Categorie: Attualità

Il rinvio della mostra di Sabsabi alimenta il dibattito sulla censura artistica

di - 27 Marzo 2025

La Monash University di Melbourne ha annunciato il rinvio a tempo indeterminato di una mostra che avrebbe dovuto presentare le opere dell’artista libanese-australiano Khaled Sabsabi. La decisione arriva a poche settimane dalla revoca del suo incarico come rappresentante del Padiglione Australia alla Biennale d’Arte di Venezia 2026.

La selezione di Sabsabi e la rimozione

All’inizio di febbraio 2025, Creative Australia, l’ente federale per le arti, aveva annunciato la selezione di Khaled Sabsabi e del curatore Michael Dagostino per rappresentare il Paese alla 61ma edizione della Biennale di Venezia. Tuttavia, meno di una settimana dopo, la loro nomina è stata improvvisamente revocata. Il clamoroso dietrofront è arrivato dopo una controversia sollevata da un articolo pubblicato dal quotidiano The Australian, che ha alimentato delle polemiche su alcune opere di Sabsabi. L’esclusione ha riguardato ha anche il curatore del padiglione, Michael Dagostino.

In particolare, le critiche si sono concentrate su due lavori: You (2007), un’installazione che includeva filmati manipolati del controverso leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, assassinato dall’esercito israeliano nel settembre 2024, e Thank You Very Much (2006), che rielaborava immagini degli attentati dell’11 settembre e una conferenza stampa dell’allora presidente statunitense George W. Bush. La senatrice Claire Chandler del Partito Liberale ha accusato Sabsabi di aver dato rilievo a un «Leader terrorista» nelle sue opere.

Khaled Sabsabi, You (2007)

La decisione di Creative Australia di ritirare l’incarico di Sabsabi senza dare possibilità di replica all’artista e al curatore, ha suscitato un’immediata reazione da parte della comunità culturale australiana. Personalità come l’artista Archie Moore e la curatrice Ellie Buttrose, vincitori del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia 2024, e altri rappresentanti dell’arte contemporanea australiana hanno chiesto la reintegrazione di Sabsabi. L’episodio ha inoltre portato alle dimissioni di alcuni dirigenti all’interno di Creative Australia, segnalando un malcontento diffuso nei confronti della gestione della vicenda.

Il rinvio della mostra di Sabsabi alla Monash University

Dopo l’esclusione dalla Biennale, le conseguenze per la carriera di Sabsabi si sono aggravate. La Monash University ha annunciato il rinvio della mostra Flat Earth, inizialmente prevista per l’8 maggio al Monash University Museum of Art – MUMA. Il progetto, in lavorazione da 18 mesi, avrebbe dovuto esplorare il rapporto tra pratiche curatoriali ed editoriali, coinvolgendo anche Stolon Press, un collettivo editoriale di Sydney, e la scrittrice e antropologa Elisa Taber.

Tra le opere esposte vi sarebbero stati grandi dipinti calligrafici ispirati al tasawwuf (sufismo) e silhouette basate su numerologia e ripetizione. Tuttavia, senza fornire una motivazione ufficiale, la Monash University ha optato per un rinvio indefinito, suscitando perplessità tra gli organizzatori e i partecipanti. Stolon Press ha dichiarato di non aver accettato la decisione e di voler lavorare per garantire che la mostra venga realizzata in futuro.

Monash University

La carriera di Khaled Sabsabi a rischio

Josh Milani, gallerista di Sabsabi, ha definito il rinvio della mostra una diretta conseguenza della decisione di Creative Australia, accusando l’ente di aver contribuito alla «Distruzione della carriera e del sostentamento» dell’artista. In una dichiarazione alla ABC, Milani ha sottolineato come la rimozione di Sabsabi abbia permesso la diffusione di una «Errata caratterizzazione» dell’artista come simpatizzante del terrorismo, mettendo a rischio la sua reputazione professionale.

Nel frattempo, Creative Australia ha avviato una revisione interna per valutare il processo di selezione della rappresentanza nazionale alla Biennale di Venezia. L’analisi, affidata alla società di consulenza Blackhall and Pearl, mira a garantire maggiore trasparenza e solidità nei futuri processi decisionali.

Episodi di censura in tutto il mondo

La vicenda di Khaled Sabsabi ricorda quanto accaduto nel 2022 con documenta 15, la prestigiosa rassegna quinquennale di Kassel. Il collettivo indonesiano ruangrupa, incaricato di curare la manifestazione, fu travolto da accuse di antisemitismo a causa della presenza di rappresentazioni giudicate problematiche in un’opera del collettivo Taring Padi. La polemica si trasformò in un terremoto politico e istituzionale, con la rimozione dell’opera, indagini ufficiali e dimissioni ai vertici della manifestazione, le cui conseguenze hanno lasciato uno strascico nell’organizzazione, con la recente pubblicazione di un controverso codice di condotta.

Nelle ultime settimane, episodi di censura e intolleranza si sono ripetuti in tutto il mondo. A Washington DC è stato cancellato l’imponente murales Black lives Matter, sulla scia delle ordinanze volute dal presidente Donald Trump, che hanno interessato direttamente anche le istituzioni culturali e museali. Ad Atene, un deputato di estrema destra, Nikolaos Papadopoulos, ha vandalizzato quattro opere dell’artista Christoforos Katsadiotis esposte alla Galleria Nazionale, ritenute blasfeme.

Pur non coinvolgendo istituzioni o figure pubbliche, episodi oltre il limite stanno accadendo anche in Italia. Nella giornata di ieri, due persone hanno attaccato delle banane a una scultura di Thomas J Price raffigurante una donna nera assorta a leggere il suo smartphone ed esposta in Piazza della Signoria a Firenze, nell’ambito di una mostra organizzata dal Museo Novecento. «Un fatto che ci deve preoccupare. Un atto violento come sono in certi casi violente e pericolose le parole, i gesti, i simboli. Condanniamo l’azione di due giovani», ha dichiarato Sergio Risaliti, curatore della mostra.

Queste vicende sollevano degli interrogativi cruciali sul confine tra libertà espressiva e responsabilità istituzionale. La rimozione di Sabsabi dalla Biennale e la conseguente sospensione della mostra alla Monash University – una prestigiosissima università pubblica, con una sede anche in Italia, a Prato –, senza dare alcuno spazio alla discussione, appaiono come segnali di una pressione politica sulle istituzioni culturali sempre più crescente.

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