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La collezionista Sandra Hegedüs, originaria di San Paolo e mecenate di lunga data del Palais de Tokyo, ha dichiarato che non sosterrà più l’importante museo d’arte contemporanea di Parigi, a causa di una mostra sulla Palestina. In un post pubblicato su Instagram e che ha generato migliaia di reazioni, causando un piccolo terremoto nel mondo dell’arte, Hegedüs ha spiegato di aver preso la difficile decisione di dimettersi, dopo 15 anni di attività, dall’Associazione degli Amis du Palais de Tokyo e dal Consiglio di Amministrazione, per una «Semplice ragione, non voglio più essere associata al nuovo orientamento troppo politico del Museo. La programmazione ormai sembra dettata dalla difesa di “cause” fin troppo schierate (woke, anticapitalismo, pro Palestina…)». Per la collezionista classe 1964, che si definisce «Orgogliosamente sionista» e che ha pubblicato molti post di sostegno a Israele, alcune scelte recenti del Palais de Tokyo sono state «Moralmente problematiche», si legge nel post.
Nella sua dichiarazione, Hegedüs cita una mostra che «Propone, senza prospettiva, alcune visioni distorte e bugie sulla storia di questo conflitto» e che contiene «Osservazioni razziste, violente e antisemite». La collezionista non spiega di quale mostra si tratti ma dovrebbe essere proprio l’ultima presentata dal museo, Past Disquiet, attualmente in corso e visitabile fino al 30 giugno 2024.
Curata da Kristine Khouri e Rasha Salti, ricercatrici e scrittrici di base a Beirut, l’esposizione ripercorre le vicende di impegno politico e di solidarietà tra gli artisti all’interno del movimento antimperialista internazionale dagli anni ’60 agli anni ’80. Punto di partenza sono le storie dimenticate di quattro “musei in esilio”, concepiti come mostre itineranti per sostenere le lotta per la liberazione dei popoli palestinese e nicaraguense, contro la dittatura di Pinochet in Cile e contro il regime di apartheid in Sudafrica. L’Esposizione Internazionale d’Arte per la Palestina, che si tenne a Beirut nel 1978 e che presentò una collezione di opere d’arte destinate ad un futuro “museo solidale”, ha rappresentato l’inizio dell’intero progetto di ricerca, portato avanti da Khouri e Salti già dal 2008. Nell’ambito della mostra sono previste varie attività e incontri di approfondimento con scrittori, ricercatori e artisti.
In una alcune dichiarazioni rilasciate alla rivista francese Transfuge, Hegedüs ha spiegato di aver donato al Palais de Tokyo «Diverse centinaia di migliaia di euro dal 2010 per finanziare una media di tre mostre all’anno». Ma i rapporti con il Palais sono ancora più ramificati. Nel 2009, insieme al marito Amaury Mulliez – che è uno dei due figli di Gérard Mulliez, fondatore del gruppo Auchan e tra gli uomini più ricchi in Francia -, Hegedüs istituì la fondazione SAM Art Projects «Per dare una risposta alla mancanza di visibilità degli artisti del Sud del mondo» e con la quale ha organizzato diversi progetti in collaborazione con il museo, tra cui un premio e una residenza.
In un comunicato stampa, il Palais de Tokyo ha specificato di non essere stato informato di questa decisione, mentre Philippe Dian, presidente degli Amis du Palais, associazione indipendente dall’istituzione, ha assicurato a Guillaume Désanges, presidente del museo, il suo sostengo, ribadendo che «La missione dell’associazione è sostenere il Palais, non giudicarne la programmazione. Spetta a ciascuno decidere individualmente se aderire e restare in questi organismi oppure no».
Il Palais, da parte sua, ha difeso le proprie scelte, dichiarando di aver presentato un «Programma diversificato che rispetta la pluralità dei punti di vista». Tra le ultime mostre presentate dal museo, anche una ampia monografica dedicata a Miriam Cahn, artista svizzera di origini ebraiche. Désanges ha precisato che «I membri degli Amis sono liberi di esprimersi», dicendosi però rammaricato per le critiche di Hegedüs: «L’arte è un territorio a volte conflittuale che riflette le fratture della società, le grandi polarizzazioni. Sono convinto della necessità di non accantonare oggi questi temi».