02 febbraio 2023

La galleria panoramica della Tate Modern viola la privacy del vicini

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La Corte Suprema sostiene i vicini della Tate Modern nella battaglia per la privacy: la galleria panoramica del museo potrebbe chiudere, per impedire ai visitatori di guardare nelle case

Tate Modern, Blavatnik Building, © Iwan Baan

In tempi di cookies, profilazioni e algoritmi, la riservatezza è diventata un valore ma sentirsi spiati è possibile anche al di fuori dell’ecosistema virtuale, nel caro, vecchio mondo delle cose tangibili. Ma se l’occhio del voyeur fosse quello di un museo? Potrebbe essere un progetto artistico sulla sorveglianza e, in effetti, sembra averne tutti i crismi, compreso il risvolto da annali della giurisprudenza. Insomma, cosa succede se la bella galleria panoramica della Tate Modern è anche fin troppo panoramica, per non dire invadente? Può certamente rappresentare un problema e così i residenti del blocco di appartamenti di Neo Bankside, una unità immobiliare di alto profilo immediatamente prospiciente la galleria, hanno citato il museo in tribunale, per violazione della privacy. La richiesta dei proprietari al giudice è chiara: la Tate Modern deve impedire ai suoi visitatori di guardare nelle loro case. O, in alternativa, un risarcimento danni.

La contestazione si basa sulla Common Law of Nuisance. Nel diritto comune britannico – il famigerato common law, appunto – c’è un termine specifico, “nuisance”, disturbo, che può essere definito come una ingerenza irragionevole e sostanziale sull’uso e sul godimento della proprietà di una persona. Trattandosi di diritto comune, la procedura si basa su precedenti giurisprudenziali più che sulla codificazione e sulle leggi e, per questo, potrebbe rappresentare un episodio fondativo, anche se una sentenza sfavorevole al museo sembrerebbe alquanto quanto complessa da ottenere, considerando il carattere iconico dell’edificio in questione. Ma seguiamo i fatti con ordine.

La Tate Modern inaugurò la sua nuova ala nel 2016, chiamata poi Blavatnik Building in riconoscimento della donazione della Blavatnik Family Foundation, guidata dal magnate Len Blavatnik. Con un investimento di 50 milioni di sterline da parte del governo e l’importante sostegno di privati, il progetto fu firmato dagli archistar Herzog & de Meuron e venne subito salutato come il più importante edificio culturale aperto nel Regno Unito nelle ultime decadi. Con i suoi dieci piani, oltre a estendere la superficie espositiva della Tate Modern, il Blavatnik Building offre anche una galleria panoramica con suggestiva vista su Londra. E sugli appartamenti del Neo Bankside, che ha un’altezza simile al Blavatnik e le cui pareti sono costituite principalmente da vetro. Affacciandosi placidamente dal lato sud della galleria, i visitatori del museo possono vedere direttamente gli interni degli appartamenti, che si trovano a circa 30 metri di distanza in linea d’aria. In discussione c’è dunque il diritto alla privacy nella propria casa.

Un primo verdetto ha riconosciuto l’intrusione visiva dei visitatori troppo curiosi della vita quotidiana dei residenti di Neo Bankside ma ha ritenuto che questa interferenza non può costituire un disturbo. La soluzione, per il giudice, è semplice, basta montare delle tende o chiudere le persiane. Ma la Corte d’Appello ha ritenuto che il ragionamento del primo giudice abbia introdotto errori sostanziali di interpretazione del diritto e quindi, applicando correttamente i principi del disturbo nel common law, la domanda non può non essere accolta. Tuttavia, il ricorso è stato rigettato sulla base del fatto che l’atto di “affacciarsi” non può essere legalmente considerato un disturbo.

Sconfitti due volte, i residenti hanno rivolto l’ultimo appello alla Corte Suprema, il grado di giudizio più alto del Paese, che ha incredibilmente accolto la loro causa. La sentenza della Corte Suprema, scritta da Lord Leggatt, afferma: «La Corte d’Appello ha avuto ragione a ritenere che il giudice abbia applicato in modo errato la legge, ma ha sbagliato a decidere che la legge sulla molestia non copra un caso di questo tipo. Sui fatti accertati dal giudice, si tratta di un semplice caso di disturbo». «Credo che ciò che sta dietro il rigetto della richiesta da parte dei tribunali sottostanti sia la riluttanza a decidere che i diritti privati ​​di pochi ricchi proprietari di proprietà avrebbero potuto impedire al pubblico di godere di una visione illimitata di Londra e a un importante museo nazionale di fornire l’accesso a tale visione», si legge nella sentenza. «Nella misura in cui si tratta di una considerazione pertinente, tuttavia […] non si può giustificare che si consenta di violare i diritti dei ricorrenti senza risarcimento». D’altra parte, i proprietari di immobili in quella zona di Londra, ad alta densità di edifici, devono calcolare il rischio di essere osservati, come parte inevitabile della vita comunitaria della zona, secondo il principio del “do ut des”, vivi e lascia vivere. Pur riconoscendo questo elemento, il tribunale ha stabilito che la creazione della piattaforma panoramica – posteriore alla costruzione del Neo Bankside – non costituisce un uso “normale” del terreno del museo e quindi i proprietari hanno tutto il diritto di presentare reclamo.

Per il momento, dunque, la Tate dovrà almeno risarcire i proprietari ma la procedura va avanti. La Corte Suprema ha rinviato il caso all’Alta Corte per determinare se i residenti hanno diritto a richieder un’ingiunzione per impedire l’utilizzo della piattaforma panoramica. Sviluppatori e costruttori di edifici alti nelle aree della City sono avvisati: meglio prestare attenzione alle facciate. Tate Modern is watching you.

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