispetto, il fondamento di un rapporto con la società che si instaura in un dialogo di azioni di custodia e tutela che vengono ricambiate con le emozioni, impagabili, date dalla testimonianza storica di una struttura unica, come il molo, che ebbe un ruolo fondamentale per il capoluogo salentino, Lecce. È una storia da riscrivere, a partire dall’eliminazione di quella scritta spray, ancora presente a oggi, valorizzando un luogo che è stato teatro di momenti storici, scambi commerciali, approdo di personaggi, popoli e convergenza di pensieri, correnti e tempeste. Proprio come quella che il mare ha ricreato qualche giorno fa e che appare come un monito a non dimenticare, a non lasciare che le cose vadano da sé.
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