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Un’estate italiana #2. Inchiesta sul turismo ai tempi del Covid-19
Attualità
di redazione
Continua la nostra inchiesta dedicata al mondo del turismo, per capire quali sono le questioni fondamentali per la ripartenza, dopo lo shut down dovuto alla pandemia. Oggi, a raccontarci le possibilità del turismo post covid-19 in Italia, le criticità ben più che tangibili per gli addetti al settore anche rispetto alle mancanze da parte dello stato, nonostante gli sbandierati annunci di aiuto (il Decreto Rilancio allo stato attuale non è ancora inserito in Gazzetta Ufficiale), è Leonardo Ceglia Manfredi, direttore e proprietario degli Hotel Palazzo Manfredi di Roma e Punta Tragara a Capri.
Breve storia di Palazzo Manfredi e Punta Tragara
L’Hotel Palazzo Manfredi di Roma, è stato fondato dal Conte Goffredo Manfredi, che già nel 1936 aveva aperto la sua prima società di costruzioni edili e stradali. L’Hotel Palazzo Manfredi rappresenta una delle ultime avventure imprenditoriali del Conte Manfredi, che fu anche uno dei principali interpreti del rilancio economico dell’Italia negli anni ’50.
L’acquisto dell’immobile che vedrà la nascita dell’Hotel Punta Tragara avviene invece nel 1968. Il Conte Manfredi rileva quella che era stata la villa di Enrico Vismara, ingegnere lombardo, che aveva scelto Capri nel 1920 per costruirvi – con la mano di Le Corbusier – la sua dimora a picco sul mare.
Dal 1973 “l’emanazione dell’architettura dalla roccia” di Vismara diviene il simbolo dei massimi livelli dell’ospitalità caprese, come testimoniano oggi le sue cinque stelle lusso.
Il turismo, post Covid-19: L’intervista a Leonardo Ceglia Manfredi
Partiamo dai luoghi: Roma e Capri. Chi risentirà, di più, di questa situazione mai immaginata prima d’ora? E per quali motivi?
«In realtà entrambi perché sia su Capri che su Roma le nostre strutture accolgono un pubblico che si rivolge almeno per il 60-70 per cento ai mercati stranieri, in particolar modo agli americani. Questi mercati, a parte il fatto che materialmente sono bloccati dalla chiusura delle frontiere, non si riattiveranno realmente prima della primavera 2021. E a loro volta sono oggi economicamente devastati da questa epidemia. Quindi avremo un calo di presenze prevedibile tra il 70/90 per cento con qualche speranza in più su Capri per luglio/agosto, rispetto alle presenze italiane…Speriamo davvero che la primavera 2021 possa essere considerata un traguardo reale, perché se davvero si prospettasse una seconda ondata potremmo dire addio al turismo per i prossimi 3 anni. A Roma invece, prima di settembre, non riapriremo Palazzo Manfredi».
Qual è la percezione più strana di tutta questa situazione?
«Il paradosso è che gli alberghi per decreto non sono mai stati chiusi, ma date le circostanze è stato impossibile lavorare. In estrema sintesi il messaggio dal nostro governo non suona particolarmente corretto: “Non vi abbiamo fatto chiudere per legge, quindi ora non vi dobbiamo pagare quello che non avete realizzato”. Ma nella realtà dei fatti, chiusi, lo siamo stati».
Rispetto ai nuovi protocolli di gestione e sicurezza è arrivato un Decreto Legge?
«Il protocollo di sanificazione e sicurezza ufficialmente ancora non c’è, è stato fatto un lavoro tra Federalberghi e Croce Rossa che hanno messo nero su bianco le linee guida, ma non vi è ancora nessuna legge emanata. In questi giorni è uscito anche un protocollo INAIL per bar e ristoranti – se lo si può considerare documento ufficiale – e sul quale stiamo lavorando. Insomma le linee guida ce la siamo autorealizzate e nel documento INAIL sono elencati tutti i consigli per la gestione del personale».
A proposito di personale, c’è la clausola che dichiara che è responsabilità del gestore se un dipendente si ammala di Covid sul lavoro…
«Questa clausola è la più assurda e allucinante, che per molti rappresenta un incentivo a non riaprire. Come si può pensare di perseguire penalmente un imprenditore se un suo dipendente si ammala di Covid? Questa eventualità, oltre a non essere scientificamente dimostrabile (il virus si può prendere ovunque) è proprio la pietra tombale per un’attività imprenditoriale».
Due mesi di chiusura del Paese e non solo, e l’ultima richiesta del Ministro Dario Franceschini è quella di avere “regole e standard uniformi per la libera circolazione dei turisti tra Paesi europei e la necessità di destinare una quota rilevante del Recovery fund al settore”. Abbiamo però quasi superato maggio, cosa si può “salvare” della stagione estiva arrivati a questo punto?
