Sblocco dei ristori rimasti in sospeso, convocazione di un tavolo interministeriale e, soprattutto, riforma strutturale dell’intero settore e per tutta la filiera, dai grandi enti ai singoli operatori. Sono chiare le richieste dei lavoratori della cultura e dello spettacolo che oggi, 23 febbraio, scendono in piazza in tutta Italia, dal nord al sud della Penisola, comprese le isole, così poco rappresentate, almeno numericamente, nel nuovo Governo Draghi. Sfileranno davanti ai maggiori teatri, dall’Argentina di Roma al Mercadante di Napoli, per far sentire la propria voce contro i mali endemici del settore, venuti impietosamente alla luce a causa – o forse grazie – all’emorragia economica e sociale legata all’emergenza sanitaria, esplosa giusto un anno fa. #unannosenzaeventi è l’hashtag che riunisce il movimento, un anno senza pubblico e fruizione, senza reddito E a distanza di 365 giorni di chiusure di musei, siti culturali, cinema, teatri, sale da concerto, biblioteche e archivi, la tenuta è ormai logora.
«È evidente che la strada dei bonus una tantum non è quella giusta: servono misure di reddito e sostegno strutturali e universali per affrontare una crisi di tale portata», si legge nel manifesto condiviso dalle varie associazioni di settore e stilato dalla RISP – Rete intersindacale professionist* spettacolo e cultura, alla quale ha aderito, tra i molti altri, anche Art Workers Italia.
Cinque i punti di intervento:
A scendere in piazza anche i sindacati di categoria, Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom, che hanno lanciato l loro hashtag: #torniamoafarespettacolo. Simili le loro richieste: ammortizzatori sociali e sostegni fino alla fine dell’emergenza sanitaria, per garantire il reddito dei lavoratori e a salvaguardia dell’occupazione; riapertura in sicurezza di cinema, teatri e musei; rinnovo dei contratti nazionali e definizione di protocolli a tutela dei lavoratori autonomi e dei professionisti; riforma legislativa del settore degli spettacoli e stabilizzazione dell’occupazione nelle fondazioni lirico-sinfoniche.
Nel corso del primo consiglio dei ministri, svoltosi ieri in mattinata, si è discusso anche delle misure di lockdown, con molte Regioni che, negli ultimi giorni e nelle prossime settimane, cambieranno colore, prevedibilmente andando incontro a misure più restrittive. Ricordiamo, infatti, che la riapertura dei musei e dei siti culturali riguarda solo la Zona Gialla, mentre già in Zona Arancione si torna a chiudere senza se e senza ma. In sede di Consiglio, anche Dario Franceschini, rieletto al nuovo Ministero della Cultura nel Governo Draghi ma orfano del Turismo, ha detto la sua, dichiarandosi sostanzialmente a favore nel conferire ai sindaci l’autonomia per attuare i lockdown territoriali.
In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, Franceschini si è sbilanciato sulle riaperture e si è mostrato possibilista: «Teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo», ma «Siccome l’Italia è l’Italia vorrei che fossimo i primi a riaprire», ha dichiarato il Ministro, indicando la strada. «L’operazione va fatta non con i proclami né con gli annunci ma per passi possibili», ha continuato Franceschini, che ha chiesto al Comitato tecnico-scientifico «Un incontro urgente per proporre le misure di sicurezza integrative su cui stanno lavorando le organizzazioni di categorie». Si tratta di misure già abbondantemente descritte nei mesi scorsi, come sistemi di prenotazioni online per evitare file al botteghino, biglietti nominativi per facilitare la tracciabilità, contingentamento degli ingressi, un sistema relativamente semplice da attuare in una struttura come quella di un museo.
E intanto, secondo quanto riportato da Libero, sembra ritornare all’orizzonte la figura di Lucia Borgonzoni. Sarebbe proprio lei la prescelta da Matteo Salvini come sottosegretaria alla cultura, ruolo ancora da assegnare e che ha già ricoperto nel Conte I. Leghista convinta e sostenitrice del primato linguistico italiano nella vicenda Leonardo vs Leonardò, Borgonzoni sarebbe la persona adatta soprattutto a controllare Franceschini che, a dire il vero, si è sempre mostrato equilibrato nelle sue posizioni.
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