Jeff Koons ha ricevuto centinaia di riconoscimenti, oltre ad aver guadagnato milioni di dollari, grazie a quel sesto senso di erotismo che scintilla dalle sue opere. Questa volta, però, non parliamo di lui, delle querelle contro i cittadini di Parigi o delle cause di plagio, ma di lei. Ilona Staller, coprotagonista del clamoroso Made in Heaven, l’opera che, tra gli anni ’80 e i primi anni ’90, fece esplodere il “caso Koons”, è stata insignita di un premio «per la sua vita e la sua carriera, a testimonianza del dialogo tra arte e pornografia», e ad attribuirlo è stato nientemeno che PornHub.
Il sito, stabilmente nella top 50 delle pagine più visitate al mondo secondo le classifiche ufficiali di Google, non conosce confini tra i generi, letteralmente, e non è la prima volta che fa l’occhiolino all’arte. Qualche anno fa lanciò una collaborazione con Milo Manara, per un nuovo gioco da tavolo con 100 carte, tutte disegnate con il tratto inconfondibile del grande fumettista e disegnatore, sobriamente intitolato “Red Light-A star is Porn”.
Pochi mesi fa, invece, PornHub mise online sul suo sito il primo contenuto non pornografico: Shakedown, docufilm girato da Leilah Weinraub, regista americana, artista concettuale ed ex CEO del brand di moda Hood By Air. «Shakedown fa parte di un più ampio impegno generale di Pornhub a sostenere le arti», dichiarava in quell’occasione Alex Klein, brand director di Pornhub. «Vogliamo essere visti come una piattaforma che gli artisti e i creatori possano usare. Abbiamo visto diversi tipi di artisti caricare contenuti sul sito, che potrebbero non avere visibilità in posti come YouTube o Vimeo, che non permettono la nudità», spiegava Klein.
Anche prima di PornHub, i confini tra ciò che chiamiamo arte e ciò che riconosciamo come pornografia erano piuttosto labili. Tra i molti casi da citare, suscita ancora scandalo e viene esposto nei musei di tutto il mondo il Portfolio X di Robert Mapplethorpe, una raccolta completa dedicata all’estetica sadomaso, scattata dalla raffinatissima Hasselbald del grande fotografo morto nel 1989, vittima dell’AIDS. Nello stesso anno, al culmine di un periodo straziato dalla terribile malattia e dal suo strascico di pregiudizi, Koons e Staller pubblicarono Made in Heaven, che fu anche esposta alla Biennale di Venezia del 1990. Fotografie, statuette, dipinti murali, una serie complessa e completa dedicata allo scioglimento delle distanze tra amore e sessualità, innocenza e malizia, attraverso la glorificazione dei corpi e la loro mercificazione, ovviamente. «La ricreazione di sé stesso attraverso la commistione di fantasia e finzione si è pienamente attuata nell’opera e nella vita di Jeff Koons. La scultura biologica e materica frutto dell’unione con Cicciolina dissolve il confine tra realtà e artificio creando un’arte che può veramente essere definita post-umana», commentava all’epoca Jeffrey Deitch, teorico dell’estetica post-human. Una suggestione affascinante e acuta che, però, pecca di parzialità, relegando la posizione della donna comunque su un piano di subalternità, rispetto alla figura egemone dell’uomo. Meno male che ad attribuire il giusto ruolo a Ilona Staller ci ha pensato PornHub.
Che poi la storia non abbia coronato questo sogno d’amore fino a che morte non li separi, con la sofferta separazione tra i due amanti – sposati dal 1990 al 1992 –, non fa che rendere ancora più originale, adamitico nel senso di puramente formale, il significato di quell’opera, diventata poi oggetto di contesa tra ex marito ed ex moglie (qui il nostro approfondimento).
«Sono molto felice di ricevere il premio. È la rappresentazione perfetta del vecchio e del nuovo mondo del porno che si uniscono. Il fatto che oggi sia ancora riconosciuta come l’icona che ha segnato un’epoca, all’interno dell’industria stessa del porno, è un grande onore per me. Il porno è arte!», ha dichiarato Ilona Staller, in arte Cicciolina.
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