Dopo le dimissioni di Gennaro Sangiuliano sembra non esserci pace per il Ministero della Cultura. Era stato appena annunciato l’affidamento dell’incarico di curatela del Padiglione Italia alla Biennale di Architettura di Venezia 2025 a Guendalina Salimei, ma adesso Alessadro Giuli deve far fronte alle dimissioni di Francesco Spano, nominato solo pochi giorni fa Capo di Gabinetto. Spano aveva preso il posto di Francesco Gilioli, il cui incarico era stato revocato a causa di una «Mancanza di fiducia» da parte del ministro Giuli.
«Con sofferta riflessione mi sono determinato a rassegnarLe le mie dimissioni dal ruolo di Capo di Gabinetto della Cultura con cui ha voluto onorarmi», scrive Spano nella sua lettera indirizzata a Giuli. «Il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante».
Grande rammarico ha espresso anche Giuli, per aver dovuto accogliere le dimissioni di Spano, dopo avere più volte respinte. «A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore. Non da ultimo, ribadisco a Francesco Spano la mia completa stima e la mia gratitudine per la specchiata professionalità tecnica e per la qualità umana dimostrate in diversi contesti, ivi compreso il Ministero della Cultura», ha dichiarato il Ministro.
La decisione di nominare Spano non era piaciuta al Presidente del Senato Ignazio La Russa e aveva creato malumori tra i vertici di Fratelli d’Italia. Avvocato, 47 anni, Spano era stato direttore dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali durante il governo di Paolo Gentiloni. Nel 2017 fu costretto a dimettersi dall’incarico a seguito di una inchiesta dell’inviato de Le Iene Filippo Roma, nella quale Spano era accusato di aver approvato il versamento di 55mila euro ad ANDOS, una Onlus che riunisce diversi Circoli Privati ed Associazioni LGBT italiane. Nell’inchiesta giornalistica si sosteneva che in alcuni circoli associati si svolgevano serate a sfondo sessuale, anche a pagamento. Ad aizzare la polemica fu proprio Giorgia Meloni, che annunciò un’interrogazione urgente. Le accuse rivolte a Spano però si rivelarono infondate: a scagionarlo, la Corte dei Conti che confermò la regolarità del bando e dell’erogazione dei finanziamenti pubblici. All’indomani della nomina a Capo di Gabinetto, la vicenda è stata riportata a galla da Pro Vita & Famiglia Onlus, che aveva lanciato una petizione popolare per chiedere la revoca immediata ma Giuli aveva ribadito la sua piena fiducia a Spano. Ancora una volta, però, è stata fatale una inchiesta.
Secondo quanto riportato da La Stampa, la decisione di Francesco Spano sarebbe collegata alla puntata di Report in programma per domenica 27 ottobre. Come citato dal Sole 24 ore, Fonti del Collegio Romano, riferiscono che l’inchiesta riguarderebbe il MAXXI, durante il periodo in cui Spano era segretario generale. In particolare, il suo compagno avrebbe ottenuto una consulenza ben remunerata presso il museo. Non è ancora chiaro se questo episodio sia avvenuto durante la presidenza di Giuli (2022-2024).
«Le notizie che si stanno susseguendo in queste ore, con l’annuncio di un’inchiesta da parte di Report e le dimissioni di Francesco Spano da capo di gabinetto, vedono il ministero della cultura al centro di un caos che non è più sostenibile. Quando parla di ”barbarico clima di mostrificazione”, Giuli evidentemente si riferisce agli attacchi ricevuti dalla stampa e da esponenti di destra», commentano i capigruppo M5S in Commissione Cultura al Senato e alla Camera, Luca Pirondini e Antonio Caso. «Ma quali sono esattamente le ragioni di queste dimissioni? Quali altri elementi ci sono che l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere? Alessandro Giuli ha il dovere di fare completa chiarezza sui motivi di queste dimissioni e in generale su ogni aspetto che possa emergere rispetto alla trasparenza e alla correttezza del suo operato e del ministero che si trova a guidare. È insostenibile che un’istituzione così importante sia oggetto di una ridda di voci incontrollate e di episodi che ne minano la credibilità senza che il ministro sente il dovere di dire una parola».
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