Categorie: Attualità

Il murales di Ugo Russo sarà cancellato: la sentenza del TAR

di - 2 Settembre 2021

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha deciso: sarà cancellato il murales che ricorda Ugo Russo, ragazzo di 15 anni ucciso a Napoli da un carabiniere fuori servizio di 23 anni, tra il 29 febbraio e il primo marzo del 2020, durante un tentativo di rapina ai danni dello stesso militare. Il TAR ha quindi respinto il ricorso del comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo”, dando quindi ragione al Comune di Napoli, stabilendo che l’opera rappresenta una «Trasformazione fisica dell’immobile», situato in piazza Parrocchiella, a Montecalvario, a ridosso dei Quartieri Spagnoli. Per la sentenza, i giudici hanno interpretato il piano regolatore urbanistico per il quale, all’articolo 69, comma 4, lettera C, sugli edifici antecedenti all’800 interventi come i murales non si possono realizzare in nessun caso. Contraddetta quindi la Soprintendenza di Napoli, che aveva giudicato il murales come «Opera decorativa».

Tanti sono gli edifici di interesse storico e artistico del Centro Storico di Napoli, alcuni in stato fatiscente, molti usati come “supporto” per le opere di street art, realizzate, spesso in maniera illegale, estemporanea, senza permesso e burocrazia, da artisti riconosciuti a livello internazionale, come Banksy, Bosoletti, Alice Pasquini, Ernest Pignon-Ernest e molti altri. Lo stesso Comune, negli ultimi anni, ha spesso chiamato in causa le bombolette per interventi autorizzati, come nel caso del progetto “Street Art Bene Comune“, che regola l’utilizzo di spazi urbani da destinarsi alle opere di Street Art.

Ma in questo caso, il movente artistico ed estetico passa in secondo piano, rispetto alle implicazioni etiche e politiche. La stessa ricostruzione della dinamica è ancora oggetto di controversie. Nella notte tra il 29 febbraio e il 1 marzo 2020, all’incirca alle 2:30, Ugo Russo, accompagnato da un complice di 17 anni, tentò di rapinare un uomo, un carabiniere fuori servizio accompagnato da una donna. Russo puntò una pistola – rivelatasi poi finta – all’interno dell’abitacolo, per rubare un orologio. Quindi le versioni differiscono: secondo i due rapinati, il carabiniere si sarebbe qualificato e poi avrebbe sparato come legittima difesa. L’amico di Ugo Russo sostiene invece che il carabiniere rimase in silenzio e, facendo finta di togliersi l’orologio, estrasse la sua pistola e sparò tre colpi. Russo fu colpito in due punti, all’addome e al collo, mentre il suo corpo stava effettuando una torsione. Il ragazzo, in fin di vita, fu trasportato in codice rosso all’Ospedale Vecchio Pellegrini, in zona Montesanto, dove sarebbe poi deceduto.

Il militare, originario di Napoli ma di stanza a Bologna, è stato accusato di omicidio volontario ma, a un anno e mezzo dai fatti, ancora non è stata fatta chiarezza, gli stessi risultati dell’autopsia sono ancora secretati. Il corso della giustizia procede con una lentezza difficilmente comprensibile da chi ha subito una perdita del genere, lasciando il posto alla rabbia e all’incomprensione.

Secondo i parenti di Russo, il murales rappresenta una legittima richiesta di verità e giustizia. «Il murale serve per evitare che si ripetano episodi del genere, i giovani devono dedicarsi ad altro e non commettere reati. Quando i suoi coetanei lo vedono devono avere paura affinché non accada mai più una tragedia come questa. Con la storia del murale la morte di mio figlio è passata in secondo piano per tutti. Non sappiamo ancora nulla, la vicenda è rimasta ferma a quella sera. Ma noi non ci fermeremo perché vogliamo sapere la verità», ha dichiarato il padre di Ugo in una intervista. A difendere l’opera e il suo significato, anche lo scrittore Maurizio De Giovanni, l’attore Ascanio Celestini, il cantante Zulù e il presidente del consiglio comunale Sandro Fucito, firmatari di una petizione per conservare il murales.

Tra febbraio e marzo 2021, il Comune di Napoli ha avviato «Le operazioni di rimozione di murales, scritte, altarini riconducibili a eventi o persone legati alla criminalità organizzata, simboli di illegalità che occupano o insistono abusivamente su spazi pubblici». Il primo a essere rimosso è stato l’altarino, con targa e statua, dedicato al capoclan Domenico Russo, detto Mimì dei Cani, ucciso nel 1999.

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