Gli effetti della crisi Ucraina si sono fatti sentire nel mondo dell’arte e della cultura anche in maniera piuttosto vistosa. Tra i vari episodi, abbiamo scritto dei Padiglione della Russia e dell’Ucraina alla Biennale d’Arte di Venezia, oltre che dell’episodio di censura dell’Università Bicocca per il corso su Dostoevskij. Pochi giorni fa, tramite una lettera firmata da Mikhail Piotrovsky, direttore generale dell’Ermitage, è stata chiesta la restituzione di due dipinti al Palazzo Reale di Milano e di 23 alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, di proprietà della Russia e attualmente in prestito (qui l’elenco completo). «In base alla decisione del ministero russo della Cultura tutti i prestiti in essere devono essere restituiti dall’estero alla Russia», si legge nella lettera. «Capisco perfettamente che questa decisione vi creerà grande dispiacere ed inconvenienti e spero nella vostra comprensione», continua il direttore Piotrovsky. Abbiamo raggiunto Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale di Milano, per avere una sua opinione in merito.
Dall’inizio del conflitto russo-ucraino, apprendiamo con sgomento quanto sta accadendo anche sul piano culturale. Quanto incida la mancanza di equilibrio geopolitico negli scambi tra i musei è evidente. Qual è la sua posizione a riguardo? Perché Palazzo Reale deve adeguarsi alla richiesta di restituzione delle opere da parte dell’Ermitage? C’è una precisa regolamentazione da seguire in questi casi?
«Il proprietario di un bene o di un’opera ha il diritto di chiedere in anticipo la sua restituzione. È chiaro che questo però non avviene quasi mai. Il conflitto in Ucraina ci mette umanamente a dura prova e il patrimonio culturale, purtroppo non può che risentirne».
Lo scambio di opere tra musei è il frutto di un rapporto anche amicale tra paesi prestatori. La guerra in corso mette a repentaglio questa amicizia lunga anni. Che risposta vorrebbe dare a questo episodio?
«Con il museo dell’Ermitage, abbiamo da molti anni rapporti di amicizia diretti e trasparenti, siamo due istituzioni museali, i contatti e le relazioni scientifiche non sono mai venute meno.
La lettera di richiesta per la restituzione da parte del Direttore, Michail Piotrovsky è stata come di consueto cordiale. Nulla di scortese o perentorio. È un dirigente di grande spessore culturale e valore umano».
Cosa comporterà la mancanza di queste opere per la mostra in corso? Il progetto espositivo resta in piedi?
«Non cambierà l’impianto dell’esposizione. Diverso sarebbe stato se i prestiti fossero stati più numerosi. Avrebbero potuto compromettere il valore scientifico della mostra, ma questo adesso non si verificherà, nonostante l’opera, in particolare quella di Tiziano, rappresenti un pezzo importante e visto che in mostra abbiamo molti capolavori».
Il Ministro Franceschini ha dato delle indicazioni, anche se la questione non riguarda direttamente il Ministero, poiché le opere coinvolte nella faccenda sono relative alle mostre in corso a Milano realizzate da Palazzo Reale e dalle Gallerie d’Italia. Trova la dichiarazione del ministro corretta? Di quali margini di libertà dispone un’istituzione museale come Palazzo Reale?
«Ogni contratto di prestito o di comodato d’uso, com’è in questo caso, prevede il diritto di recesso o restituzione anche per ragioni di natura diversa da una guerra. Per qualunque motivo l’opera può essere richiesta indietro prima del tempo per cui era stata prestata.
In questi giorni, un trasportatore di fiducia porterà le opere di nuovo all’Ermitage. Non ci opporremo, faremo esattamente come ha richiesto il Direttore, in un clima già così teso, mi sembra necessario assecondare senza esprimere giudizi.
Quando il conflitto finirà, ci auguriamo prima possibile, le istituzioni culturali saranno le prime a ricucire lo strappo, come è sempre avvenuto.
Esiste un proprietario di un’opera, è vero, ma la bellezza dell’opera è qualcosa di universale, perché è patrimonio di tutti».
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