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La Notte Stellata di Vincent Van Gogh è indubbiamente una delle opere più famose al mondo. Realizzato nel 1889, è un appassionato paesaggio notturno, dove il buio è acceso dai bagliori luminosi delle stelle e della luna. In questi giorni, però, ha un piccolo problema, notato dall’occhio di falco di Nate Freeman, giornalista di Artprice.
Oggi, la casa della Notte Stellata è il Museum of Modern Art di New York, fiore all’occhiello della collezione permanente. In questi mesi di chiusura, il MoMA ha pubblicato dei video che documentano il disallestimento delle gallerie. La serie At The Museum coinvolge anche il dipinto in questione. Nell’ultima puntata, l’opera del pittore olandese viene rimossa dalla sua abituale postazione, tolta con estrema cura dalla parete e spostata altrove, dove probabilmente sarà sottoposta a un processo di pulitura, come gli altri capolavori del museo.
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Spolverino, spugna e aspirapolvere: dev’essere utilizzato tutto il possibile per rendere le opere impeccabili, pronte per la riapertura, ormai prossima, del 21 ottobre. Tuttavia, qualcosa dev’essere sfuggito ai meticolosi esperti, che sono inciampati – non letteralmente, per fortuna – proprio su uno dei pezzi più importanti della collezione.
Qualche giorno fa, il MoMA ha permesso ai giornalisti di visitare in anteprima il nuovo riallestimento. Tra loro, c’era Nate Freeman di Artnet, che ha documentato la sua esperienza in un articolo. Ha avuto l’incredibile opportunità di restare solo davanti alla Notte Stellata di Van Gogh. Un privilegio non da poco, in un museo di solito sempre affollato di turisti.
Si è avvicinato sempre di più al vetro, per ammirare meglio l’opera. Ma a pochi centimetri dal capolavoro, ciò che lo ha più colpito non è stata la brillantezza dei colori, né la corposità delle pennellate materiche. O almeno, non solo quelle. Incastrato tra la superficie dipinta e il vetro, vicino ai cipressi, Freeman ha trovato…un capello. Un lungo pelo grigio, di certo non riconducibile alla chioma fulva dell’autore dell’opera. Un pelo lungo, un po’ arricciato, sufficientemente chiaro da risultare in violento contrasto con il cipresso bruno che gli fa da sfondo. Freeman ha controllato ancora e ancora, per accertarsi che non fosse un abbaglio. Per questo ha scattato una foto:
Il giornalista propone ironicamente di dimettere il nome con cui è conosciuta l’opera in inglese, Starry Night, con un più goliardico Hairy Night, la notte pelosa. Sia chiaro: i giornalisti non sono così puntigliosi, non stanno sempre a cercare il pelo nell’uovo. Però non si aspettano nemmeno che il pelo finisca nei quadri! Ci auguriamo soltanto che il problema venga risolto prima della riapertura ufficiale.