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Intelligenza artificiale e umanesimo 3.0: la creatività incontra la macchina
Attualità
«Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo dei sogni dalla realtà?», Matrix. L’AI Intelligenza Artificiale è stata una delle più grandi innovazioni tecnologiche degli ultimi anni, rivoluzionando aree e settori diversi della nostra vita quotidiana, inclusa anche la nostra comprensione del mondo. L’AI è stata definita come la capacità di una macchina di imitare l’intelligenza umana, compresa la percezione, il ragionamento, la comprensione del linguaggio naturale e la capacità di apprendere, tutte facoltà considerate esclusivamente “umane”, fino a questo momento. L’AI ha avuto una lunga evoluzione, dalla sua origine teorica negli anni ’50 e ’60 fino a progetti più concreti, lanciati e sperimentati negli anni ’70 e ’80. Inizialmente, l’AI si basava su algoritmi e regole rigide ma, con l’avvento del deep learning e del machine learning, l’AI ha visto un’enorme – e sorprendete, aggiungerei- espansione nel suo campo di applicazione. Uno dei più noti sviluppi dell’AI è il modello di generazione del linguaggio naturale chiamato GPT – Generative Pretrained Transformer, sviluppato dall’azienda di intelligenza artificiale OpenAI.
GPT è stato creato utilizzando un enorme dataset di testo e può quindi generare un output di testo in modo autonomo, senza quindi dover essere programmato per una particolare risposta. Il funzionamento di GPT è relativamente semplice. Utilizza un modello di rete neurale corrispondente a quello del cervello umano, che viene addestrato su un grande corpus di testo. Una volta addestrato, il modello può generare qualsiasi tipologia di testo in modo autonomo in risposta a una particolare domanda o input. Il modello viene continuamente aggiornato e migliorato, in modo da garantire la massima precisione e affidabilità.
L’altra impressionante innovazione è che più un utente produce testi e domande, più questa tecnologia porta avanti un processo di comprensione e memorizzazione, così da migliorare, di volta in volta, la precisione e la puntualità delle risposte o del tipo di ricerca che le viene chiesto di sviluppare. Questa “macchina” è quindi in grado di imparare per migliorarsi, facoltà che, fino a ora, era stata esclusivo appannaggio dell’essere umano.
L’utilizzo di GPT ha rivoluzionato il modo in cui le persone interagiscono con le macchine. Ad esempio, le chatbot alimentate da GPT possono rispondere alle domande degli utenti in modo più preciso e naturale, senza dover essere programmate per ogni possibile scenario. Le applicazioni di GPT includono la risposta a domande umane, anche di natura complessa e, più è articolato il pensiero o la domanda, più precisa e puntuale sarà la risposta.
A questo punto una domanda sorge spontanea: dove ci porterà tutto questo? L’impiego sempre crescente di svariate forme di intelligenza artificiale è da considerarsi il tramonto di un certo tipo di umanesimo o, magari, l’inizio di un nuovo mondo, dove la cooperazione tra uomo e macchina produrrà vantaggi aprendo nuovi possibili orizzonti? Che sia questo il punto di inizio dell’era digitale e dell’Umanesimo 3.0?
Ci sono molti vantaggi nell’utilizzo dell’AI come GPT ma ci sono anche preoccupazioni sulla sua sicurezza e la sua capacità di superare l’intelligenza umana. Viene da chiedersi quali saranno i possibili scenari lavorativi del futuro, per esempio. Alcuni lavori continueranno a esistere o verranno meno? E nel caso, quali? I giornalisti, gli scrittori, gli artisti (anche Vermeer), gli architetti, i designer che fine faranno (ne scrivevamo anche in questo approfondimento)? Si imporranno continuando a “produrre” notizie, opere ed emozioni nero su bianco, a testa alta, o lasceranno che l’AI prenda il loro posto?
E data la velocità di espansione e la portata di tale fenomeno già in atto, riusciremo a renderci conto delle differenze fra un testo prodotto da un “bot” ed uno di “pugno umano”? E soprattutto, questo articolo chi l’ha scritto? A voi l’ardua sentenza. Il resto, come sempre, è una scommessa.