Il conflitto tra Israele e Hamas continua a devastare il territorio della Palestina. Nei giorni scorsi, dopo l’invasione di terra di Khan Yunis, la principale città nel sud della Striscia di Gaza, da parte dell’esercito israeliano, alla popolazione civile è rimasta solo Rafah che, in ogni caso, è sottoposta a bombardamenti aerei. A circa due mesi dallo scoppio delle ostilità – il 7 ottobre 2023 fu il giorno dell’attentato dei miliziani di Hamas al concerto nel deserto del sud di Israele, il Nova Music Festival, che causò la morte di oltre 1400 israeliani, con 240 persone prese in ostaggio – si contano più di 10mila vittime palestinesi. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, il 67% sarebbero bambini e donne. Altri 2450 circa, tra cui 1350 bambini, risultano dispersi. Tra le vittime, anche 192 membri del personale medico: secondo l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno 16 erano in servizio. Ma le proporzioni del conflitto si estendono in maniera trasversale, in varie parti del mondo e in ambiti diversi.
Su queste pagine abbiamo avuto modo di seguire, tra le altre, le vicende riguardanti il licenziamento del caporedattore di Artforum, a seguito della pubblicazione di una lettera aperta a favore della liberazione della Palestina, e le dimissioni del comitato di selezione di Documenta a Kassel, in Germania, uno dei Paesi più coinvolti in maniera indiretta. In Italia le reazioni sono state piuttosto tiepide, se non caute, almeno fino a ora: la Lettera aperta per una presa di posizione rispetto al genocidio in Palestina ha infatti fatto registrare già circa 2mila firme, tra artiste e artisti, designer, fotografi e fotografe, curatrici e curatori, architetti, musicisti, ricercatrici.
«Noi, lavoratorз dell’arte e dello spettacolo in Italia, uniamo le nostre voci in questa lettera aperta per rompere insieme il silenzio che pervade gran parte delle istituzioni culturali del paese in relazione al genocidio in corso da parte dello Stato di Israele ai danni della popolazione palestinese», si legge nella lettera. «Questa operazione militare ha prodotto in meno di due mesi oltre 15.523 mortз e 1.900.000 sfollatз (UNRWA, 04/12/23), perpetrando crimini di guerra tra i quali colpire intenzionalmente strutture civili, stampa, scuole e ospedali. Ne è scaturita un’ondata di indignazione internazionale, seguita da storiche mobilitazioni globali in solidarietà con la Palestina e il suo popolo che non possono essere ignorate», continuano, invitando i soggetti singoli, i collettivi, le realtà indipendenti e le istituzioni che costituiscono il settore artistico e culturale italiano, a sottoscrivere la lettera, impegnandosi rispetto a nove istanze.
La prima: «Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo palestinese e il nostro sostegno alla sua lotta per la giustizia, la liberazione e l’auto-determinazione, riconoscendo che a essere negato da Israele è il suo stesso diritto di esistere». E poi, «Riconosciamo che il massacro in corso è solo l’ultima tappa di una più ampia strategia di pulizia etnica, promossa dalle politiche sioniste e sviluppata nel corso dei 75 anni di occupazione coloniale, privando il popolo palestinese dei suoi diritti, sotto un regime di vero e proprio apartheid (Amnesty International, 2022), con ripetute e impunite violazioni delle leggi internazionali e delle risoluzioni ONU». In merito alla sovrapposizione con l’antisemitismo, specificano: «Rifiutiamo l’accusa di antisemitismo a ogni prospettiva critica nei confronti del progetto coloniale israeliano. Denunciamo ogni forma di antisemitismo, islamofobia, insieme a ogni altra forma di discriminazione razziale, etnica, religiosa e culturale».
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