Mentre si discute sulla liceità del prestito del Ritratto di Leone X, concesso dagli Uffizi alle Scuderie del Quirinale in occasione della mostra per il cinquecentenario della morte di Raffaello, un’altra notizia alimenta la disputa relativa ai “viaggi” delle opere. Il Museo di Capodimonte ha, infatti, accordato un prestito di circa 40 lavori, alcuni dei quali in deposito, in occasione della mostra del Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas, intitolata “Flesh and Blood. Italian Masterpieces from the Capodimonte Museum”, che aveva già fatto tappa anche al Seattle Art Museum. Tra questi, solo per citarne alcuni, la Flagellazione di Michelangelo Merisi da Caravaggio, la Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi, l’Antea di Girolamo Francesco Maria Mazzola detto il Parmigianino, la Danae di Tiziano Vecellio, l’Atalanta e Ippomene di Guido Reni, la Pietà di Annibale Carracci, il San Girolamo e il Sileno ebbro di Jusepe de Ribera, l’Ecce Homo di Battistello Caracciolo, la Strage degli Innocenti di Massimo Stanzione, la Santa Cecilia di Bernardo Cavallino.
A chi commenta le motivazioni del prestito, il Museo risponde chiaramente: ‹‹L’attività di prestito delle opere e le relazioni di scambio tra istituzioni incrementano il profilo del Museo e forniscono una piattaforma grazie alla quale si può attrarre l’interesse e il sostegno per progetti e iniziative, contribuendo a far conoscere nel mondo il Museo di Capodimonte come un centro importante per le arti visive, con una prestigiosa collezione permanente››.
Per chi, invece, esprime la propria perplessità relativamente ai metodi di trasporto delle opere d’arte, il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, in un’intervista concessa ad About Art Online dello scorso dicembre, rassicura: ‹‹Ogni volta che si richiedono opere in prestito la decisione dev’essere ben ponderata perché entrano in gioco vari fattori, innanzitutto la condizione dell’opera che deve uscire dal museo, cioè se è fragile, se il trasporto la può mettere a repentaglio, inoltre la serietà e la scientificità oltre che l’importanza dell’evento››.
Il direttore del Museo continua: ‹‹Può sembrare strano ma in realtà è il modo migliore per esportare un’immagine vincente di Capodimonte e forse anche di Napoli. Quando le opere rientreranno organizzeremo un evento qui al Museo proprio su come è stato recepito Capodimonte all’estero; molta gente che non ha magari mai fatto caso alle opere quando erano qui a parete sarà incuriosita e verrà a vedere, quantomeno per curiosità appunto; ma anche così, attraverso lo sguardo portato all’estero, le persone si affezionano al proprio museo››.
E a chi, invece, fa notare come il suo collega Eike Schmidt, che dirige le Gallerie degli Uffizi, ha risposto in modo molto differente affermando che per lui le opere, quanto meno le più importanti, non dovrebbero uscire dal museo se non col contagocce anche perché ormai la tecnica è in grado di riproporle in 3D quasi come fossero reali, risponde: ‹‹Lo capisco, ma lui ha un problema esattamente opposto al mio, la Toscana è, dalla fine del diciannovesimo secolo, grazie al primo scholarship anglosassone, al centro degli studi sull’arte italiana. Invece la Campania rimane un mondo largamente sconosciuto e la scuola napoletana lasciata in disparte nella storia tradizionale dell’arte. Schmidt con 4 milioni e mezzo di visitatori di cui oltre due e mezzo agli Uffizi, semmai deve pensare a come farvi fronte; a Firenze poi ci sono capolavori star, che fanno parte dell’inconscio culturale europeo anche grazie allo scholarship di cui parlavo mentre qui a Capodimonte non solo la scuola napoletana rimane poco studiata fuori Napoli ma c’è una collezione diversa che racconta la storia dell’arte, tutta la storia dell’arte dal XII al XXI secolo; insomma le cose, e soprattutto i problemi da affrontare, sono molto differenti››.
È dunque sempre giusto schierarsi contro il prestito di opere d’arte? È un dato di fatto che i musei, oggi, si alimentino anche di relazioni e, spesso, sono proprio i prestiti a rappresentare delle importanti occasioni di dialogo. Inoltre, ricordiamo che queste decisioni, che in alcuni casi possono provocare istantanei mal di pancia, sono dettate da strategie culturali e politiche precise e di lungo periodo. E, in questo caso, il prestito – oltretutto accordato per una mostra specificamente dedicata al museo – prosegue in maniera coerente con l’impostazione dettata dal Ministero che privilegia, appunto, l’apertura alla partecipazione a mostre internazionali di richiamo.
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