17 giugno 2020

Perché il caso Montanelli non può essere trattato con superficialità

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Dopo l'articolo di Fabrizio Bellomo sul caso Montanelli, ci siamo volute allontanare dalle sue parole. Qui una nota in cui vi spieghiamo perché.

Negli ultimi giorni sono state scritte moltissime pagine sulla questione statue si-statue no, Montanelli grande giornalista VS Montanelli violentatore; una in particolare è stata pubblicata domenica sulle pagine di questa testata che da anni ci vede dietro lo schermo a lavorare quotidianamente.

Domenica sera abbiamo letto le considerazioni di Fabrizio Bellomo sull’affaire Montanelli e ci siamo istintivamente volute dissociare dalla scelta di pubblicarle su exibart. Crediamo sia necessario spiegare perché sarebbe stato meglio, secondo noi, non porre l’accento su opinioni personali, forse provocatorie, ma sicuramente poco accurate.

Quella di Bellomo si aggiunge alle moltissime illustri firme che hanno scelto di schierarsi in difesa della figura di Indro Montanelli, ciclicamente al centro delle cronache per aver affittato una moglie dodicenne nera durante le campagne coloniali italiane in Abissinia e di aver avuto con lei rapporti sessuali per tutta la sua permanenza in Africa. Per questo motivo la statua che lo ritrae all’interno dei Giardini pubblici Indro Montanelli di Milano è stata spesso oggetto di atti vandalici, ultimo in ordine di tempo quello ad opera dei movimenti studenteschi, sulla scia delle manifestazioni Black Lives Matter in tutto il mondo.

Molti, dicevamo, hanno difeso il giornalista utilizzando delle argomentazioni decisamente superficiali, che vanno da “i suoi errori vanno contestualizzati! All’epoca era un’usanza comune”, a “E allora il Colosseo?”, “Quindi Caravaggio e Pasolini?” o ancora, nel caso specifico, innescando un paragone con chi potrebbe aver commesso reati o gesti simili, che siano essi i nostri nonni o famosi intellettuali del secolo scorso.

Considerare non rilevante, al fine di analizzare questa storia, la posizione di potere in cui si trovava Montanelli – e certamente tanti come lui – invasore, vincitore, pagante (non direttamente lui, ma il suo generale per lui), maschio, bianco, fa tornare alla mente il vecchio adagio “Italiani Brava Gente”, dietro il quale abbiamo nascosto la memoria della storia colonialista del nostro paese. La pungente questione coloniale è da sempre nascosta sotto al tappeto attraverso una pratica tutta italiana: il colonialismo italiano è stato un fallimento, siamo stati vittime delle politiche di altre nazioni, soggiogati, incapaci di far male, gentili anche da invasore. Storia che poi, anche grazie a vicende come quella narrata da Montanelli, si scoprirà essere una favola.

Questa cancellazione della memoria, pratica tanto temuta dai difensori delle statue e dei monumenti, è stata operata in maniera tanto sottile quanto efficace, fino a far dimenticare la storia dell’Italia coloniale anche all’estero, facendo apparire l’italiano come essere incapace di violenza.

Considerare non colpevoli uomini che hanno avuto relazioni con minori non consenzienti solo perché si trovavano in un’altra nazione e in un’altra epoca e perché per la “faccetta nera” di turno era normale, è davvero un’argomentazione priva di fondamento, assimilabile alle chiacchiere da bar. Inoltre il considerare normale perché dettato dal contesto qualcosa che, anche all’epoca, in Italia era punito per legge, potrebbe raggiungere una deriva molto rischiosa, sia in termini di costruzione del futuro che come precedente per una rilettura del passato.

Come ha sottolineato lunedì sera Christian Raimo, ospite alla trasmissione Quarta Repubblica su Rete4, Montanelli è stato fondamentalmente sei cose: uno stupratore mai pentito, un assassino fascista fiero di esserlo, un pedofilo perché “L’abuso sessuale è terribile a qualunque latitudine, non possiamo pensare che i valori occidentali contino solo qui e in Abissinia no” un suprematista, un mentitore e un antidemocratico. Sulla questione del “brillante giornalista, una delle penne più brillanti che l’Italia abbia mai avuto”, potete immaginare come la pensiamo, rimandiamo comunque all’articolo di Silvia Ballestra pubblicato ieri su Internazionale, che affronta la questione in maniera completa.

