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A Roma è stata ricostruita la Statua colossale di Costantino
Beni culturali
di redazione
Testa, braccio e mano destra, polso, ginocchio e stinco destri, piede destro e piede sinistro. Sono i pochi frammenti pervenuti della colossale statua di Costantino I, opera composita in marmo e bronzo dorato, databile tra il 313 e il 324, considerata tra le realizzazioni più notevoli della scultura romana tardo-antica, alta 12 metri. Ed è grazie a questi pochi ma suggestivi frammenti, conservati nel cortile di Palazzo dei Conservatori ai Musei Capitolini, che è stato possibile ricostruire la statua nella sua imponente interezza, al termine di un lavoro di analisi archeologica, storica e funzionale dei pezzi, supportata dalla lettura delle fonti letterarie ed epigrafiche. E così, da oggi, la Statua colossale di Costantino I può essere ammirata nel giardino di Villa Caffarelli.
Un recupero dell’antico
Il progetto è il risultato di una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, con il coinvolgimento della Sovrintendenza Capitolina, di Fondazione Prada e di Factum Foundation for Digital Technology in Preservation, con la supervisione scientifica di Claudio Parisi Presicce, sovrintendente capitolino ai Beni Culturali. Fu proprio Fondazione Prada a presentare l’opera per la prima volta a Milano, dal 17 novembre 2022 al 27 febbraio 2023, in occasione della mostra Recycling Beauty, a cura di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica.
Il Giardino di Villa Caffarelli, dove è stata collocata la riproduzione del Colosso di Costantino, insiste in parte sull’area occupata dal Tempio di Giove Ottimo Massimo, che un tempo ospitava la statua di Giove, la stessa forse da cui il Colosso fu ricavato o che comunque ne costituisce il modello di derivazione. I resti del tempio sono oggi visibili all’interno dell’Esedra di Marco Aurelio.
«A Roma stiamo cercando di recuperare le dimensioni dell’antichità e la nostra conoscenza e percezione dei capolavori del passato, di cui conserviamo tracce e frammenti», ha dichiarato il Sindaco Roberto Gualtieri, citando gli esempi del Museo della Forma Urbis, degli scavi della Metropolitana, dell’anastilosi della Basilica Ulpia e «Rendendo fruibile da tutti questa statua colossale, sia per essere ammirata in sé, sia per essere una porta di accesso a quello scrigno di tesori che è il Colle Capitolino e che sono i Musei Capitolini».
Il progetto di ricostruzione del Colosso di Costantino
I nove frammenti in marmo pario, attualmente conservati presso i Musei Capitolini, sono stati rinvenuti nel 1486 all’interno dell’abside di un edificio che al tempo si riteneva il Tempio della Pace di Vespasiano, e che solo agli inizi dell’Ottocento sarebbe stato correttamente identificato con la Basilica di Massenzio lungo la Via Sacra. Si pensava che appartenessero a una statua dell’imperatore Commodo e, data la loro eccezionale importanza, furono allestiti nel Palazzo dei Conservatori durante i lavori di ristrutturazione dello stesso eseguiti su progetto di Michelangelo tra il 1567 e il 1569. I frammenti sono stati identificati come ritratto colossale dell’imperatore Costantino solo alla fine dell’Ottocento. Un decimo frammento, parte del torace, rinvenuto nel 1951, è in procinto di essere trasferito dal Parco Archeologico del Colosseo nel cortile del Palazzo dei Conservatori, accanto agli altri frammenti.
Lo studio archeologico dei frammenti ha permesso di ipotizzare che il Colosso fosse seduto e che fosse realizzato come acrolito, ovvero con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in metallo o in stucco dorato. Secondo uno schema iconografico tipico del tempo, che assimilava l’imperatore alla divinità, Costantino è rappresentato come Giove con la parte superiore del corpo scoperta e il mantello adagiato sulla spalla; il braccio destro che impugna lo scettro ad asta lunga e la mano sinistra che sorregge il globo.
A fine marzo 2022 un team della Factum Foundation ha trascorso tre giorni nel cortile dei Musei Capitolini per scansionare i frammenti presenti con la tecnica della fotogrammetria. Ogni frammento è stato modellato in 3D e posizionato sul corpo digitale della statua creata utilizzando come esempio iconografico altre statue di culto di età imperiale in pose simili, tra cui la colossale statua di Giove (I secolo d.C.) conservata al Museo statale Ermitage di San Pietroburgo, probabilmente ispirata allo Zeus di Olimpia ad opera di Fidia e la grande copia in gesso della statua dell’imperatore Claudio, ritratto come Giove, allestita al Museo dell’Ara Pacis.
Dopo aver ultimato il modello 3D ad altissima risoluzione, si è poi proceduto con la ricostruzione materiale del Colosso. Resina e poliuretano, insieme a polvere di marmo, foglia d’oro e gesso, sono stati scelti come materiali per rendere le superfici materiche del marmo e del bronzo, mentre per la struttura interna – originariamente forse composta di mattoni, legno e barre di metallo – è stato impiegato un supporto in alluminio facilmente assemblabile e rimovibile.
Il risultato finale permette di ammirare, in una magnifica illusione, il Colosso nel suo complesso, in cui si distinguono visivamente le “ricuciture” tra le parti rimaterializzate e le copie dei frammenti originali presenti nel cortile di Palazzo dei Conservatori.