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«Opere piene di bugie anticinesi» e che «Distorcono i fatti, diffondono false informazioni, fuorviano la comprensione del popolo italiano e feriscono gravemente i sentimenti del popolo cinese, mettendo in pericolo le relazioni amichevoli tra Cina e Italia». Si esprime senza mezzi termini la lettera inviata al Comune di Brescia dall’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia, pubblicata dal Giornale di Brescia. Oggetto della contesa, una mostra il cui titolo è altrettanto diretto – seppur con le dovute proporzioni – “La Cina (non) è vicina”, a cura di Elettra Stamboulis e dedicata a Badiucao, artista dissidente cinese (no, non è Ai Weiwei), visitabile al Museo di Santa Giulia di Brescia, come evento principale della quarta edizione del Festival della Pace. L’esposizione aprirà a novembre ma stata presentata nelle scorse settimane in un talk, al quale è intervenuta anche Zehra Dogan, altra artista impegnata e coraggiosamente schierata, che a sua volta fu protagonista di una mostra al Museo di Santa Giulia, tra il 2019 e il 2020, per la stessa manifestazione. In quella occasione, durante una performance, Dogan realizzò un’opera, poi donata al museo, dedicata a Hevrin Khalaf, politica curda con cittadinanza siriana, segretaria generale del Partito della Siria del Futuro, uccisa il 12 ottobre 2019 da combattenti appoggiati dalla Turchia, durante l’operazione militare turca contro le Forze Democratiche Siriane nel Rojava.
1/ My Very First International Solo Exhibition
13.11.2021 – 13.02.2022
Santa Guilia Museum
Brescia
Italy 🇮🇹 🇪🇺Exhibition Info https://t.co/yZIGo5FvuM pic.twitter.com/rzEW8B7rOm
— 巴丢草 Badiucao💉💉 (@badiucao) October 20, 2021
Noto per il suo attivismo radicalmente critico contro il Governo del suo Paese, Badiucao è considerato il Banksy cinese, sia per lo stile, denso di riferimenti pop alla politica e all’attualità reinterpretati in una pungente chiave satirica, che per l’anonimato. Fino al 2019, infatti, la sua identità non era nota ma a svelarla è stato lo stesso artista, il 4 giugno di quell’anno, in occasione del trentennale dai fatti di piazza Tienanmen. Nato a Shangai nel 1986 e laureato in Legge, Badiucao raccontava di aver abbandonato la Cina dopo aver visto un documentario taiwanese sulle repressioni delle proteste di piazza Tienanmen, evento del quale non era a conoscenza, a causa della censura. Nel 2009 emigrò in Australia, per dedicarsi alla guerrilla art anonima, satirica e diffusa dal suo account Twitter, seguito da circa 80mila persone. Quello dei social è uno dei pochi canali a disposizione dell’artista, considerando la difficoltà nell’organizzare una mostra fisica: nel 2019 una sua personale a Hong Kong venne fatta cancellare dalle pressione del Governo cinese.
Ci ha riprovato Fondazione Brescia Musei, istituzione presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov. La mostra al Museo di Santa Giulia sarà scandita da opere di varie dimensioni e in diversi materiali, tra installazioni, tele, grafiche e cartoon, dagli inizi della carriera artistica di Badiucao fino agli ultimi lavori. I temi sono, ovviamente, controversi: diritti umani, censura, repressione in Myanmar e a Hong Kong, assimilazione degli Uiguri. Poche settimane fa, la HRF – Human Right Foundation, un’organizzazione no-profit impegnata nella «Difesa dei diritti umani e nella promozione delle libertà democratiche nelle Americhe», gli ha consegnato il Václav Havel Award for Creative Dissidence, riconoscimento conferito ad artisti perseguitati dai governi. Durante la cerimonia, Badiucao ha presentato cinque nuove opere riferite alle Olimpiadi invernali di Pechino, che si terranno nel febbraio 2022.
«Noi artisti dissidenti siamo vulnerabili», ha spiegato Badiucao al Giornale di Brescia. «Sono fuggito dal mio Paese, mi sono mascherato come Banksy, ma i militari cinesi mi hanno raggiunto in Australia, hanno minacciato me e la mia famiglia. Ho capito che non aveva senso nascondermi, e ho deciso di affrontare la realtà nel nome della verità. Ma l’arte è un mercato, e i galleristi mi hanno detto no». E adesso, la lettera dell’Ambasciata, alla quale il sindaco Emilio Del Bono, area PD, per ora ha detto no: la mostra si farà. E questa resistenza allo spettro cinese ha avuto anche il merito di mettere d’accordo le forze politiche in maniera trasversale. Andrea Delmastro delle Vedove, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Affari Esteri, e Giangiacomo Calovini, consigliere Comunale di Brescia, hanno infatti sostenuto l’operato del Sindaco, nel «Rispedire al mittente ogni indebita pressione. Non accettiamo alcuna censura da parte dell’Ambasciata Cinese, la libertà di pensiero e di espressione sono il sale della democrazia», hanno dichiarato in una nota.