Al di là del processo a Montanelli, siamo convinte che i lettori di exibart meritino opinioni più profonde, argomentazioni meno banali (e discutibili) del “Lo facevano anche i tuoi nonni, quindi era normale!” e che il livello del dibattito debba essere decisamente più alto di così. La rivista ha pubblicato altri punti di vista (che vi proponiamo qui), in nome di una giusta possibilità di confrontare opinioni su un tema tanto spinoso. Ben venga il dibattito aperto ma che questo sia di qualità, non “di pancia”.

Davanti all’aggressione di una statua, siamo posti davanti a un bivio. La prima strada, quella più istintiva, è il fastidio per l’atto violento che noi non ci siamo mai sognati di fare, il discostamento da gesti che ci sembrano cancellare la memoria storica. La seconda, quella più tortuosa, impone necessariamente un momento di stasi prima di essere intrapresa: la sospensione del giudizio. Occorre chiedersi cos’è che ci disturba tanto, e perché. Occorre, in seconda istanza, ascoltare, prima ancora di parlare. Ascoltare chi manifesta, chi studia storia, cultura visuale, arte. Riteniamo fondamentale porci all’ascolto di chi può spiegarci le ragioni dietro atti che possono sembrarci insensati. Un senso c’è. L’abbattimento o la vandalizzazione delle statue, la loro risignificazione nel presente fanno parte della storia da riscrivere, proprio perché la storia non è e sarà mai Una.

Questo non significa che, una volta interpellate queste persone, saremo disposti a schierarci dalla parte dell’atto vandalico, ma avremo strutturato la nostra opinione a partire da fondamenta più solide di un giudizio tagliato con l’accetta, come “distruggere è stupido”. Specie se si invoca la contestualizzazione dei fatti, ma solo se sono già riposti con sicurezza nella storiografia. In caso contrario, se riguardano l’attualità, la contestualizzazione non è meritata e le azioni sono giudicate in maniera grossolana.

Ci sarebbe molto da dire ma questa è davvero una nota circoscritta, appunti sparsi di riflessione. Crediamo sia giusto essere trasparenti nelle nostre decisioni e motivarvi le ragioni del nostro dissenso. Noi vogliamo e continuiamo ad ascoltare chi meglio di noi può farci capire il problema e, a tal proposito, vi rimandiamo a questo post Facebook di Djarah Kan

E per proseguire questo flusso di pensieri, alle 18:00 una di noi sarà presente su Instagram per parlare del ruolo delle statue nella nostra società, del perché vengono distrutte, e perché ci dà così fastidio che questo accada.

Grazie.

 

5 Commenti

  1. iniziate un articolo dicendo “non possiamo dare spazio ad opinioni personali” e non fate nient’altro che dare opinioni personali e politicizzate, che però stanno dalla vostra parte.

    Fate ridere come testata.

  2. Questo articolo è il migliore che ho letto circa il processo post-mortem a Montanelli da un punto di vista accusatorio. Purtroppo parte dal presupposto che si trattasse di una violenza carnale. E lo ripete diverse volte. Ora. I fatti sono noti e chiari. Dai fatti dobbiamo partire. Tra l’altro noti unicamente grazie alla penna di Montanelli stesso. Uno dei pochi italiani ad avere il coraggio di raccontarle, le vergogne italiane. Si è trattato di sesso tra un 20enne e una minorenne di 12 o forse di 14 anni. Consenziente. Consenziente sua madre. Consenzienti gli Askari che erano nostri alleati (quindi collaborazionisti se vogliamo e non prigionieri). Consenziente la legge delle colonie, attraverso un matrimonio “in madamato”, legge che non lo fu più dopo le leggi razziali, ma per motivi razzisti. Non ci fu un’atto violento. Tra l’altro, orribile retaggio di antiche usanze pre-cristiane e pre-islamiche, la ragazzina era stata infibulata dai propri genitori. Quindi anche questo, dimostra come un’atto di forza, una costrizione fisica, propria della violenza carnale, non si sia consumata. Questo è quello che sappiamo. E dovreste correggere quanto scritto, se amate raccontare la verità. Lo dimostra anche che negli anni 50 ci fu un incontro tra Indro Montanelli e questa ragazza che aveva sposato un sottoposto Askari di Montanelli, e aveva chiamato un figlio Indro. Se si vuole accusare Montanelli di qualcosa, bisogna discutere sulla questione dell’età del consenso. Questione quanto mai aperta, non solo in Africa, anche al giorno d’oggi. E non inventarsi violenze che non si consumarono in nessun caso da parte di Indro Montanelli. Di certo il suo non fu un comportamento da santuomo, e prese parte ad una guerra ingiusta. Ma dimostrò più avanti che era capace di dividere il suo pensiero, da quello del potere, anche a costo di rimetterci la vita. Non sempre sono stato d’accordo col suo pensiero. E lo stile del suo racconto mi aveva ghiacciato. Certamente il pensiero di un uomo di inizio secolo, ancorchè lucidissimo. Cerchiamo però perfavore almeno, di avere un punto di vista reale. Volete sapere cosa invece mi fa paura? Che a Noli sia stata vandalizzata recentemente già due volte, e con colpi di arma da fuoco, la targa memoria di Giuseppina Ghersi, ragazzina violentata in gruppo, pestata, torturata e uccisa perchè a 13 anni nel 45 era stata considerata una simpatizzante fascista. Una bambina cresciuta e educata nel folle ventennio fascista, senza alcuna colpa se non quella di essersi fidata degli adulti.

