25 ottobre 2023

La guerra tra Israele e Hamas scuote anche la Biennale di Venezia

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Il conflitto che sta sconvolgendo il territorio palestinese si riflette anche sulla prossima Biennale d’Arte di Venezia: il padiglione Israele si terrà come previsto ma il progetto del Palestine Museum è stato respinto

I Giardini della Biennale, sede del Padiglione Israele

Mentre le angoscianti immagini del territorio palestinese devastato dai bombardamenti continuano a scorrere sugli schermi di tutto il mondo, la guerra tra Israele e Hamas si estende anche su altri ambiti. Di certo meno drammatici ma tenere traccia anche di queste diramazioni è un’operazione significativa, per una narrazione dei fatti che tenga conto anche di altre prospettive.

Abbiamo già scritto di come il mondo dell’arte e della cultura, dopo i primi giorni di silenzio, abbia rivelato tutte le sue spaccature che, adesso, continuano ad approfondirsi. Dopo la lettera di supporto alla popolazione palestinese firmata da circa 8mila artisti e autori di tutto il mondo, era arrivata la dura replica della comunità artistica israeliana. E ora la polemica coinvolge anche la Biennale d’Arte di Venezia, che spesso diventa lo specchio dello scenario geopolitico internazionale, concentrato nello spazio delle installazioni, basti pensare al caso più recente, con il Padiglione della Russia rimasto chiuso durante l’ultima edizione del 2022.

E dunque, il Padiglione Israele, dell’artista Ruth Patir e delle curatrici Mira Lapidot e Tamar Margalit, annunciato a settembre, sarà allestito come previsto. Invece, secondo quanto riportato da Artnews, la Biennale ha respinto la proposta di inserire nel suo programma ufficiale una mostra promossa dal Palestine Museum, istituzione statunitense, con sede nel Connecticut, che aveva già allestito una mostra di arte palestinese in concomitanza con la Biennale del 2022.

Chi è Ruth Patir

Nata nel 1984 a New York, Ruth Patir vive e lavora a Tel Aviv. Ha studiato presso la Bezalel Academy of Art and Design di Gerusalemme e ha conseguito un MFA presso la Columbia University di New York. Nella sua ricerca ibrida, sfaccettata, focalizzata sul femminismo e sull’archeologia, fonde la storia con la tecnologia. Usando il cinema 3D e le antiche reliquie, confondendo i confini tra le epoche e le tecniche, approfondisce le modalità attraverso le quali il passato modella le narrazioni moderne.

Nel 2018, Patir ha ricevuto il premio “Young Video Artist” dal Ministero della Cultura israeliano ed è stata membro del programma Artport Residency sponsorizzato dalla Arison Foundation. Il suo film Sleepers (2017) è stato premiato con l’Experimental Cinema and Video Art Award al Jerusalem Film Festival ed è stato presentato al Danspace Projects di New York. Le sue opere sono state esposte in sedi espositive come CCA Center for Contemporary Art di Tel Aviv, l’Anthology Film Archives e il MoMA di New York. Nel 2023 ha esposto alla 14ma Gwangju Biennale, in Corea del Sud, nel 2022 ha partecipato alla Chennai Photo Biennale, in India.

Il messaggio del Padiglione Israele

«Siamo rimasti sbalorditi e terrorizzati dagli orrendi attacchi del 7 ottobre da parte di Hamas che hanno brutalmente distrutto la vita di tanti nostri parenti, amici e conoscenti», hanno scritto Patir, Lapidot e Margalit, ad Artnews. «Il nostro immenso senso di dolore è aggravato dalla profonda preoccupazione per la crescente crisi umanitaria a Gaza e si estende alla tragica perdita di vite umane lì, e a ciò che deve ancora succedere. Dopo lo stato iniziale di shock e disperazione che ci ha lasciato paralizzati, negli ultimi giorni abbiamo iniziato a confrontarci con una questione: come possiamo andare avanti e continuare a fare arte e pianificare la mostra per il padiglione israeliano, in questi tempi bui. Eppure ci aggrappiamo alla convinzione che debba esserci uno spazio per l’arte, per la libera espressione e creazione, in mezzo a tutto ciò che sta accadendo. Questa è proprio la cosa che ci dà speranza in questi giorni. Stiamo lottando anche per i valori umanisti; altrimenti potremmo anche sostenere che gli estremisti hanno vinto».

Il Palestine Museum a Venezia

Al 31 luglio 2019, solo 138 (71,5%) dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite riconoscevano ufficialmente lo Stato della Palestina, anche se alcuni riconoscono tuttavia l’OLP come rappresentante del popolo palestinese. La presenza di un Padiglione nazionale della Palestina alla Biennale è dunque controversa.

Nel 2002, per l’ottava edizione della Mostra Internazionale di Architettura, curata da Deyan Sudjic, Sandi Hilal e Alessandro Petti presentarono una serie di installazioni – dieci grandi passaporti – nello spazio interstiziale tra i vari padiglioni nazionali. Con il titolo di Stateless Nation, il lavoro di Hilal e Petti si configurava come «Un progetto di ricerca sull’idea di cittadinanza nata durante la RivoluzioneFrancese», in un territorio, la Palestina, in cui vengono messi in costante discussione quegli stessi «Concetti fondamentali di uguaglianza e libertà, orgogliosamente rappresentati dalla civiltà occidentale» (ne scrivevamo qui).

Per la Biennale d’Arte del 2022, invece, le vicende della Palestina trovarono spazio a Palazzo Mora, in occasione della mostra From Palestine with Art, organizzata dal Palestine Museum e inclusa nel programma ufficiale degli eventi collaterali. 19 gli artisti palestinesi affermati ed emergenti coinvolti, tra residenti in Palestina e provenienti dalla sua diaspora, invitati a rappresentare «La bellezza duratura della Palestina», affermava Nancy Nesvat, curatrice del progetto espositivo e dell’istituzione statunitense che supporta la diffusione della cultura palestinese nel mondo.

Per la Biennale del 2024, invece, la situazione è evidentemente diversa. Il direttore e fondatore del Palestine Museum, Faisal Saleh, ha dichiarato che la proposta di partecipazione è stata respinta in data 20 ottobre. Saleh ha inoltre spiegato che anche un’altra richiesta di partecipazione, per la Biennale di Architettura 2023, non era stata accordata. Ma il Palestine Museum sarà comunque presente a Venezia, con la mostra intitolata Foreigners in Their HomelandStranieri nella loro patria, che si terrà ugualmente, sempre a Palazzo Mora, anche se non sarà inclusa nel programma degli eventi collaterali della Biennale. La mostra farà luce sulle condizioni di sofferenza in cui versano i palestinesi, costretti a vivere in una situazione di apartheid.

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