«La proposta è corretta ma sappiamo che per il momento Italia e Spagna non fanno parte dei Paesi a cui tra poco sarà consentito il libero scambio, perché maggiormente colpiti. La stagione non la salva più nulla, come dicevo prima, visto che gli stranieri saranno quasi azzerati…E poi c’è anche la storia dei 300 euro come Bonus Vacanze. La modalità di credito è a dir poco assurda: si tratterebbe di uno sconto che dovrebbe fare l’albergatore in assenza di liquidità che poi dovrebbe detrarli come credito di imposta dalle tasse. È semplicemente una follia, un aiuto per non aiutare nessuno».
Quindi vi sentite tutelati dallo stato italiano rispetto alla vostra impresa e alla tutela del lavoro dei vostri dipendenti?
«I provvedimenti dei vari decreti hanno mirato ad aiutare un po’ tutti con il risultato di non aiutare davvero i settori più colpiti come appunto il turismo che, lo ripeto, vale il 13 per cento del PIL senza contare tutta la filiera di fornitori e servizi che si porta dietro. Gli aiuti concreti non si sono visti e parlo in primis per i dipendenti che ancora non hanno ricevuto il FIS (Fondo Integrazione Salariale) e le banche ancora non hanno risposto alle richieste di prestiti garantiti dallo stato all’80/90 per cento per andare avanti, come dicevo, almeno 1 anno senza lavoro. Dare un credito del 30 per cento su 3 mesi di fitto d’azienda non serve a nulla perché noi non ripartiremo quando riapriamo altri esercizio, e anzi rischiamo di perdere di più riaprendo rispetto allo stare fermi, perché abbiamo hotel a 5 stelle e ristoranti stellati con standard molto elevati da mantenere rispetto all’ospitalità, che ovviamente non possono coesistere con le regole previste. Nei ristoranti, per esempio, si perderanno oltre il 50 per cento dei coperti».
Quali sarebbero gli aiuti concreti e fattibili in questa fase, da mettere in campo nel settore turistico?
«Nell’ultimo decreto un aiuto concreto è stato dato con la cancellazione dell’Irap a giugno ma di certo non basta. Men che meno con il bonus delle vacanze. Serve la sospensione dagli affitti per il 2020, l’estensione degli ammortizzatori sociali almeno fino alla fine anno, la proroga di altri 6 mesi della moratoria bancaria su mutui e leasing che scade a settembre: strutture a 5 stelle come le nostre devono essere continuamente rimodernate per garantire gli standard e continuare ad attrarre un certo tipo di mercato. Che facciamo a settembre? Riprendiamo a pagare tutto come se nulla fosse accaduto, come se la stagione fosse stata realizzata? E poi serve immediata eliminazione della responsabilità penale sui lavoratori che si potrebbero ammalare di covid (visto che l’INAIL lo prevede come infortunio sul lavoro) regole chiare e fattibili e fondi perduti non solo alle aziende fino a 5 milioni, almeno per i 3 mesi in cui siamo stati completamente chiusi. Speriamo che arrivino i famosi prestiti alle imprese, che ancora non si sono visti, che però hanno un altro problema: devono essere rimborsati in 6 anni. Un periodo brevissimo considerato l’azzeramento del mercato che si protrarrà per tanto tempo. Avrebbero dovuto prevedere un piano di rientro di almeno 10 anni».
Rispetto alla vostra attività, quali sono le strategie che metterete in campo nei prossimi mesi per far fronte a questa crisi e a questa stagione di solo turismo italiano?
«Stiamo portando avanti delle iniziative per tutelare i nostri ospiti con delle offerte di tariffe flessibili pagate oggi e modificabili a seconda delle proprie volontà e dell’evolversi della situazione, nel caso non fosse possibile partire. Offriamo, per esempio, una camera scontata del 20-25 per cento e la possibilità di cambiare la prenotazione fino a quando non si usufruirà realmente del soggiorno. E poi abbiamo creato dei dining bond per i nostri ristoranti stellati dove si paga una cena a degustazione con il 50 per cento di sconto, utilizzabile dal momento in cui riapriremo fino alla fine del 2020. I nostri clienti ci stanno venendo incontro acquistando queste formule sì vantaggiose per loro ma che anche a noi permettono di avere subito un po di liquidità. Devo dire che questa proposta sta funzionando. Si va incontro quindi al mercato italiano».
Che pero non si può considerare il mercato di riferimento…
«Non lo è per natura. Un po’ perché noi stessi, italiani, non siamo abituati a viaggiare nel nostro Paese e tendiamo a spostarci all’estero. E gli italiani, oggi meno che mai, hanno liquidità a disposizione. Di questo passo finiremo a svendere gli alberghi a fondi internazionali».