  3. Tutto l’editoriale ribadisce che Montanelli fu uno stupratore e che l’attenuante della contestualizzazione è inconsistente, affermando in maniera condivisibile che sminuire un’azione deprecabile con varie scuse in qualche modo la giustifica e ci anestetizza ad accettarla come “non così cattiva”.
    A mio avviso si sta spostando il focus da un’azione deprecabile (gli atti vandalici alla statua) ad un’azione deprecabile della vittima degli atti precedenti (la dignità morale di Montanelli) che in realtà è un caso da manuale di processo politico che non possiamo assolutamente tollerare anche se colpisce un soggetto di Chiara inclinazione a destra ed un passato da fascista.
    La dinamica di approvazione dell’abbattimento della statua è completamente sbagliato perché simile sotto molti aspetti alla condanna che alcuni attuano verso una prostituta violentata dicendo che è una poco di buono.
    Il contestare l’abbattimento non vuol dire approvare o sminuire la condotta di Montanelli, ma di condannare un gesto politico che vuole abbattere la memoria della parte opposta (in questo caso la destra) a colpi di iconoclastia.
    Non si può accettare questo vandalismo per i seguenti motivi.
    La statua ad Indro Montanelli è stata eretta non per meriti etici, ma per la sua straordinaria capacità di giornalista, noto oltre che per il suo talento naturale anche per il suo coraggio di raccontare le cose senza filtri, nude e crude.
    In altri termini la statua è eretta al giornalista.
    Sarebbe corretto rimuoverla se si scoprisse che Montanelli non fosse stato un giornalista, ma magari si fosse fatto scrivere le cose da altri, ma non mi pare che sia questo il caso.

    Non possiamo rimuovere una statua eretta per un merito perché si scopre un demerito in un altro campo come quello etico, perché se così fosse, per coerenza dovremmo abbattere le statue di Garibaldi visto che si macchiò di tentato stupro verso una giornalista che era andato ad intervistarlo e mi fermo qui perché l’elenco sarebbe infinito.

    È vero che cercare di sminuire la deprecabile azione di aver sposato una dodicenne e di averci fatto sesso “consenziente” è sbagliato, perché la pedofilia è un’azione deprecabile senza se e senza ma.
    Il problema è che a questa domanda non si dovrebbe proprio rispondere perché trasforma la vittima in imputato.
    È una domanda scorretta esattamente come chiedere se una prostituta che sia stata violentata se lo meritava o no.
    Non importa se approvo o contesto la prostituzione, conta solo che la donna, ancorché prostituta, ha subito violenza.

    Questa strategia di fare processi politici travestiti da processi morali è un atto fascista che in una nazione democratica e quindi antifascista non deve essere tollerato anche se la vittima in questo caso è un fascista o di quell’area.

  4. Siete ridicoli.
    Andate a scavare nella storia.
    Scavate pure e vedrete quante storie verrano a galla sia a destra che a
    Sinistra (da voi difesa).
    Se volete possiamo parlarne.
    Andate avanti senza girare la testa all’indietro.

  5. Ignorante rapportare la storia alla contemporanea visione egocentrica di chi non vede oltre il proprio naso: in Abissinia/Etiopia in quegli anni l’aspettativa media di vita era intorno ai 35 anni e a 12 anni non erano ragazzine ma donne di mezz’età, anche nell’aspetto, quella era l’età in cui tutte si sposavano. Meschino poi sparlare di uno che essendo morto non può controbattere, lasciate in pace i morti.

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